Focus dell’ISS sulle sostanze più diffuse e sulle linee di indirizzo per la raccolta dei campioni biologici e per gli esami tossicologici
I crimini facilitati dal consumo di alcol e droghe sono fenomeni sempre più in aumento. In ambito tossicologico, si parla di Chemical Submission (CS) o Drug-facilitated Crime per indicare reati come aggressioni sessuali o rapine commesse somministrando sostanze psicoattive per alterare la volontà o la capacità decisionale della vittima. Un esempio è la Drug Facilitated Sexual Assault (DFSA), in cui l’aggressore approfitta di una persona incapace di reagire a causa di alcol o droghe, somministrate volontariamente o di nascosto.
Sono crimini difficili da documentare poiché molte vittime non segnalano per vergogna e possibile paura di essere colpevolizzate per quanto accaduto, per la preoccupazione delle conseguenze penali ma soprattutto perché le sostanze assunte si metabolizzano rapidamente e sono difficili da rilevare nel periodo immediatamente successivo all’episodio di violenza. Proprio quest’ultima criticità è stata il focus di un incontro al Senato durante il quale alcuni esperti del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’ISS e del Laboratorio di Tossicologia di Sarzana si sono confrontati per descrivere gli effetti delle sostanze in circolazione e per elaborare linee di indirizzo condivise sui prelievi dei campioni biologici, sulle analisi da effettuare e sulla catena di custodia dei campioni. Lo scopo è quello di migliorare l’assistenza medico legale delle vittime di violenza droga-correlata e sviluppare una procedura operativa standardizzata per l’identificazione di sostanze stupefacenti e psicotrope nelle matrici biologiche delle vittime.
Il Pronto Soccorso risulta essere un punto di primo intervento cruciale per le vittime di aggressioni, dove la gestione corretta delle prove biologiche è fondamentale per l’eventuale procedura legale. Molte Aziende Sanitarie italiane hanno attivato il “Codice Rosa”, un protocollo multidisciplinare per accogliere e assistere le vittime di violenza psicologica, fisica, sessuale o economica, in linea con la Convenzione di Istanbul. Ma il percorso dedicato alle vittime di violenza droga-correlata, secondo la proposta degli esperti del CNDD, va definito attraverso linee di indirizzo chiare e attraverso l’individuazione di un Laboratorio di riferimento regionale in modo da assicurare un’omogeneità di intervento sull’intero territorio nazionale. Definire protocolli operativi standardizzati significa garantire alla vittima gli strumenti per potersi legalmente difendere. Molte sostanze infatti sono presenti nel sangue o nelle urine per un tempo limitato che va da poche ore ad alcune settimane. La matrice cheratinica, cioè i capelli, può garantire l’identificazione di una determinata sostanza per più tempo e grazie all’analisi microsegmentale è possibile individuare il periodo in cui è stata assunta in maniera consapevole o inconsapevole la sostanza anche a distanza di mesi. Gli esperti dell’ISS hanno sottolineato che per evidenziare la possibile somministrazione coatta delle “droghe da stupro” e avere un risultato che sia tecnicamente, scientificamente e giuridicamente valido e attendibile è necessario l’utilizzo della metodica cromatografica accoppiata alla spettrometria di massa. Queste tecniche definite “ifenate” infatti sono le uniche a essere scientificamente accettate e ad avere valore medico-legale. Le proposte degli esperti dell’ISS saranno concretizzate attraverso la sottomissione di un nuovo progetto pilota, in collaborazione con alcune regioni e finalizzato a sviluppare una procedura operativa standardizzata.
L’Istituto Superiore di Sanità per quanto riguarda il tema della violenza di genere è impegnato anche sul fronte della ricerca. E’ entrato infatti nella seconda fase lo studio di epigenetica “Epi_we”, presentato durante l’incontro al Senato dalla coordinatrice del progetto e ricercatrice del Dipartimento Ambiente e Salute dell’ISS, che cerca le “cicatrici” della violenza nel Dna. Lo studio, iniziato 10 anni fa, è giunto alla fase multicentrica e chiede la collaborazione di tutte le donne attraverso la semplice donazione di un campione biologico. I dati preliminari della prima fase erano stati ottenuti analizzando un pannello di 10 geni e sono stati il punto di partenza per lo sviluppo dello studio multicentrico, che ha preso il via grazie all’accordo di collaborazione tra il Ministero della salute-Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie (Ccm) e l’Iss. L’azione Centrale del ministero permetterà ora di avere un numero maggiore di donne da arruolare nella ricerca, per riuscire a studiare il profilo epigenetico non di pochi geni, come è stato fino ad ora, ma dell’intero genoma, invitando le donne a donare, nel corso del primo incontro dopo la violenza, un campione biologico da analizzare, e anche a tornare per farlo ancora.
Per maggiori informazioni e per partecipare allo studio è disponibile l'indirizzo mail epi_we@iss.it