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Eventi

AIDS, aumentano gli “inconsapevoli”

Pubblicato 01/12/2004 - Modificato 10/02/2020

Oltre la metà dei sieropositivi in Italia scopre la propria condizione troppo tardi, quando cioè è giunta alla fase conclamata dell'AIDS. E il 63% non si sottopone ad alcuna terapia antiretrovirale pre-AIDS, fondamentale per abbassare la carica del virus e rallentare quindi la progressione in malattia. Sale inevitabilmente l'età media della prima diagnosi passando dai 29 anni per gli uomini e dai 24 per le donne del 1985 ai 40 e ai 38, rispettivamente, del 2003. La modalità principale di trasmissione, infine, è rappresentata dai rapporti sessuali: ad accorgersi tardi dell'infezione, infatti, non sono più i tossicodipendenti, ma gli etero e gli omosessuali. Come pure gli stranieri: tra quelli residenti nel nostro paese, il 17.5% ha sviluppato l'AIDS (erano il 4.5% nel 1995) e il 20% ha contratto il virus. Sono questi i dati più sorprendenti che vengono fuori dalle indagini del Centro Operativo anti-Aids (COA) dell'Istituto Superiore di Sanità.
"La percentuale degli 'inconsapevoli' è passata dal 21% registrato nel 1996 al 53% del 2003", afferma Gianni Rezza, direttore del COA. "E tra chi scopre di essere sieropositivo troppo tardi predominano gli eterosessuali e gli omosessuali. I primi, infatti, rispetto ai tossicodipendenti, che sono maggiormente controllati perché di frequente sottoposti a screening, ricevono una diagnosi tardiva quasi dieci volte di più e i secondi circa 6 volte e mezzo di più. Non a caso dai nostri rilevamenti è emerso che il 62.6% del campione, costituito in gran parte da etero e omosessuali, non si sottopone ad alcun regime terapeutico pre-AIDS". Gli immigrati, inoltre, che nel 1995 rappresentavano il 4.5% dei casi di AIDS e il 14.6% nel 2000, hanno raggiunto il 17.5% nel 2004. E sono proprio loro a ricevere quasi sempre una diagnosi tardiva: quasi tre volte di più rispetto agli italiani.
I numeri contenuti nel rapporto COA relativi all'intera penisola parlano di 54.263 casi di AIDS notificati dal 1982 e di 34.264 decessi. Ma se nel 1995 (anno in cui si è registrato il picco dell'epidemia) le diagnosi di AIDS ammontavano 5.652 e i morti a 4.580, nel 2004 le diagnosi scendono a 1.526 e il numero dei decessi viene stimato in 430. I nuovi casi l'anno di HIV, invece, cioè di infezione e non di malattia conclamata, passano dai 14-18mila del 1986 ai 3.500-4mila del 2004. Infine, su un totale di circa 180.000 persone con HIV contate dall'inizio dell'epidemia, oggi se ne contano all'incirca 130mila (considerando anche i casi 'nascosti', ovvero non notificati).
"Tirando le somme" - va avanti Rezza - "si può affermare che l'incidenza di AIDS nel nostro Paese è diminuita per effetto delle terapie, ma la presenza del virus nella popolazione ha seguito e segue tuttora un trend in ascesa. Insomma, si è pericolosamente abbassata la guardia, a causa di una percezione del rischio troppo bassa, soprattutto tra i contatti sessuali e tra gli stranieri". Guardando, infine, alla mappa delle regioni più colpite per tasso di incidenza di AIDS, al primo posto si colloca la Lombardia (5.4 abitanti ogni 100mila), seguono il Lazio (5.1), la Liguria (4.5), l'Emilia Romagna (4) e la Toscana (3.6).
 
AIDS, una questione femminile
Il 30-35% delle persone affette da AIDS in Italia è costituito da donne, come pure oltre la metà di tutti coloro che nel mondo convivono col virus. Le donne, infatti, si legge nel rapporto dell'UNAIDS (il programma delle Nazioni Unite per la lotta contro l'AIDS), hanno una possibilità doppia rispetto agli uomini di contrarre l'HIV da un solo rapporto sessuale non protetto, perché biologicamente più suscettibili all'infezione. Nel nostro Paese, la proporzione delle diagnosi 'femminili' è in crescita (rispetto a quelle a carico degli uomini): passa, infatti, dal 16% del 1996 al 27% del 2004, nell'ambito, tuttavia, di un trend generale in discesa. Se nel 1995, infatti, i casi di AIDS ammontavano per il gentil sesso a 1.376, nel 2004 se ne sono contati 396, mentre le donne morte a causa della malattia erano 1.024 nel 1995 e 108 nel 2004. La modalità principale di trasmissione è la stessa di quella riscontrata nel campione generale: le donne che contraggono la malattia a causa di rapporti sessuali non protetti salgono, infatti, dal 7% del 1995 al 66.3% del 2004, mentre le tossicodipendenti che si infettano scendono dal 90% del 1995 al 27.2% dell'anno corrente. Considerando i numeri assoluti, si può dire che nel 2001 si sono ammalate 449 donne, scese a 412 nel 2002, a 398 nel 2003 e a 262 nel 2004 (contro 1.350 uomini nel 2001, 1.314 nel 2002, 1.230 nel 2003 e 747 nel 2004).
Un'epidemia mondiale
Quaranta milioni di infettati su tutto il pianeta, di cui 2.2 milioni di bambini al di sotto dei 15 anni di età e 17.6 milioni di donne. Si stima che i contagiati dal virus, a fine 2004, siano più di 5 milioni e 3 milioni i morti. Come a dire che ogni giorno circa 14.000 persone si sono ammalate e fra queste almeno 2.000 sono bambini. Nonostante l'impegno della ricerca e il cammino fatto sulla strada della lotta all'AIDS, alla fine del 2004 più del 95% dei nuovi contagi riguarda ancora i Paesi a basso-medio reddito. In particolare il Sud-Africa dove si contano più di 25 milioni di ammalati, il Sud-Est asiatico con 8 milioni di casi, l'Europa dell'Est e l'Asia centrale con circa 1 milione e mezzo di contagiati ciascuno. Le cose vanno solo un po'meglio nel Nord America e in Europa, dove i sieropositivi ammontano rispettivamente a un milione e a più di 550.000. Ma è soprattutto nell'Europa dell'Est che negli ultimi 10 anni si è registrato il maggior incremento di contagi. In Estonia, ad esempio, i casi di AIDS ogni milione d'abitante erano 300 nel '99 e sono diventati quasi 2.500 nel 2002. Situazione assai poco incoraggiante anche in Russia, dove dai 300 casi nel '99 si è passati a quasi 2.000 nel 2002. Nell'Ucraina, che nel '95 non contava pressoché alcun sieropositivo, nel 2002 si sono registrati oltre 1.000 casi su un milione di abitanti. Allarme in Vietnam, soprattutto per i tossicodipendenti che fanno uso di droghe per via endovenosa: se nel '98 solo il 20% di questa categoria era sieropositivo, nel 2001 più di 8 tossicodipendenti su 10 hanno dovuto fare i conti, oltre che con la droga, anche con un contagio da HIV/AIDS. In Cina, poi, l'epidemia è salita rapidamente dai 5.000 casi del 1985 agli oltre 30.000 del 2001.
Principali cause di morte in Africa
1. HIV/AIDS                                       20.6%
2. Infezioni respiratorie acute                10.3%
3. Malaria                                            9.1%
4. Diarrea                                            7.3% 
5. Condizioni perinatali                        5.9%
6. Morbillo                                          4.9%
7. Tubercolosi                                     3.4%
8. Malattie cerebrovascolari                3.2%
9. Ischemia cardiaca                           3.0%
10. Condizioni materne                       2.4%
 
Fonte: WHO
 
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