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Comunicato N° 29/2003 ISS, una rete di pediatri sorveglia le malattie infettive.
Aumentano, soprattutto nel Sud, i casi di morbillo: ancora pochi i bimbi vaccinati.
A distanza di 4 anni dal suo avvio, SPES, la rete di pediatri sentinella, coordinata dall’ISS, fa il punto della situazione in tema di malattie infettive prevenibili da vaccino. Tra queste, il morbillo è risultato essere il nemico numero uno dei bambini, soprattutto di quelli del Sud.
Si diffondono rosolia, morbillo e pertosse e diminuiscono i casi di parotite. Questo il trend delle malattie infettive in età pediatrica nel nostro Paese secondo il bilancio di quattro anni di sorveglianza da parte di SPES, la rete dei pediatri sentinella che, coordinati dall’Istituto Superiore di Sanità, hanno monitorato 280mila bambini fino ai 14 anni di età. I risultati di quest’attività, elaborati in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria, l’Associazione Culturale Pediatri e la Federazione Italiana Medici Pediatri, vengono presentati oggi nel corso del convegno SPES, i primi quattro anni” in programma presso l’ISS.
Tra tutte le patologie è stato il morbillo a diffondersi maggiormente, contagiando, nella primavera del 2003, 5 bambini ogni 1.000. L’infezione si è concentrata soprattutto in Calabria dove tra gennaio e maggio sono stati stimati circa 20.000 casi e in Puglia con 15.000 casi, mentre in Abruzzo, nello stesso periodo, sono stati segnalati circa 3.000 casi.
Già lo scorso anno, l’infezione si era diffusa tra i bambini italiani come una vera e propria epidemia, contagiandone 7 su 1.000, 37 volte di più rispetto al 2001. Senza mostrare preferenze tra i sessi e con un picco di diffusione nei giovani tra 10 e 14 anni. Le regioni più colpite sono state, anche nel 2002, quelle meridionali dove l’incidenza è stata 36 volte maggiore rispetto al Nord e 5 volte maggiore rispetto al Centro. Il picco si è avuto inizialmente in Campania con oltre 40.000 casi, più di 600 ricoveri, 16 encefaliti e 4 decessi. Poi, dopo una diminuzione dell’incidenza osservata tra luglio e dicembre 2002, il morbillo ha nuovamente colpito, nella primavera 2003, alcune regioni più di altre (Calabria, Puglia e Abruzzo).
Grazie alla rete SPES siamo riusciti a identificare tempestivamente l’epidemia di morbillo – spiega Stefania Salmaso, epidemiologia dell’ISS - Questi dati, che si scostano in maniera significativa da quelli registrati nelle notifiche ufficiali, mostrano la necessità, in linea con gli obiettivi europei sottoscritti dall’Italia, di eliminare la malattia entro il 2007 e di creare un’azione comune per estendere in tutto il Paese la vaccinazione contro il morbillo. Si pensi soltanto che l’incidenza del morbillo, della rosolia e della parotite è risultata 3-4 volte maggiore e quella della pertosse 7 volte maggiore rispetto ai dati registrati nelle ASL.
SPES, i cui risultati sono disponibili sul sito www.spes.iss.it, ha monitorato la diffusione in età scolare delle altre malattie “sorvegliate speciali”, in quanto prevenibili con vaccinazioni da tempo inserite nel calendario nazionale. E’ risultato che nel 2002, si sono verificati 3 casi di rosolia ogni 1.000 bambini con un aumento di 2,3 volte rispetto al 2001, 2,2 casi di parotite per 1.000 soggetti, in diminuzione di 4,5 volte rispetto al 2001, e 2,1 casi/1.000 di pertosse. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, la parotite ha colpito soprattutto il Nord, mentre pertosse e rosolia sono state più frequenti al Sud.
SPES è attiva dal gennaio 2000 grazie alle centinaia di pediatri di famiglia (oltre 600 con una media di circa 300 partecipanti ogni mese) che segnalano all’ISS, via web o per fax, il numero di casi di alcune tra le più comuni malattie dei bambini evitabili con vaccinazione.
NOTA APE
Ricette pediatriche, il “suggerimento” dei genitori
La durata della visita e le aspettative dei genitori hanno una grande influenza sulle prescrizioni dei pediatri: da due a quattro volte se è il genitore a chiedere espressamente un farmaco o se il medico ritiene che il genitore lo desideri e, quanto più breve è la visita, tanto più aumenta la probabilità di uscire dall’ambulatorio con una ricetta in mano. Lo spiega lo Studio APE (Attitudini Prescrittive in Pediatria), un’indagine campionaria sulla prescrizione dei farmaci in pediatria ambulatoriale, condotta da 70 pediatri che liberamente aderiscono a SPES, la rete di sorveglianza dei pediatri sentinella coordinata dall’ISS.
Dai questionari globalmente raccolti, 2.749 dai pediatri e 2.449 dai genitori, è emerso che le probabilità di ricevere una prescrizione sono quattro volte più elevate se il pediatra ritiene che il genitore desideri la prescrizione di un farmaco, due volte, invece, se è lo stesso genitore a richiedere esplicitamente un farmaco per il figlio. Inoltre, se la visita dura meno di 15 minuti aumentano le possibilità per i genitori di uscire dall’ambulatorio con una ricetta in mano. Infine un genitore giudicato ansioso dal medico riceve più facilmente una prescrizione rispetto a uno tranquillo, mentre minore è il livello di istruzione della madre maggiore è la probabilità che il figlio venga curato con un medicinale.
Nelle visite complessivamente effettuate, i pediatri hanno prescritto farmaci nel 59% dei casi, ma solo per il 36% dei bambini hanno poi giudicato l’assunzione come assolutamente necessaria; la classe dei farmaci più prescritta è risultata essere quella degli antibiotici (33%), ma anche in questo caso la somministrazione è considerata indispensabile solo nel 51% dei casi. Le infezioni delle vie respiratorie e le otiti rappresentano il motivo di ricorso più frequente alla visita pediatrica (più del 50%), seguiti dai controlli di salute (30%).
Tra novembre 2002 e giugno 2003, per tre giornate e in tre diversi periodi dell’anno (novembre, febbraio e giugno), pediatri e genitori, provenienti dalle diverse regioni italiane, hanno compilato contemporaneamente alcuni questionari su motivi e caratteristiche della visita, diagnosi, terapie e grado di soddisfazione. Il campione rappresentativo era costituito da bambini dell’età media di quattro anni; il 35% dei genitori aveva il diploma della scuola dell’obbligo, mentre il 13% era laureato.