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Torna la settimana della tiroide, focus su genetica, familiarità e cronicità
Quest’anno la Settimana Mondiale della Tiroide si svolge dal 22 al 28 maggio. Patrocinata dall’Istituto Superiore di Sanità e promossa dal CAPE-Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini e dalle principali società scientifiche che si occupano di tiroide (AIT, AME, SIE, SIEDP, SIGG, SIUEC, AIMN, SIMG, ETA), questo evento ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle malattie tiroidee relativamente alla loro frequenza, alla molteplicità delle manifestazioni cliniche e alla loro prevenzione.
Il tema affrontato quest’anno è “Tiroide: genetica, familiarità e cronicità”. Per chiarire i dubbi e per rispondere alle domande più frequenti che i pazienti si pongono su questi argomenti, le Società Scientifiche hanno elaborato un documento chiarificatore, disponibile in allegato, che è stato condiviso con l’Istituto Superiore di Sanità. Dal documento emerge chiaramente che le patologie tiroidee sono frequenti nella popolazione, soprattutto nel genere femminile, che sono prevalentemente multifattoriali, per cui fattori genetici e ambientali concorrono alla loro insorgenza, e che per la maggior parte si tratta di malattie croniche.
Un esempio di patologia tiroidea che riflette questi tre aspetti è l’ipotiroidismo congenito che rappresenta la più frequente endocrinopatia dell’infanzia e che, nella maggior parte dei casi, necessita della terapia per tutta la vita. Questa è una patologia grave che, se non riconosciuta e trattata nelle prime settimane di vita, causa deficit dell’accrescimento e danni permanenti allo sviluppo del sistema nervoso centrale. Fortunatamente in Italia, grazie alla Legge n. 104/1992 è attivo un programma nazionale di screening neonatale per l’ipotiroidismo congenito che consente l’individuazione precoce dei bambini affetti che, pertanto, possono ricevere la terapia di cui hanno bisogno entro le prime settimane di vita. In Italia è attivo anche un programma nazionale di sorveglianza della patologia realizzato dal Registro Nazionale degli Ipotiroidei Congeniti presso l’Istituto Superiore di Sanità che valuta l’efficienza e l’efficacia di questo importante programma di prevenzione. Dai dati del Registro emerge che l’incidenza della patologia nel nostro Paese attualmente si aggira intorno ad 1 caso ogni 1500 nati vivi. E’ un’incidenza che negli ultimi decenni ha subito un notevole incremento soprattutto per il miglioramento delle capacità diagnostiche e per l’aumentata sopravvivenza dei neonati prematuri che hanno un più alto rischio, rispetto ai neonati a termine, di sviluppare la malattia. Infatti, grazie agli avanzamenti della medicina perinatale, oggi anche i neonati prematuri più gravi possono ricevere un test di screening e quindi essere tempestivamente identificati e trattati. Per ciò che riguarda le cause dell’ipotiroidismo congenito, è stata ormai accertata una origine multifattoriale per cui fattori di rischio genetici (non prevenibili) e fattori di rischio ambientali (prevenibili) contribuiscono alla sua insorgenza.
Tra i fattori di rischio ambientali, non solo per l’ipotiroidismo congenito ma anche per altre patologie tiroidee, il più importante è sicuramente la carenza nutrizionale di iodio che il nostro Paese sta contrastando con successo grazie al programma nazionale di iodoprofilassi su base volontaria che è stato introdotto dalla Legge n. 55/2005 e che si basa sull’utilizzo del sale iodato. A tal proposito val la pena di ricordare che il programma di iodoprofilassi non è in contrasto con le politiche di riduzione del consumo di sale. Infatti, il contenuto di iodio nel sale commercializzato nel nostro Paese (30 mg/kg) è sufficiente a bilanciare la raccomandazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di non consumare più di 5 g di sale al giorno, considerando anche che alcuni alimenti già lo contengono naturalmente.
Pertanto, i programmi nazionali di prevenzione delle patologie tiroidee che il nostro Paese ha attuato, quali appunto la iodoprofilassi o lo screening neonatale dell’ipotiroidismo congenito, rappresentano un importante risultato in termini di salute pubblica perché contribuiscono in maniera importante alla riduzione della frequenza di alcune patologie (iodoprofilassi) e alla riduzione delle conseguenze gravi di altre (screening neonatale). Inoltre, la loro attuazione su scala nazionale garantisce il diritto alla salute tiroidea per tutti.