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Eventi

Epidemie tropicali o europee? Pubblicata da Lancet Regional Health Europe una review delle epidemie autoctone di Dengue, Zika e Chikungunya sviluppate in Europa negli ultimi 15 anni

Pubblicato 12/02/2025 - Modificato 12/02/2025

Nessun allarme ma il trend di crescita richiede di sviluppare nuove politiche sanitarie che accelerino la rilevazione precoce dei focolai, in particolare in Italia. Il lavoro è stato redatto da esperti del Dipartimento di Malattie Infettive/Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler di Trento, l’Istituto Superiore di Sanità, le Università di Brescia, Bari, Padova e Firenze, e co-finanziato dal Programma di Ricerca INF-ACT

 In Europa si sviluppano con sempre maggiore frequenza epidemie autoctone di Dengue e Chikungunya, a causa della mancata diagnosi su viaggiatori di rientro dai paesi tropicali. Sebbene la situazione non sia allarmante, il trend richiede di sviluppare nuove politiche sanitarie che accelerino la rilevazione precoce dei focolai, in particolare in Italia.  Questo è ciò che emerge dalla lettura della review pubblicata su Lancet Regional Health Europe, che contiene i dati delle epidemie autoctone di Dengue, Zika e Chikungunya in Europa dal 2007 al 2023. Un lavoro di altissimo impatto, utile a indirizzare le politiche sanitarie e il sistema di sorveglianza, redatto da esperti del Dipartimento di Malattie Infettive/Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler di Trento, l’Istituto Superiore di Sanità, le Università di Brescia, Bari, Padova e Firenze, e co-finanziato dal Programma di Ricerca INF-ACT.

“La Dengue è un esempio di questo trend di espansione delle epidemie tropicali anche alle nostre latitudini, per fortuna ancora limitate: in Italia, nel 2024, si è il record di casi a trasmissione autoctona: 279 che si vanno ad associare ai 474 casi d’importazione. Significativo è stato il focolaio localizzato a Fano, nelle Marche, con 199 persone infette, tutte sintomatiche e con identificazione del virus Dengue. Un altro focolaio, di dimensioni più contenute, 35 casi dello stesso virus, è stato individuato in un comune della Regione Emilia-Romagna. In Lombardia sono stati invece confermati 10 casi, mentre in Abruzzo è stato segnalato un focolaio con 8 casi.” - chiarisce Federico Gobbi, direttore del dipartimento di malattie infettive/tropicali e microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) e professore associato di malattie infettive all’Università di Brescia. - “In Italia nei prossimi anni assisteremo molto probabilmente a epidemie sempre più frequenti di dengue complice l’innalzamento della temperatura che favorisce la sopravvivenza e la proliferazione della zanzara tigre, vettore della malattia”.

 
LA SITUAZIONE ITALIANA PRIMA DEL 2024

In gran parte del territorio italiano è presente la zanzara Aedes Albopictus (zanzara tigre) per cui oltre a focolai autoctoni di dengue (in Veneto nel 2020, Lombardia e Lazio nel 2023)  vi è anche il rischio di trasmissione autoctona di Chikungunya, come testimoniato dalle recenti epidemie in Emilia-Romagna (2007), Lazio e Calabria (2017).

 QUATTRO STEP PER PREPARARSI

Lo studio offre un panorama europeo di ciò che è accaduto negli ultimi 15 anni, mettendo in evidenza il rischio crescente per Paesi come la Francia, la Croazia, la Spagna e soprattutto per l’Italia.

In questi anni i casi di trasmissione autoctona sono aumentati e le tendenze climatiche in atto potrebbero aumentare la diffusione della zanzara Aedes albopictus, responsabile della trasmissione di arbovirus quali Chikungunya, Dengue e Zika e, conseguentemente, accelerare la trasmissione delle patologie.

Per essere preparati, occorre programmare le strategie di difesa, valutare il rischio di trasmissione di questi virus e stimare le probabilità di uno sviluppo dei focolai autoctoni, così da accelerarne l’individuazione e mettere in atto i protocolli sanitari adeguati.

Il primo è sensibilizzare la classe medica, così che sappia intuire il prima possibile la presenza di un possibile focolaio: la differenza nei casi e le dimensioni dei focolai tra Italia e Francia – dove è stato registrato un numero maggiore di cluster rispetto al nostro Paese, ma circoscritti a pochi infetti -  è riconducibile a una maggiore abitudine dei medici francesi ad avere a che fare con viaggiatori provenienti dai territori d’oltremare e a una conseguente maggiore familiarità a segnalare alle autorità potenziali casi.

Il secondo è sensibilizzare l’opinione pubblica, affinché sia consapevole che una febbre estiva, non giustificata, potrebbe essere dovuta a un arbovirus. Il terzo riguarda la riorganizzazione dei laboratori di microbiologia e la messa a disposizione di test rapidi. Infine, è necessario sensibilizzare i viaggiatori internazionali a recarsi prontamente a un centro di malattie infettive in caso di febbre al rientro da zone endemiche in modo da diagnosticare una eventuale Dengue o Chikungunya e attivare tempestivamente le operazioni di bonifica di zanzare tigre nei pressi dell’abitazione del paziente in questione.

 LO STUDIO

Lo studio scientifico “Transmission of autochthonous Aedes-borne Arboviruses and related public health challenges in Europe 2007-2023:  a systematic review and secondary analysis.” È pubblicato sulla rivista “The Lancet Regional Health - Europe”

Articolo -> https://www.thelancet.com/journals/lanepe/article/PIIS2666-7762(25)00023-7/fulltext

 

Il team di ricerca è stato coordinato dal Dipartimento di Malattie Infettive/Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler di Trento, l’Istituto Superiore di Sanità, le Università di Brescia, Bari, Padova e Firenze, e co-finanziato dal Programma di Ricerca INF-ACT.

 

La Fondazione INF-ACT

La Fondazione “One Healh basic and translational research actions addressing unmet needs on emerging infectious diseases (INF-ACT)” coordina un ambizioso progetto di Partenariato Esteso PNRR del Ministero dell'Università e della Ricerca sul tema delle malattie infettive emergenti, finanziato nell'ambito del PNRR con 114,5 milioni di euro.

Questo progetto nasce dopo l’esperienza della pandemia di SARS-CoV-2: chiaro esempio di come un nuovo agente infettivo possa avere effetti devastanti anche nei Paesi all'avanguardia in termini di tecnologia, assistenza sanitaria e monitoraggio. Un’esperienza che ha evidenziato le potenzialità e le capacità di risposta della moderna ricerca scientifica multidisciplinare e la necessità di un nuovo approccio integrato ed olistico in cui la salute umana è strettamente interconnessa alla salute animale e ambientale (One Health).

Il progetto INF-ACT, quindi, punta ad aumentare le potenzialità di monitoraggio e previsione, le capacità diagnostiche e terapeutiche e la multidisciplinarietà della ricerca scientifica nazionale su tematiche che spaziano dai virus, ai batteri resistenti agli antibiotici, agli insetti vettori, ai serbatoi animali e ambientali di agenti patogeni, fino all'ospite umano.

Questo cambiamento di paradigma, da un approccio incentrato sull'uomo a una visione globale, costituisce il filo conduttore delle attività di ricerca dei 25 membri del progetto INF-ACT per aumentare la preparazione, la prontezza e la capacità di risposta dei sistemi sanitari e, in ultima analisi, la resilienza e la resistenza dell’Italia nei confronti di eventi epidemici e pandemici. Grazie ai Bandi a Cascata, emanati dai 5 soggetti spoke, si sono uniti alle attività della Fondazione INF-ACT oltre 40 enti di ricerca, pubblici e privati, che operano sul territorio nazionale.


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