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Pressione alta: tassi raddoppiati in 40 anni, una vera e propria epidemia nei Paesi poveri. Lo rivela uno studio su Lancet, a cui ha partecipato l’ISS

Pubblicato 16/11/2016 - Modificato 10/02/2020

ISS 16/11/2016

Il numero di persone nel mondo con la pressione alta è pressoché raddoppiato negli ultimi 40 anni, raggiungendo 1,13 miliardi. Diminuiscono gli ipertesi nei Paesi industrializzati, viceversa aumentano in quelli a medio e basso reddito, in particolare in Africa e nel sud dell’Asia. Queste le conclusioni a cui è giunto uno studio, condotto dagli scienziati dell’Imperial College London, pubblicato oggi su Lancet. La ricerca, la più ampia del genere realizzata attraverso i risultati di 1479 indagini su popolazioni esaminate di età superiore a 18 anni dal 1975 al 2015, ha coinvolto poco meno di 20 milioni di persone, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e centinaia di scienziati appartenenti a vari enti di ricerca. Lo studio è stato finanziato da Wellcome Trust. Anche l’Istituto Superiore di Sanità ha partecipato con i suoi studi condotti dai primi anni ’80 fino ad oggi.

La pressione arteriosa è stata valutata attraverso la misura di due parametri: la pressione sistolica, ovvero la forza con cui il cuore pompa sangue all’interno dei vasi sanguigni, e la pressione diastolica, che misura la resistenza del flusso di sangue dentro questi vasi. Entrambi i parametri sono misurati in millimetri di mercurio (mmHg). La pressione alta, 140/90 mmHg o più, sottopone a sforzo e tensione i vasi sanguigni, ma anche cuore, cervello e reni, attestandosi come la prima causa nel mondo di malattie cardiovascolari, che possono condurre a infarto e ictus, e che provocano la morte di 7,5 milioni di persone in tutto il pianeta ogni anno.

La ricerca ha identificato nel 2015 il Regno Unito come il Paese europeo con la proporzione più bassa di pazienti affetti da pressione alta (18% degli uomini e 12% delle donne) mentre fra quelli con le stime più alte la Croazia (38% di uomini ipertesi ). Nel mondo, il primato della proporzione più bassa va alla Corea del Sud, agli Stati Uniti, al Canada, al Perù e a Singapore, mentre oltre la metà degli ipertesi vive in Asia: circa 226 milioni in Cina, 200 milioni in India e 235 milioni nell’est asiatico. A livello globale, sono gli uomini ad essere ipertesi più delle donne: 597 milioni contro 529.

Ciò che sorprende - ha dichiarato Majid Ezzati, coordinatore dello studio presso la School of Public Health dell’Imperial College di Londra - è che la pressione alta sembra essere meno associata a condizioni di benessere, come invece avveniva un tempo, mentre è più diffusa in condizioni di povertà. Nei paesi ricchi, i valori medi più bassi di pressione arteriosa sarebbero dovuti al maggior consumo di frutta e verdura ed al ricorso precoce alle terapie. Al contrario, nei paesi poveri, una alimentazione scorretta, poco salutare, ricca di calorie, grassi saturi di origine animale, di colesterolo e di sale e povera di frutta e verdura, fin dall’infanzia, incrementerebbe nel corso della vita il rischio di aumento della pressione arteriosa.

Troppo sale nell’alimentazione, consumo troppo scarso di verdura e frutta, abitudine al fumo, unitamente alla sedentarietà e all’innalzamento dell’età media della popolazione, sono alla base dell’aumento della pressione arteriosa - afferma Simona Giampaoli, coordinatrice dello studio per l’ISS - E’ necessario adottare politiche sanitarie che migliorino lo stile di vita della popolazione generale (interventi nei trasporti pubblici e nella pianificazione ambientale volti a favorire l’attività fisica, interventi nell’industria alimentare per la riduzione del sale nei cibi preconfezionati, politiche sociali che aumentino la consapevolezza dell’importanza della prevenzione attraverso l’alimentazione sana, l’abolizione del fumo, la moderazione nel consumo di alcool e lo svolgimento di un’attività fisica regolare). Inoltre è necessario un sistema sanitario che identifichi efficacemente i soggetti con pressione elevata ed assicuri l’accesso agli interventi di prevenzione e di cura; solo in questo modo sarà possibile raggiungere gli obiettivi raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (riduzione del 25% della prevalenza dell’ipertensione arteriosa).

Per quanto riguarda la situazione italiana, il confronto tra le due indagini dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare/Health Examination Survey (1998-02 e 2008-12) ha mostrato che, nel decennio esaminato, nella popolazione di età compresa tra i 35 e i 74 anni il valore medio della pressione arteriosa sistolica è sceso in entrambi i generi, passando da 135 a 132 mmHg negli uomini e da 132 a 127 mmHg nelle donne, mentre quello della diastolica è sceso solo nelle donne (da 82 a 79 mmHg). Lo stato del controllo dell’ipertensione è migliorato in entrambi i generi anche se la situazione rimane migliore nelle donne tra le quali i soggetti adeguatamente trattati sono passati dall’11,5% al 26% del totale delle ipertese mentre negli uomini la variazione registrata per la stessa categoria è stata dal 7,3% al 15,5%.


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