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ISS e Regina Elena insieme per studiare il ruolo dello stress nell’evoluzione del cancro al seno
Lo studio è finanziato in collaborazione con la Fondazione Veronesi
ISS 15 maggio 2015
Uno stress prolungato nel tempo potrebbe contribuire alla progressione del carcinoma della mammella, seconda causa di morte per cancro e la più comune forma di tumore tra le donne. Il meccanismo alla base di questo fenomeno, ancora da chiarire, suggerirebbe che è il tumore stesso a creare un ciclo di auto-potenziamento in grado di promuovere la progressione tumorale, stimolando la sintomatologia depressiva indotta dallo stress. Tale è l’oggetto di una ricerca coordinata dall’ISS che, in collaborazione con l’Istituto Tumori Regina Elena di Roma e l’Istituto Europeo di Oncologia, mira ad identificare dei biomarcatori specifici. I primi risultati di questa ricerca, finanziata dal Ministero della Salute e dalla Fondazione Veronesi, vengono illustrati oggi 15 maggio nel corso di un Convegno all’ISS dal titolo Stile di vita come fattore di rischio nella progressione del tumore al seno.
Nonostante vi siano evidenze di un'associazione tra isolamento sociale, stress e cancro al seno, i meccanismi che ne sono alla base non sono ancora stati del tutto spiegati - dichiara Francesca Cirulli, ricercatrice dell’ISS responsabile scientifico del progetto -. Sappiamo però che alcuni tipi di stress psicologico prolungato (quelli di breve durata sembrerebbero avere addirittura un effetto positivo) sono responsabili di un’accresciuta infiammazione o di una sovrapproduzione di ormoni dello stress in grado di favorire la sintomatologia depressiva, la funzione neuroendocrina e di stimolare il sistema immunitario. Evidenza questa che, oltre ad essere confermata dall’attivazione di marcatori già noti, quali i glucocorticoidi, è avvalorata anche dall’attività di fattori quali il Brain-derived Neurotrophic Factor (BDNF)
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I dati raccolti finora indicano, infatti, che un lungo periodo di isolamento sociale è in grado di amplificare la risposta allo stress acuto con una conseguente riduzione dell’espressione genica del BDNF in diverse aree cerebrali creando una maggiore suscettibilità a sviluppare sintomi depressivi. Questo dato trova conferma nella relazione inversa tra sintomi depressivi e livelli periferici di BDNF nelle pazienti.
Individuare e validare marcatori periferici di stress e funzione immunitaria, relativi alla progressione del cancro al seno - conclude l’esperta - può consentire di identificare fattori prognostici per lo sviluppo dello stato depressivo in pazienti con tumore alla mammella durante la terapia farmacologica e nelle fasi successive e per identificare tempestivamente quelle pazienti più suscettibili alle conseguenze psicologiche negative dello stress.
Pertanto presso l’Istituto Regina si sta svolgendo - illustrano Alessandra Fabi, oncologa e Patrizia Pugliese, psicologa - in collaborazione con l’ISS, un progetto proprio finalizzato all’identificazione del fenomeno stress nelle pazienti con neoplasia della mammella operata e sottoposte a trattamento chemioterapico seguito o meno da terapia antiormonale adiuvante. Lo stress viene valutato attraverso colloqui psicologici e rilevazione di ormoni e citochine, quali il cortisolo, il BDNF, TNF e altri fattori biochimici che sono alla base del meccanismo di induzione dello stress
Dalle prime analisi effettuate su 80 pazienti si rileva che, pur senza evidenti segnali di un alto livello di stress, ansia e depressione nelle pazienti, c’è una correlazione con i livelli alterati di BDNF e alterazioni del cortisolo sia salivare che ematico. Lo studio andrà a verificare la fase del follow up con l’intento di valutare anche l’eventuale impatto sull’outcome della malattia. Una precoce identificazione dello stress può significare una eventuale riduzione di un rischio di ricaduta da parte di pazienti più a rischio, quali quelle donne che dovranno affrontare il percorso chemioterapico di cura
.Nel convegno di oggi sono presentati i risultati preliminari dello studio.