Home
L'ISS coordina il Progetto Migrazione e Salute
ISS 10 Giugno 2010
Una panoramica delle problematiche sanitarie della popolazione straniera nel nostro Paese e una mappatura delle politiche regionali di assistenza sanitaria agli immigrati. È quanto si ricava dal progetto Migrazione e Salute - Migrazione: sistema di accoglienza verso la popolazione immigrata dei servizi sanitari e verifica dell’osservanza del diritto alla salute di queste popolazioni, promosso e finanziato dal Ministero della Salute e con responsabilità scientifica e di coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità.
La salute degli immigrati: persiste una condizione di fragilità
L’esame dei dati nazionali relativi a schede di dimissione ospedaliera (SDO, anno 2007), ai certificati di assistenza al parto (CeDAP, anno 2007) e alle interruzioni volontarie di gravidanza (IVG, anno 2006) offre uno spaccato delle condizioni di salute delle persone migranti.
Nei maschi, le cause più frequenti di ospedalizzazione in regime ordinario sono risultate essere le fratture e i traumatismi, l’appendicite acuta e le bronchiti tra gli immigrati provenienti dai Paesi a forte pressione migratoria (Pfpm), mentre tra cittadini provenienti da Paesi a sviluppo avanzato (Psa), ivi compresi gli italiani, troviamo le patologie cardiache, quali l’insufficienza, l’infarto e le aritmie. Per quanto riguarda i ricoveri in Day-hospital, prevalgono in entrambi i gruppi gli accessi per chemioterapia, seguiti dalle patologie croniche (come il diabete mellito) tra i Psa e le malattie infettive tra i Pfpm.
Nelle donne, la causa più frequente di ricovero ordinario è rappresentata dal parto (e da altri motivi riconducibili alla salute riproduttiva) tra le immigrate provenienti da Pfpm, mentre tra le Psa predominano le patologie croniche, legate all’insufficienza cardiaca e all’artrosi. In Day-hospital, si conferma il dato relativo alle interruzioni volontarie di gravidanza che, in riferimento alle donne immigrate da Pfpm, rappresentano il 41% di tutti gli accessi (a fronte del 4% registrato tra le donne dei Psa).
Dall’analisi dei dati CeDAP emerge che le donne provenienti da Pfpm che partoriscono in Italia sono più a rischio di avere un accesso ritardato alle cure rispetto alle donne dei Paesi sviluppati. Il rischio diminuisce con l’età, indipendentemente dalla provenienza.
Casalinghe e disoccupate sono più a rischio rispetto alle donne occupate. Anche la bassa scolarità (nessun titolo – licenza inferiore) è connessa a un maggior rischio.
Da un’analisi ad hoc basata sui dati del Sistema di Sorveglianza delle Malattie Sessualmente Trasmissibili (IST), gestito dall’ISS, è emerso come, dal 1990 al 2008, ci sono state circa 18.000 segnalazioni di caso a carico di persone non italiane. La proporzione annua tra gli stranieri (in maggioranza europei e africani) è passata dal 10% nel periodo fino al 1994 al 35% del 2008, dato questo interpretabile alla luce del forte incremento demografico registrato nel medesimo periodo a carico della popolazione immigrata presente in Italia.
Gli stranieri con una IST sono prevalentemente eterosessuali, con bassa scolarità, poco propensi all’uso di droghe (1,2%) e che in un caso su cinque hanno già avuto una IST in passato. In particolare, più che negli italiani viene diagnosticata una gonorrea (9,3% vs 4,1%), una sifilide latente (15,6% vs 6,9%) o una infezione da clamidia (8,1% vs 5,7%). La prevalenza dell’infezione da HIV, invece, risulta minore rispetto agli italiani (5,3% vs 8,8%).
Uno specifico focus è stato prodotto sulla relazione tra stress e assetto immunitario tra gli immigrati con diversa storia migratoria, per avviare percorsi di prevenzione e di tutela. Da una prima analisi emerge come una quota consistente di persone con immunodeficienza (non correlabile ad infezione da HIV) sfugge alla diagnosi o vi giunge con consistente ritardo, sviluppando patologie che potrebbero essere prevenute con una diagnosi precoce.
Le politiche sanitarie locali
Partendo dagli atti formali (leggi locali, piani, delibere, e note) emanati dal 1995 all’inizio del 2010, si sono analizzate in modo comparativo le politiche delle Regioni/Province Autonome sulla salute degli immigrati (inclusi rom, richiedenti asilo e rifugiati) allo scopo di individuare le più efficaci. L’attenzione è stata rivolta principalmente alla valutazione della presenza di eventuali linee guida, alla previsione di una analisi del bisogno (Osservatori; nuovi flussi informativi di cui uno, OSI, per ambiti assistenziali di immigrati in condizione di irregolarità, implementato da questo progetto coinvolgendo 43 ambulatori dedicati), ad interventi di prevenzione e di promozione della salute, al ruolo della formazione specifica per gli operatori, al peso della mediazione in sanità, all’assistenza agli irregolari e ai comunitari.
Dall’analisi di oltre 600 atti, emerge che quasi metà delle regioni italiane hanno un alto livello di attenzione verso il tema della salute degli immigrati. La Puglia è identificata come l’eccellenza, almeno come pianificazione degli interventi, mentre Calabria e Basilicata mostrano ancora un livello minimo e scarso di impatto delle politiche sanitarie per gli immigrati. Il Friuli Venezia-Giulia, in passato all’avanguardia, ha subito una battuta d’arresto ed anche la Lombardia non mostra particolare attenzione al tema.
Grazie alle indicazioni delle Regioni e coerentemente ad una rilevazione condotta in 1.004 servizi sanitari in tutta Italia e con 21 studi di caso (uno per Regione e Provincia Autonoma), è emersa la necessità di lavorare, oltre che su una pianificazione sanitaria specifica, su alcuni punti chiave per migliorare l’equità di accesso e la qualità di trattamento delle cure degli stranieri. Si tratta degli indicatori di una politica migrant friendly per servizi culturalmente sensibili: la comunicazione e l’informazione rivolta a tutti gli immigrati; il superamento delle barriere di lingua e cultura sia per gli utenti che per il personale sanitario attraverso anche interventi di mediazione linguistico-culturale; investimento sulla formazione degli operatori di tutti i presidi sanitari, a partire da quelli a maggior flusso di immigrati.
Sulla formazione, un’ampia indagine su oltre 2200 iniziative specifiche sul tema, ha permesso di identificare delle raccomandazioni per uniformare percorsi di vario livello e per renderli efficaci nella qualificazione dei servizi.
Finalità e strumenti operativi prodotti
La finalità del Progetto è stata quella di fornire strumenti e chiavi di lettura per orientare e supportare politiche ed interventi di promozione e tutela della salute di persone, famiglie e comunità straniere.
Tra gli strumenti prodotti segnaliamo:
- Set di variabili e di indicatori di sintesi per un monitoraggio delle politiche locali nel tempo (valutazione di impatto di determinate scelte nello stesso territorio in periodi diversi) e nello spazio (confronto tra territori diversi per verificare politiche più efficaci)
- Raccomandazioni sulla formazione
- Nuovo flusso informativo specifico (OSI) come strumento efficace per il monitoraggio di un ambito assistenziale che spesso sfugge ai sistemi di rilevazione corrente e si dimostra in grado di offrire informazioni utili alla programmazione sanitaria regionale e aziendale
- Contributo nella individuazione e validazione di indicatori di salute e di accesso
Il Progetto
Migrazione e Salute
è iniziato nel 2008 e si articola in sei Unità Operative e due Sotto-unità. La conclusione è prevista per luglio 2010. Del gruppo di lavoro, coordinato dall’ISS, fanno parte Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma, Università Sapienza - Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica, Labos e Area sanitaria Caritas di Roma. Sono, inoltre, coinvolti gli Assessorati alla Salute e alle Politiche Sociali di Regioni e Province Autonome.