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Le varie forme di demenza

Pubblicato 27/11/2007 - Modificato 10/02/2020


ISS 27/11/07

Il problema delle demenze sta acquisendo sempre più una dimensione preponderante in termini di sanità pubblica sia perché un sempre maggior numero di famiglie ne sono drammaticamente coinvolte sia perché è necessaria una qualificata rete integrata di servizi sanitari e socio-assistenziali. Gli studi epidemiologici consentono di stimare nella fascia d’età superiora a 65 anni una prevalenza del 6.4% per tutte le patologie dementigene ed una incidenza di 37.8 casi ogni anno ogni 1000 persone.

Fin dagli anni Sessanta, inoltre, si è tentato di definire una specifica categoria nosologica caratterizzata dalla presenza di un deficit cognitivo isolato in soggetti con età avanzata, per poter identificare una fase di transizione dall’invecchiamento fisiologico a quello patologico che potesse essere utile alla comprensione della fase precoce della storia naturale delle demenze. Sono state quindi proposte nel corso degli ultimi decenni diverse possibili categorie quali Benign Senescent Forgetfulness, Age Associated Memory Impairment (AAMI), Age Associated Cognitive Decline (AACD), Cognitive Impairment No Dementia, ed infine Mild Cognitive Impairment (MCI).

Con quest’ultima entità, proposta da Petersen nel 1999, si definisce un soggetto che ha un disturbo soggettivo di memoria (preferibilmente confermato da un famigliare), l’assenza di altri deficit cognitivi, delle normali abilità nelle attività quotidiane, la presenza di un deficit di memoria documentato rispetto all’età e scolarità della popolazione normale ed infine l’assenza di demenza. La necessità di documentare oggettivamente un deficit di memoria richiede l’uso di strumenti neuropsicologici adeguatamente validati nella popolazione generale.

In una situazione così poco definita dal punto di vista neuropsicologico, clinico ed epidemiologico sul reale ruolo dell’MCI nella insorgenza della demenza di Alzheimer sono stati condotti diversi trial clinici randomizzati per valutare se l’utilizzo dei farmaci inibitori delle colinesterasi (indicati nella demenza lieve e moderata di Alzheimer) potesse ritardare l’insorgenza della demenza in soggetti con MCI. L’MCI appare, sulla base delle evidenze disponibili, una entità ancora in cerca di identità che deve quindi essere maggiormente caratterizzata dal punto di vista neuropsicologico, clinico ed epidemiologico prima di condurre qualsivoglia sperimentazione farmacologica.


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