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Ernia del disco, tutto quello che c'è da sapere nelle FAQ dell'ISS

Pubblicato 24/10/2005 - Modificato 10/02/2020

1) Quante persone in Italia e nel mondo soffrono di ernia del disco lombare?

La prevalenza nel corso della vita di ernia del disco lombare è stata stimata pari all'1-3% nei Paesi occidentali. L'indagine ISTAT sullo stato di salute in Italia segnala che l'8,2% della popolazione ha riferito nel 1999 di essere affetto da «lombosciatalgia» (7,3% maschi e 9,3% femmine). L'ernia del disco associata a sintomi clinici si manifesta più spesso nelle persone di 30-50 anni.

2) Cos'è l'ernia del disco lombare?

L'ernia del disco lombare sintomatica è una patologia degenerativa del disco intervertebrale, dovuta alla fuoriuscita del disco intervertebrale dal cosiddetto anulus, la parte esterna del disco, una specie di cuscinetto che ha il ruolo di ammortizzare le forze che si sviluppano tra una vertebra e l'altra. L'ernia discale è un fenomeno dinamico, nonché una condizione relativamente comune e a prognosi favorevole nella maggior parte dei casi. Gli studi di storia naturale indicano, infatti, che le ernie del disco intervertebrale si riassorbono spesso del tutto o in parte, e che la sintomatologia a essa associata regredisce di frequente con i trattamenti conservativi.

3) Con quanta frequenza ci si opera di ernia del disco lombare? E quali tipi di intervento chirurgico sono i più utilizzati?

Sono state descritte variazioni internazionali molto ampie dei tassi di intervento chirurgico per ernia del disco lombare risalenti agli anni Ottanta: da 10 per 100.000 in Gran Bretagna a più di 100 per 100.000 negli USA. In Italia sono effettuati ogni anno circa trentamila interventi chirurgici con diagnosi di ernia del disco lombare, che corrispondono a un tasso medio nel triennio 1999-2001 pari a 5,09 per 10.000. I tassi regionali standardizzati per età e sesso oscillano ampiamente, da 6,87in Lombardia a 2,52 per 10.000 in Calabria. La variabilità temporale nel triennio è stata invece contenuta: il numero assoluto di operazioni è aumentato da 28.231 nel 1999 a 30.243 nel 2001. Sempre in Italia nel 2001, la chirurgia per ernia del disco lombare veniva effettuata nel 61% dei casi nei maschi e consisteva in interventi di discectomia (88%), discectomia per cutanea o laser (7%), chemonucleolisi (2%), o decompressione (2%). La differenza tra maschi e femmine (rispettivamente 16.000 e 8.000 interventi, nella fascia d'età 30-39 anni) si riduce progressivamente con il progredire dell'età. Rispetto al 1999, diminuisce dal 4% al 2% la quota di chemonucleolisi a vantaggio delle tecniche percutanee. Queste ultime sono più frequentemente utilizzate nelle case di cura accreditate (18%) piuttosto che nelle altre tipologie amministrative di ospedali. La chemonucleolisi viene eseguita con frequenza più elevata in Campania (10% sul totale degli interventi) e nel Friuli (8%) rispetto alle altre regioni. Il 20% delle chemonucleolisi e il 33% delle discectomie percutanee sono effettuate in day hospital.

4) Quali sono i fattori di rischio di ernia del disco lombare?

Sono considerati fattori di rischio le occupazioni sedentarie e l'inattività fisica,
il sovrappeso, l'alta statura, la guida di veicoli a motore prolungata e costante, le vibrazioni, i lavori a elevato impegno fisico soprattutto se comportano abitualmente il sollevamento manuale di carichi, e le gravidanze.

5) Quali sintomi rendono certa la diagnosi?

L'ernia del disco lombare si manifesta con un quadro clinico caratterizzato da mal di schiena, radicolopatia compressiva sciatica o crurale, e limitazione o impotenza funzionale. Il dolore crurale o cruralgia è un dolore che corre lungo la coscia sul davanti, mentre quello sciatico è un dolore posteriore lungo tutta la gamba, fino al polpaccio o al piede.

6) Come avviene la diagnosi?

I cardini su cui si deve basare il processo diagnostico sono tre: la raccolta dei dati anamnestici; l'esame obiettivo con test clinici di coinvolgimento radicolare (irritativo, deficitario, paretico); la diagnostica per immagini e strumentale. Al riguardo, la tomografia computerizzata (TAC) e la Risonanza Magnetica (RM) sono pressoché sovrapponibili in termini di sensibilità, specificità e accuratezza diagnostica. E' peraltro da sottolineare che la RM non eroga radiazioni ionizzanti e visualizza meglio i tessuti molli e le alterazioni del tessuto osseo spongioso.

7) Quando si raccomanda il trattamento chirurgico?

La sindrome della cauda equina da ernia del disco intervertebrale rappresenta un'indicazione assoluta all'intervento di discectomia da effettuare urgentemente, se possibile entro 24 ore e non oltre le 48 dall'insorgenza dei sintomi. La comparsa di deficit motorio in un paziente con diagnosi accertata di ernia del disco lombare richiede di prendere in considerazione l'intervento chirurgico, pur non rappresentando un'indicazione assoluta. Nei casi in cui sussiste la corrispondenza tra sintomatologia, segni clinici e immagini diagnostiche, si raccomanda di considerare l'intervento chirurgico in presenza di tutti i seguenti criteri: durata dei sintomi superiore a sei settimane; dolore persistente, non rispondente al trattamento analgesico; fallimento, a giudizio congiunto del paziente e del chirurgo, di trattamenti conservativi efficaci adeguatamente condotti.

8) Quali sono i fattori predittivi dell'esito del trattamento?

Le complicanze del trattamento chirurgico dell'ernia del disco lombare sono legate al tipo di ernia trattato, alle caratteristiche socio-demografiche del paziente e ad alcuni fattori psicosociali. Gli esiti peggiori sono stati riscontrati nel caso di ernie di piccole dimensioni, con anulus intatto, o in pazienti con frammenti erniari e difetti minimi dell'anulus. In sintesi, esiste buona prova che i risultati chirurgici più favorevoli si hanno operando pazienti con patologia del disco più estesa e compressiva. Riguardo la durata della sintomatologia come fattore predittivo, i pazienti con sciatalgia di durata maggiore riportano esiti postoperatori peggiori, tanto da giustificare un'attesa, mentre i pazienti operati entro due mesi dall'inizio della sintomatologia hanno esiti chirurgici più favorevoli. Circa l'età esistono deboli prove che l'età superiore ai 40 anni possa rappresentare un fattore prognostico sfavorevole. Anche il fatto di svolgere un lavoro pesante è risultato associato a un esito chirurgico sfavorevole, mentre il genere non è risultato avere alcun effetto predittivo sulla prognosi. In alcuni studi sono risultati predittivi di un esito postoperatorio insoddisfacente fattori psicosociali come il distress psicologico, la somatizzazione del dolore e un basso livello di istruzione. Tuttavia altre ricerche hanno invece mostrato come l'esito del trattamento chirurgico sia del tutto indipendente dai fattori psicologici preoperatori.

9) Quali le possibili complicanze dell'intervento?

Le complicanze più frequenti risultano la lacerazione della dura madre, il danno alle radici nervose, le infezioni della ferita chirurgica e la discite, che consiste nell'infiammazione del disco e delle vertebre adiacenti, talora estesa anche ai tessuti molli circostanti. Ovviamente tra le complicanze c'è quella di dover reintervenire nuovamente. Alcuni studi condotti in Finlandia hanno stimato rischi cumulativi
di reintervento a nove anni pari al 18,9% e di interventi successivi dopo il primo
reintervento a dieci anni pari al 25,1%. Altre fonti riportano che i tassi di reintervento dopo chirurgia del disco lombare variano ampiamente dal 3% al 15%. I tassi di reintervento a uno e dieci anni, calcolati dal Registro nazionale svedese per la chirurgia della colonna lombare, dove sono state registrate 27.500 operazioni tra il 1987 e il 1999, sono risultati pari rispettivamente al 5% e al 10%. Sempre nel Registro nazionale svedese il tasso di mortalità a 30 giorni è stimato pari a 0,5 per 1.000 e l'incidenza delle complicanze pari a 2,7% per la discectomia convenzionale e a 5,8% per la microdiscectomia.

10) Quali sono le modalità perioperatorie valutate dalla Linea guida?

Nella Linea guida vengono prese in considerazione le modalità anestesiologiche (generale, spinale e/o epidurale, persino locale), le diverse posizioni del paziente (genu-pettorale, prona o laterale) e le modalità organizzative del ricovero, nonché l'utilità di alcuni trattamenti perioperatori quali la profilassi antibiotica e antitrombotica, la valutazione psicologica, l'uso di anticicatrizzanti intraoperatori per prevenire la fibrosi epidurale e la fisioterapia.

11) Cosa si intende per trattamenti conservativi?

I trattamenti conservativi possono essere di tipo farmacologico (analgesici, miorilassanti e antidepressivi) e di tipo fisioterapico non strumentale (manipolazioni della colonna, trazioni manuali, programma di esercizi, massoterapia, riposo a letto, ripresa dell'attività fisica). Vi è forte prova che un programma intensivo di esercizi, effettuato dopo il primo intervento chirurgico per il trattamento dell'ernia del disco lombare, iniziato entro 4-6 settimane dall'intervento, faciliti il recupero funzionale e il rientro al lavoro, senza incrementare il rischio di reintervento. Inoltre, non è opportuno limitare l'attività fisica dei pazienti dopo il primo intervento chirurgico, anche per facilitare la precoce ripresa dell'attività lavorativa.


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