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Eurocare, la sopravvivenza per tumore in Italia e in Europa
Nel 1999, in Italia circa 130.000 casi di morte sono stati causati da un tumore. Sempre nello stesso anno sono stati registrati 230.000 nuovi casi di cancro, mentre circa 1.300.000 persone ne avevano uno già diagnosticato. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi per il complesso dei tumori è del 41% per gli uomini e del 56% per le donne, con una media che si colloca di poco al di sopra del valore medio europeo. Sono questi i risultati di
La mortalità legata ai tumori presenta livelli e tendenze differenti negli uomini e nelle donne. Tra i primi, i decessi per tumore del polmone, colon-retto, stomaco, vescica e prostata rappresentano da soli il 60% della mortalità complessiva. Nelle donne, invece, i tumori della mammella, colon-retto, stomaco e polmone sono causa di decesso nella metà dei casi. Lo studio evidenzia poi come la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi cambi a seconda delle sede in cui il tumore si è sviluppato. Si passa infatti da un massimo del 93% per i tumori del testicolo a un minimo del 4% per quello del pancreas. I tumori a più alta sopravvivenza, che consentono lo stato in vita nell'80% dei casi, interessano di solito il testicolo, la tiroide, il melanoma e i linfomi di Hodgkin. Ma costituiscono solo il 4% del complesso delle diagnosi di cancro. Infine, i tumori più diffusi mostrano sopravvivenze molto diverse: si va dall'11% per il tumore del polmone, al 77% per quello alla mammella, il 51% per colon, il 48% per il retto, fino ad arrivare al 67% per il tumore alla prostata e al 23% per quello allo stomaco.
Prevenzione primaria e diagnosi precoce rappresentano le due strategie percorribili per ridurre, da una parte, l'esposizione a fattori di rischio noti ed evitabili, per aumentare, dall'altra, l'efficacia delle cure disponibili. Per il successo delle due strategie un ruolo fondamentale giocano i Registri Tumori. Queste strutture, sorte in Italia a partire dalla fine degli anni '70, hanno il compito di rilevare tutte le nuove diagnosi di tumore che si verificano tra i residenti di una determinata area di riferimento, di solito le province, e di seguirne lo stato in vita, soprattutto grazie alla disponibilità degli indicatori epidemiologici più rappresentativi, come la mortalità, l'incidenza, la sopravvivenza e la prevalenza.
C'è da dire, in ogni caso, che negli ultimi trent'anni sono state registrate tendenze incoraggianti, soprattutto per gli uomini e per l'Italia del Centro-Nord. Il tasso di mortalità negli uomini è infatti in progressiva diminuzione dagli anni '80 e ha raggiunto nel 1999 gli stessi livelli del 1970. Ma il fenomeno ha interessato più il Nord e il Centro, mentre nel Sud c'è stato un aumento dei casi. La mortalità nelle donne, dominata dal tumore alla mammella, con 100 casi ogni 100.000, è in sostanza stabile dal 1970 e in leggera diminuzione dal 1990, con una media di 80 casi su 100.000. Il merito è da attribuirsi anche alla diffusione sul territorio dello screening mammografico. Da segnalare, infine, l'ascesa dei decessi per tumori del polmone nelle donne, il cui tasso, intorno al 4,5 per 100.000 nel 1970, è quasi raddoppiato nel 1999. Nel complesso i livelli di sopravvivenza calcolati per tutti i tumori, sia per i pazienti adulti che per i bambini, sono in linea o superiori alla media europea, con livelli di norma inferiori al Sud rispetto al Centro-Nord. La sopravvivenza a 5 anni è infatti del 41% per gli uomini e del 56% tra le donne, contro medie europee di poco inferiori, rispettivamente del 40% e del 50%.
E per il futuro cosa aspettarsi? In Italia il tasso d'incidenza per tutti i tumori si stima stabile nei prossimi anni per gli uomini, cioè circa 500 casi su 100.000 dal 2000 al 2010, e ancora in aumento per le donne, da 380 nel 2000 a 450 per 100.000 nel 2010. Tendenze quest'ultime dovute al progressivo invecchiamento della popolazione e alle tendenze registrate negli ultimi periodi per le quattro sedi tumorali di maggior impatto: polmone, mammella, colon-retto e stomaco. I tumori che colpiscono questi organi sono quelli che più spesso si concludono con un esito sfavorevole e che sono responsabili da soli di un quinto di tutti i casi di morte dovuti a questa malattia.