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Trend di sopravvivenza e terapie

Pubblicato 01/10/2004 - Modificato 10/02/2020

Trend di sopravvivenza
La leucemia del bambino rappresenta, dal punto di vista delle possibilità di guarigione, uno dei più grandi successi nella storia della lotta ai tumori. Negli anni Cinquanta la leucemia infantile era una condizione fatale, ma a già a partire dagli anni Settanta il progresso nella terapia ha portato a un progressivo aumento delle percentuali di sopravvivenza. Oggi la chemioterapia e il trapianto di midollo osseo permettono di raggiungere la remissione dalla malattia nel 70-80% dei casi di leucemia acuta linfoblastica e nel 40-50% di quelli di leucemia acuta mieloide. Inoltre, il 95% dei bambini che si ammalano di leucemia ottiene la remissione (che vuol dire assenza di segni clinici e "molecolari" della malattia) entro il primo mese di terapia e il 70-80% rimane in remissione a distanza di tre anni dalla sospensione della terapia. Dopo i cinque anni, poi, il rischio che la leucemia si manifesti di nuovo è piuttosto basso (1-5%). Purtroppo, però, per quel 20-30% dei casi nei quali la leucemia si ripresenta, le possibilità di guarigione sono meno favorevoli e rimangono legate alla possibilità di terapie più aggressive. Non essendo possibile alcuna forma di prevenzione, vista la giovane età dei pazienti, l'unica arma a disposizione affinché le terapie siano efficaci è, quindi, la diagnosi precoce. E' sufficiente un prelievo di midollo osseo, quando a sintomi aspecifici, febbre, dolore, depressione dello stato di salute generale, si associano sintomi più specifici, quali tumefazioni dei linfonodi.
Il trapianto di midollo osseo
I farmaci chemioterapici, sebbene aumentino considerevolmente le possibilità di guarigione definitiva, possono distruggere insieme alle cellule maligne anche quelle sane, specialmente quelle del midollo osseo che, a dosaggi troppo elevati di chemioterapici, rischiano di essere "bruciate". Il trapianto di midollo osseo, invece, offre all'organismo la possibilità di tollerare questi dosaggi, in quanto prevede una prima fase di somministrazione di agenti chemioterapici, i quali, oltre ad eliminare le cellule malate, preparano il tessuto in questione a ricevere le cellule che verranno trapiantate e che, in assenza di questo trattamento, verrebbero presto eliminate dall'organismo stesso. Al termine di questo trattamento, che dura circa una settimana, si procede al trapianto di midollo, consistente in una trasfusione in vena di cellule midollari, prelevate precedentemente (e congelate in azoto liquido) da un donatore sano (trapianto allogenico) o dal paziente stesso (autotrapianto o trapianto autologo). Le cellule così immesse popolano rapidamente, entro due settimane, gli spazi ad esse destinate e, nell'arco di altre due settimane, sono in grado di produrre le cellule ematiche.
Occorre considerare, tuttavia, che il midollo osseo del donatore contiene alcune cellule mature (linfociti T) responsabili della cosiddetta malattia del trapianto verso l'ospite (GVHD). D'altra parte, un sottogruppo di queste cellule esplica un'azione antileucemica, un effetto che si aggiunge a quello svolto dalla chemio-radioterapia, chiamato "Graft Versus Leucemia" (GVL). Non a caso, uno dei principali obiettivi delle attuali ricerche è quello di riuscire a identificare questi linfociti, per separare la GVL dalla GVHD, conservando gli effetti benefici della prima ed eliminando quelli dannosi della seconda.


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