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Danni da ultravioletti sulla pelle adulta
a cura di Mauro Picardo*
L'incidenza dei tumori cutanei è in netto aumento a partire dagli anni Settanta, a causa delle modifiche dello stile di vita. L'assottigliamento dello strato di ozono, che filtra gli ultravioletti, aggrava il problema. Fino al XX secolo avere la pelle abbronzata era un indice di inferiorità sociale, infatti solo chi era costretto a stare a lungo all'aperto per lavorare si abbronzava. Ai nostri tempi, invece, i notevoli cambiamenti sociali intercorsi, con l'avvento della rivoluzione industriale, l'aumento del tempo utilizzato per attività di ricreazione all'aperto, l'innovazione tecnologica nei trasporti che ha determinato un incremento degli spostamenti latitudini tropicali per vacanza, i cambiamenti nel modo di vestire, hanno contribuito alla affermazione della "religione del sole", con un capovolgimento delle convinzioni passate e la creazione dell'assioma pelle abbronzata = pelle sana e bella.
Tuttavia gli uomini non hanno una costituzione che consenta loro di stare a lungo esposti al sole senza subire conseguenze e numerosi studi hanno identificato la componente ultravioletta (UV) della luce solare come la principale responsabile di effetti deleteri per la pelle umana. L'esposizione cronica agli UV, e in alcuni casi anche l'esposizione acuta a dosi elevate, aumenta il rischio di sviluppare cancri cutanei, come il carcinoma baso- e /o spino-cellulare, o melanoma maligno. Ogni anno dati epidemiologici mettono in evidenza un numero crescente di cancri cutanei nella popolazione mondiale. Secondo dati dell'OMS, ogni anno si verificano almeno 132 mila casi di melanoma maligno: un aumento di circa il 15% rispetto al decennio precedente. Il melanoma cutaneo è decine di volte più frequente nei soggetti Caucasici rispetto alle altre etnie. I tassi di incidenza più elevati si riscontrano infatti nelle aree soleggiate abitate da popolazioni di ceppo nord-europeo, con la pelle particolarmente chiara. In Italia il melanoma colpisce ogni anno mediamente 10 persone su 100.000 ed è la causa dell'1,5% di tutti i decessi per tumore. Il carcinoma spino-cellulare è un tumore maligno che coinvolge lo strato epidermico della cute e si manifesta generalmente con macchie o noduli alterati di colore rossastro. Rispetto al melanoma, l'incidenza e la gravità sono inferiori, ma nel 10% dei casi si osserva la comparsa di metastasi, e, in queste condizioni, solo il 34% dei pazienti sopravvive. Il carcinoma baso-cellulare è il tumore epiteliale più diffuso nella popolazione Caucasica, infatti la sua incidenza è di 5 volte superiore a quella del melanoma e dà luogo frequentemente a recidive. Tuttavia pur essendo localizzato negli strati profondi dell'epidermide raramente dà metastasi o colpisce organi vitali.
Anche per i carcinomi è stato dimostrato un aumento di frequenza, dovuto molto probabilmente agli effetti della esposizione solare eccessiva in soggetti "predisposti". Infatti questi tumori sono più frequenti nei soggetti con pelle chiara, che non si abbronzano facilmente, e la loro comparsa è legata alla dose cumulativa di luce solare assorbita durante la vita. Infatti i carcinomi spino-cellulari sono più frequenti in chi lavora all'aria aperta, come i marinai o gli agricoltori e in persone di età avanzata. L'insorgenza dei carcinomi baso-cellulari, invece non è associata tanto alla quantità cumulativa di radiazioni ultraviolette assorbite dalla pelle, ma alle ustioni/scottature solari riportate, soprattutto in età infantile, caratteristica questa che li accomuna ai melanomi. Oltre ai fenomeni di foto-carcinogenesi, l'esposizione agli UV determina un acceleramento dell'invecchiamento cutaneo, con la comparsa di rughe profonde, secchezza e assottigliamento dello strato epidermico, e comparsa di macchie cutanee e di aree de-pigmentate.
Alcune malattie cutanee, come foto-dermatosi, reazioni foto-allergiche, malattie auto-immuni, tra le quali si annoverano il lupus eritematoso e la foto-dermatosi idiomatica, vengono attivate in maniera specifica dall'esposizione agli UV. Tali evidenze hanno portato ad un notevole incremento della domanda di strategie per la protezione della pelle nei confronti dei danni prodotti dagli UV. Le campagne di educazione sanitaria fondate in parte su evidenze sperimentali ed in notevole misura su dati epidemiologici, spingono la popolazione verso una maggiore attenzione ai raggi solari. Al dermatologo, pertanto, vengono richieste con sempre crescente frequenza indicazioni su comportamenti da tenere al sole e soprattutto sui prodotti da impiegare.
Negli ultimi 15 anni, le evidenze epidemiologiche hanno portato a campagne di prevenzione basate anche sulla fotoprotezione mediante l'uso di filtri solari. Ciò ha portato ad una riduzione delle foto-dermatiti e di alcuni cancri cutanei direttamente correlati alla dose cumulativa di UV assorbita dalla cute, ma purtroppo non ha prodotto alcuna diminuzione del numero di melanomi. Tale effetto paradosso può essere spiegato considerando che: i filtri solari usati negli anni passati hanno protetto solo nei confronti degli UVB (280-320 nm), chi impiega filtri solari tende ad esporsi al sole più a lungo poiché è convinto di essere protetto, chi ha impiegato filtri solari solo anti UVB si è sovraesposto agli UVA (320-400 nm), che sono maggiormente coinvolti nell'insorgenza del melanoma.
Di conseguenza, negli ultimi anni si è assistito ad un notevole sviluppo di studi relativi ai fattori (quantità di prodotto applicato, intervallo e area di applicazione), correlati alla capacità protettiva dei filtri solari e alla messa in commercio di prodotti solari dotati di filtri di nuova concezione, sia fisici, sia chimici, in grado di schermare le radiazioni di tutto lo spettro UV che raggiunge la superficie terrestre. Tali preparazioni di prodotti solari si sono dimostrate efficaci nel prevenire alcuni degli effetti degli UV, ed in particolare la reazione eritematigena della pelle. Tuttavia, vi sono dati contrastanti circa la capacità di protezione esercitata da tali preparazioni nei confronti di altri effetti dannosi degli UV. Pur essendoci chiare evidenze che filtri solari in grado di prevenire la comparsa di eritema siano anche capaci di contrastare altri effetti UV-indotti, per lo stesso composto vi sono studi che riportano una efficacia superiore, uguale o inferiore rispetto a quella osservata nei confronti dell'eritema.
Inoltre, per alcuni dei marker biologici rilevanti nei processi di foto-carcinogenesi o foto-invecchiamento, non esistono test in vivo in grado di testare l'efficacia della preparazione solare. Questo ultimo aspetto è particolarmente importante per gli effetti biologici indotti dalle radiazioni UVA, dato che tali radiazioni inducono risposte cutanee molto differenti da quelle prodotte dagli UVB e che la reazione eritematigena è una misura più valida per i danni da UVB, piuttosto che per quelli da UVA. Quindi non può essere escluso che una formulazione che risulti efficace nella prevenzione dell'eritema possa non proteggere da altri danni anche più pericolosi per l'omeostasi del tessuto cutaneo.
Inoltre, l'utilizzo di filtri specifici per gli UVB non fa altro che aumentare la dose di UVA assorbita dalla pelle. Sulla base di tali considerazioni, una efficace fotoprotezione non può basarsi solo sulla frequente applicazione di filtri solari per via topica. Di conseguenza sono state sviluppate varie combinazioni tra filtri solari e ingredienti attivi per migliorare il grado di protezione. Parallelamente si sono moltiplicati gli studi per chiarire il meccanismo biologico d'azione degli UV e identificare possibili strategie preventive. L'esposizione agli UV attiva una serie di risposte biologiche, che comprendono eritema, infiammazione, formazione di cellule apoptotiche (le cosiddette sunburn cells ), alterazioni immunologiche, fenomeni di foto-invecchiamento e foto-carcinogenesi. Gli effetti precoci osservati a livello cutaneo dopo esposizione agli UV sono la conseguenza diretta dell'assorbimento di fotoni UVB da parte del DNA cellulare, e dello stress ossidativo generato da svariate reazioni indirette che coinvolgono principalmente l'assorbimento della radiazione UVA da parte di sostanze cromofore intracellulari.
Lo stress ossidativo è dovuto alla produzione di radicali liberi e specie reattive dell'ossigeno (ROS), che attivano processi di lipoperossidazione delle membrane cellulari e la formazione di prodotti di foto-ossidazione delle basi del DNA. L'eritema attinico è la conseguenza ultima del danno al DNA indotto in modo diretto dagli UV e della produzione indiretta di specie radicaliche e/o della liberazione di citochine. I ROS prodotti dagli UV comprendono l'anione superossido, l'ossigeno singoletto, e l'idrossil-radicale; tali radicali sono coinvolti nel cancro cutaneo, in alcune foto-dermatosi, nel foto-invecchiamento. Sia i danni diretti al DNA, sia quelli indiretti devono essere riparati prima della divisione della cellula per ridurre o evitare la comparsa di mutazioni nel corredo genetico e processi di carcinogenesi. Una strategia adottata dalle cellule per "guadagnare tempo" e riuscire ad attivare tutti i sistemi di riparo del danno al DNA è l'attivazione della risposta apoptotica. E' stato osservato, infatti, che l'esposizione ai raggi UV di porzioni di cute normalmente non foto-esposta induce l'espressione di proteine pro-apoptotiche , come p53, p21, e bax, che generano cellule apoptotiche in una quantità direttamente correlata alla dose di UV.
Al fine di proteggersi dai danni provocati dallo stress ossidativo UV-indotto, la pelle possiede un sofisticato sistema antiossidante composto da antiossidanti enzimatici e non-enzimatici che sono in grado di neutralizzare gli intermedi di reazione dell'ossigeno. Tali sostanze ad azione protettiva, quali antiossidanti diretti, stabilizzatori di membrana, ligandi dei ROS, cofattori essenziali per il corretto funzionamento di antiossidanti enzimatici deputati alla detossificazione dei lipoperossidi, concorrono a limitare i danni indotti dall'esposizione agli UV al genoma dell'epidermide. L'integrità delle cellule viene preservata dagli antiossidanti enzimatici, tra i quali catalasi, glutatione perossidasi, e glutatione reduttasi, che in modo sinergico neutralizzano il perossido di idrogeno e i lipoperossidi, mentre l'anione superossido viene detossificato dalla superossido dismutasi. Gli antiossidanti non-enzimatici della cute si localizzano nel citosol, come il glutatione e l'acido ascorbico, o a livello delle membrane cellulari, come la vitamina E o l'ubichinolo-10.
L'ampia gamma di sostanze antiossidanti e la loro differente localizzazione nelle strutture cellulari fornisce una adeguata protezione nei confronti dei danni ossidativi prodotti dalle specie radicaliche. Tuttavia gli antiossidanti endogeni costituiscono anche un bersaglio preferenziale degli UV e il loro livello risulta notevolmente diminuito dopo esposizione solare. Una strategia interessante per potenziare la foto-protezione consiste nel supportare il sistema antiossidante endogeno della pelle con una supplementazione esogena. Negli ultimi anni, svariati studi sono stati condotti sia in vivo che in vitro per verificare che le sostanze antiossidanti, da sole o in associazione tra loro, applicate topicamente o somministrate per via sistemica, siano in grado di contrastare il foto-danno UV-indotto, identificando anche i loro meccanismi di azione.
*Direttore Scientifico dell'Istituto Dermatologico San Gallicano, Roma