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Comunicato N° 25/2003 Inquinanti ambientali, nemici della fertilità e dello sviluppo

Pubblicato 04/07/2003 - Modificato 10/02/2020



Uno studio pilota dell’Iss ha esaminato i cosiddetti distruttori endocrini, sostanze che, attraverso l’ambiente e alcuni alimenti, riescono a penetrare nell’organismo, alterandone l’equilibrio ormonale con gravi conseguenze per la salute riproduttiva e la crescita dei bambini.

Sono i distruttori endocrini i nemici emergenti della nostra fertilità. Queste sostanze, presenti anche in molti oggetti di uso quotidiano, sono in grado di squilibrare il nostro sistema ormonale al punto da aumentare fino a 12 volte il rischio di aborto spontaneo nelle donne, di inibire lo sviluppo sessuale dei bambini e di danneggiare il funzionamento della tiroide. Lo dimostrano alcuni studi sulle compagne dei disinfestatori e dei lavoratori nelle serre, nonché sui roditori alimentati con pesticidi, realizzati dall’Istituto superiore di sanità nell’ambito di un progetto pilota presentato oggi nel corso del workshop - Killer invisibili? Indagine sugli inquinanti che alterano il nostro sistema ormonale -.

Si tratta di veri e propri killer invisibili – spiega Alberto Mantovani, ricercatore dell’Iss e coordinatore dello studio – che non possiamo ancora quantificare con esattezza, ma di cui conosciamo l’interazione, negativa, col nostro sistema endocrino. Dunque la loro capacità di scatenare, seguendo stili di vita per nulla improntati alla cautela, patologie croniche che, oltre ad essere invalidanti per l’individuo, rappresentano una notevole spesa sanitaria per tutta la comunità. Alcune di queste sostanze sono state vietate da tempo – va avanti il ricercatore – ad esempio gli alchifenoli nei detersivi domestici e gli ftalati in giocattoli e tettarelle, ma c’è il rischio di ritrovarli in prodotti importati da paesi extracomunitari che non hanno ancora adottato i requisiti di sicurezza europei, come pure nella frutta esotica e in quella non di stagione, prodotti trattati sicuramente con pesticidi.

I ricercatori dell’Iss hanno preso in esame due categorie di lavoratori esposti più di altri ai De contenuti in erbicidi, insetticidi e biocidi: i lavoratori in serra e i disinfestatori. Si è visto che le coppie in cui l’uomo lavorava in serra impiegavano il doppio del tempo nel concepire un figlio e che le donne alla prima gravidanza riportavano una frequenza 12 volte maggiore di aborto spontaneo rispetto al gruppo di controllo. Le compagne, invece, dei disinfestatori rischiavano di abortire nel 27 per cento delle gravidanze, 4 volte di più delle donne non esposte. E’ probabile – afferma Mantovani - che l’esposizione a certi pesticidi abbia alterato la qualità dello sperma, come mostrano i nostri studi sperimentali, ma è anche possibile che gli uomini abbiano introdotto in casa residui degli anticrittogamici usati, rimasti sugli abiti da lavoro e sugli attrezzi e che questi abbiano danneggiato la fertilità della donna -.

L’azione endocrina dei De contenuti nei pesticidi è stata, infatti, ulteriormente confermata da studi sui roditori che hanno monitorato gli effetti del lindano e del tiofanato metile sullo sviluppo della prole. Nel primo caso, i roditori sono stati trattati, alcuni al momento della fecondazione, altri durante la gravidanza, con il lindano, un insetticida simile al Ddt largamente utilizzato fino a qualche anno fa, oggi fuori commercio (ma che continua a essere presente nell’ambiente in combinazione con altri inquinanti persistenti e di cui probabilmente esistono scorte ancora disponibili). I ricercatori hanno così potuto constatare che, con l’assunzione del lindano al momento della fecondazione, gli embrioni degeneravano nel 48 per cento dei casi, triplicando il tasso di aborti precoci. Nel caso del trattamento durante la gravidanza, invece, gli effetti comparivano solo nel periodo della maturità sessuale, quando si registrava una riduzione del 10 per cento del peso dei testicoli e del 15-25 per cento della concentrazione degli spermatozoi, ma anche un raddoppiamento degli spermatozoi con corredo cromosomico anormale e un incremento del 25 per cento di quelli immaturi. Nel caso delle femmine, infine, gli effetti del lindano si sono concretizzati in un ingrossamento dell’utero e in indizi di pubertà precoce.

In un altro studio sono state somministrate ai roditori in gestazione dosi di tiofanato metile, un fungicida considerato poco tossico e per questo frequentemente usato in agricoltura. Nei ratti neonati, in assenza di anomalie esterne, è stato osservato un ipotiroidismo. In particolare, si è visto che nel periodo dello svezzamento la tiroide conteneva il 20 per cento in meno di follicoli (le cellule deputate alla secrezione ormonale) e una quantità maggiore di cellule immature. Anche le ghiandole surrenali, responsabili della regolazione di ormoni quali il cortisone, mostravano un aumento di anomalie cellulari e una riduzione del 10 per cento dell’area ghiandolare.

I ricercatori dell’Iss sono tuttora alle prese con diversi studi di cui si hanno finora soltanto risultati parziali, ma sufficientemente indicativi della presenza nel sangue e nelle urine della popolazione di distruttori endocrini. In genere, si tratta di quantità modeste, ma che rappresentano un segnale per una maggior cautela verso la diffusione di inquinanti con effetti cronici. Una ricerca effettuata su pazienti affetti da patologie endocrino-metaboliche del Day hospital dell’Università di Roma La Sapienza, ha riscontrato la presenza nel loro sangue di piombo e cadmio (metalli considerati De) e di pesticidi clorurati persistenti (esaclorobenzene e Dde, il metabolica del Ddt). Parallelamente il monitoraggio dei lavoratori agricoli della zona del Chianti (Toscana), un’area oltretutto particolarmente carente di iodio, ha mostrato una diffusa esposizione al mancozeb, un pesticida che minaccia in modo particolare la tiroide. A Brindisi sono stati trovati diversi ftalati nel sangue di donne che avevano appena partorito e nel cordone ombelicale dei neonati. A Siena, nell’urina dei bambini sono stati riscontrati metabolici di pesticidi, mentre in quartiere della città di Brescia, a seguito di un errato smaltimento dei rifiuti in Pcb, la popolazione presenta livelli elevati di tali composti.


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