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Indietro Vaccini anti Covid-19 a Rifugiati e Migranti, ‘una opportunità imperdibile’

Le raccomandazioni della task force sulle migrazioni del Think20, il ‘serbatoio di idee’ del G20

La pandemia di COVID-19 ha evidenziato come la vulnerabilità sociale di alcuni gruppi all'interno dei paesi ne aumenti il rischio di infezione da malattie trasmissibili; ostacoli l'accesso alle cure e alle misure preventive, compresa la vaccinazione; e, nel complesso, li esponga a peggiori risultati di salute.

Il rischio di contrarre malattie è molto alto durante e dopo la migrazione a causa della grande vulnerabilità sociale di questa condizione, che favorisce il diffondersi delle stesse, e pertanto è necessario adottare politiche nazionali, coordinate a livello internazionale, per garantire un’offerta vaccinale contro il COVID-19 inclusiva, gratuita e proattiva per persone migranti o rifugiate indipendentemente dal loro status giuridico, ed estendere questo approccio oltre l'attuale pandemia e il vaccino COVID-19, al fine di ridurre le disuguaglianze sanitarie e migliorare la preparazione alle minacce per la salute presenti e future. La raccomandazione viene da un 'policy brief' realizzato da alcuni ricercatori dell’Iss e di altre istituzioni scientifiche italiane nell’ambito della task force sulle migrazioni del Think20, il ‘serbatoio di idee’ del G20.

Gli ostacoli da superare per questo obiettivo indicati dal documento riguardano le politiche di vaccinazione volutamente escludenti nei confronti di rifugiati e migranti, le barriere del sistema sanitario (di tipo burocratico e linguistico, di scarsa sensibilità culturale, di incapacità a sensibilizzare e coinvolgere le comunità direttamente o tramite la collaborazione con le organizzazioni della società civile) e le difficoltà nell’accesso alle cure primarie e ai servizi di vaccinazione, che comprendono i costi per la vaccinazione, nonché l’elevata mobilità di questo gruppo di popolazione. Ostacoli che, assieme alla mancanza di fiducia nel sistema sanitario e alle idee errate nei confronti dei vaccini -frequenti anche tra la popolazione generale- dovute a disinformazione o credenze culturali da parte dei migranti e rifugiati, rischiano di impedire un’efficace implementazione delle campagne vaccinali dedicate.

Gli interventi di prevenzione primaria, compresa la vaccinazione, sono al centro della risposta della sanità pubblica per promuovere la salute e prevenire le malattie. Il rapporto rischio beneficio, sottolineano gli esperti, è a favore dell’intervento preventivo, come dimostrato anche dalla pandemia in corso: se da una parte una mancata copertura vaccinale dei migranti e rifugiati rischia di esporre l’intera comunità ad altre possibilità di contagio, dal punto di vista economico è stato stimato che l’impatto globale del COVID-19 nel 2020 era circa di 375 miliardi di dollari al mese, “nel caso in cui i vaccini non siano distribuiti equamente ci vorranno anni prima che il COVID-19 sia sotto controllo, con gravi conseguenze sull’economia globale”. La vaccinazione va considerata come un intervento di equità sanitaria e l’accesso universale alle vaccinazioni disponibili durante tutto il corso della vita è raccomandato anche per il raggiungimento del Target 3.8 “Achieve Universal Health Coverage” degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDG).

I punti chiave sono dunque adottare strategie mirate per includere i migranti e rifugiati già presenti sul territorio tra le categorie prioritarie nei piani di vaccinazione anti Covid-19, ma anche per gli altri vaccini, indipendentemente dal loro stato giuridico-legale all’interno del paese o da altre barriere amministrative. Inoltre, lo sviluppo di approcci su misura, innovativi ed equi per servizi vaccinali pubblici mirati ai migranti e rifugiati diventa sempre più necessario, in particolare la gratuità, l’accessibilità, la decentralizzazione e la capacità di sensibilizzazione dei servizi vaccinali attraverso servizi innovativi come servizi sanitari combinati, cliniche vaccinali mobili e campagne di massa. È poi necessario aumentare sia la sensibilità culturale e la competenza del personale sanitario impiegato, che la ‘health literacy’ degli stessi migranti. Resta indispensabile prevedere anche un piano di monitoraggio dei piani vaccinali con obiettivi di copertura vaccinale appropriati anche per migranti e rifugiati e contemporaneamente ampliare i sistemi informativi per monitorare la copertura vaccinale, con un'adeguata disaggregazione per i principali determinanti sociali della salute che, in relazione allo status migratorio, comprendono almeno il paese di nascita, la cittadinanza, l’anno di arrivo e il paese di nascita di entrambi i genitori.

In conclusione, secondo gli esperti garantire un accesso rapido e universale ai vaccini contro il Covid19 è una ‘opportunità imperdibile’ non solo per massimizzare la loro efficacia, ma anche per ideare, testare e implementare nuovi approcci nella prevenzione primaria che siano efficaci e replicabili per tutte le altre malattie prevenibili con il vaccino, promuovendo l'equità nella salute e proteggendo la salute pubblica.


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