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Virus dei polli identificato in Turchia. Rimane basso il rischio di contagio per l'uomo
Appartiene alla famiglia A/H5N1 il virus trovato nel nord-ovest della Turchia, in una fattoria avicola dove sono morti 1700 dei 1800 pennuti presenti nell'allevamento. Il responsabile è proprio un virus "imparentato", perché geneticamente simile, ai virus riscontrati qualche mese fa in Asia centrale, dunque, altamente patogeno. Lo ha annunciato ieri, 13 ottobre nel corso di una riunione svoltasi a Bruxell dedicata proprio all'emergenza aviaria, Markos Kyprianou, commissario europeo responsabile in materia di sicurezza alimentare e tutela dei consumatori.
Dei test effettuati in Romania da esperti inviati dalla Commissione Europea su campioni di pollo e anatra appartenenti ad un allevamento localizzato nel delta del Danubio, dove, però, il numero di animali morti è assai esiguo, si aspettano ancora i risultati definitivi. Nel frattempo, in via precauzionale, la Commissione Europea ha deciso il divieto di importazione dalla Romania, a partire da mercoledì 13 ottobre, di volatili vivi e di tutti i prodotti derivanti da pollame (un bando analogo dalla Turchia era già stato avviato da lunedì 10 ottobre).
Ulteriori azioni decise dalla Commissione Europea per ridurre il rischio di trasmissione includono il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie nelle fattorie di pollame presenti in tutti i Paesi dell'Unione Europea e, in particolare, nelle zone ad alto rischio; il rafforzamento della sorveglianza nelle medesime aree attraverso incontri tra esperti di influenza aviaria e di uccelli migratori; la redazione di raccomandazioni e precauzioni da adottare per chi viaggia nelle aree a rischio.
Va detto, tuttavia, che il rischio per gli esseri umani di contrarre il temuto virus H5N1 rimane molto basso e, dunque, molto remoto. Ricordiamo che i casi di infezione umana registrati nel Sud-Est asiatico si sono verificati in presenza di milioni di animali infetti ed in condizioni di massiccia esposizione umana. Comunque perché avvenga il temuto salto di specie, e il virus degli uccelli diventi in grado di infettare facilmente l'uomo e di trasmettersi da uomo a uomo, occorre che si verifichi una serie di complessi riassortimenti genetici fra il virus influenzale aviario e quello umano, e la ricombinazione dia luogo cioè a ibridi virali in grado di diffondersi nella popolazione in maniera efficiente e stabile. Al momento attuale i virus influenzali aviari, per le loro caratteristiche antigeniche, patogenetiche, tropismo tissutale e specificità d'ospite, sono scarsamente capaci di replicarsi nell'uomo, come pure di trasmettersi da uomo a uomo.
Per questo motivo soprattutto questo anno viene fortemente raccomandato di vaccinarsi contro l'influenza stagionale anche alle persone che hanno maggiori possibilità di esposizione ad eventuali virus animali (es. gli allevatori).
E' opportuno ricordare che la previsione dell'avvento della pandemia, d'altra parte, non è legata direttamente all'attuale epidemia di influenza aviaria . Le pandemie, infatti, si verificano regolarmente nelle popolazioni umane a intervalli di anni variabili: le ultime in questo secolo sono state nel 1957 e nel 1968 per le quali i virus domanti erano ricombinanti di virus umani e aviari. Il tempo intercorrente tra una pandemia e la successiva non ha mai superato poche decadi. L'avvento di una potenziale pandemia era stato quindi già previsto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, già dagli inizi degli anni 2000. In Italia un primo piano di risposta era stato redatto già nel 2002 e ora si lavora all'aggiornamento e alla trasferibilità nei contesti dei servizi sanitari regionali. Certamente la contemporanea presenza di un'epidemia in ambito animale induce a mantenere alta l'attenzione.
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