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Tumori, un passo avanti nella comprensione della replicazione patologica
ISS 05/10/2013
Nell’intricato meccanismo di replicazione cellulare, esiste un sistema, chiamato checkpoint di fase S, programmato per far sì che tutto fili liscio. Può accadere, però, in presenza di condizioni patologiche, che questo sistema sia difettoso, come nel caso dei tumori, ossia in presenza di uno stato di stress replicativo
cronico. L’accumulo di difetti, ovvero di mutazioni in grado di alterare la funzione di alcune delle proteine chiave del checkpoint di fase S, fa sì che i tumori siano caratterizzati da una crescente instabilità genomica. Ed è proprio questa che il team di ricercatori, coordinati dal Dott. Pietro Pichierri e dalla Dott.ssa Annapaola Franchitto dell’ISS, in collaborazione con i colleghi della Prof.ssa Spies dell’Università dell’Iowa negli Stati Uniti, sono andati a studiare, riuscendo ad individuare le due proteine chiave responsabili della gestione di uno stato di replicazione patologica. L’indagine, supportata dall’AIRC e dall’AICR, viene oggi pubblicata su
Nel nostro studio - spiega Pichierri - abbiamo scoperto che cellule con alterata funzione del checkpoint di fase S (da noi alterate tramite l’inibizione di una delle proteine chiave di questa via molecolare, la chinasi CHK1) danno il via ad un meccanismo, non attivato in cellule normali, che prevede la funzione di due enzimi, chiamati RAD52 e MUS81, per supportare la sopravvivenza cellulare in condizione di stress replicativo. Tuttavia, l’azione di RAD52 e MUS81, sebbene garantisca la sopravvivenza di cellule deficienti per il checkpoint, determina anche un accumulo di instabilità cromosomica. Infatti, l’inibizione della via RAD52-MUS81 previene l’accumulo di instabilità genomica sin dalle prime fasi di sviluppo del tumore limitando la capacità di sviluppare ulteriori mutazioni
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Da qui lo spiraglio per una nuova terapia. I nostri risultati aprono la via a potenziali approcci terapeutici che limitino l’insorgenza dell’instabilità genomica oppure sinergizzino con essa per determinare una morte selettiva delle cellule tumorali, facendo cioè di queste vie molecolari un target terapeutico - conclude Pichierri - Inoltre, poiché gli inibitori di CHK1 cominciano ad essere valutati in terapia antitumorale, il nostro studio suggerisce che la contestuale inibizione di CHK1 e di MUS81/RAD52 possa rappresentare una più potente target therapy e la terapia preferenziale in quei tumori dove, per la presenza di mutazioni di CHK1, la monoterapia con gli inibitori di CHK1 non possa essere applicata
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