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Una tossina di Escherichia coli come possibile cura per la Sindrome di Rett
ISS 16 Aprile 2012
La speranza di giungere a una terapia efficace per malattie rare con deficit cognitivi e motori come la Sindrome di Rett può essere riposta in una tossina prodotta dal batterio Escherichia coli: il CNF1. Capire come e perché questa sostanza proteica di origine batterica funziona è un passo importante verso il suo impiego terapeutico e ora due studi - l'uno pubblicato oggi sulla rivista internazionale
Gli studi sono stati condotti dai gruppi coordinati da Carla Fiorentini e Fiorella Malchiodi-Albedi e da Gianni Laviola e Laura Ricceri dei Dipartimenti del Farmaco e di Biologia Cellulare e Neuroscienze dell’Istituto Superiore di Sanità.
Il filone di ricerca sul CNF1, potenziale farmaco innovativo
È il 1983 quando i batteriologi dell’ISS coordinati dal dottor Alfredo Caprioli identificano nei laboratori dell’Istituto la tossina CNF1. Da allora, le indagini sulle sue potenzialità non si sono mai interrotte e hanno portato a risultati significativi. Gli studi condotti in ISS dal gruppo guidato da Carla Fiorentini, in particolare, hanno permesso già alla fine degli anni Ottanta di definire i ruoli del CNF1, prima tossina batterica riportata essere in grado di riorganizzare un importante componente cellulare (il citoscheletro di actina) e di attivare le piccole proteine regolatorie che lo controllano (Rho GTPasi).
Nel corso degli anni, varie pubblicazioni hanno accompagnato le tappe della ricerca sul meccanismo d’azione di questa tossina, inizialmente focalizzata sul ruolo del CNF1 come fattore di virulenza e solo in questi ultimi anni incentrata sulla sua capacità di favorire la plasticità cerebrale tanto in animali sani quanto in modelli di malattia. Solo pochi mesi fa Journal of Neuroscience ha dato spazio a una ricerca nata dalla collaborazione tra il gruppo guidato da Matteo Caleo del CNR di Pisa con Alessia Fabbri e Carla Fiorentini dell’ISS, in cui si dimostra come la tossina sia in grado di stimolare la plasticità cerebrale nella corteccia visiva dell’animale adulto, in una fase della vita in cui questo normalmente non avviene.
L’idea di utilizzare il CNF1 come potenziale farmaco innovativo per il sistema nervoso centrale è oggetto di quattro brevetti internazionali ed è al centro di diversi progetti nazionali e internazionali. Sono inoltre in corso studi sull’effetto del CNF1 su altre due malattie rare e i risultati preliminari sono incoraggianti.
Cos’è la Sindrome di Rett
La Sindrome di Rett è una patologia progressiva dello sviluppo neurologico che insorge nei primi anni di vita. Colpisce prevalentemente le bambine, con un’incidenza stimata di circa 1 su 10.000 nati femmina. Si può manifestare all’improvviso tra i 6 e i 24 mesi di vita, dopo uno sviluppo prenatale e perinatale nella norma. La malattia si associa a gravi compromissioni motorie, comportamenti di tipo autistico e disabilità intellettiva. Nel 1999 è stato identificato il gene MeCP2 come responsabile della forma classica della malattia; in seguito, sono stati scoperti altri due geni responsabili: CDKL5 e FOXG1. Quando la malattia si manifesta, nelle bambine si osserva un arresto dello sviluppo seguìto da una regressione. Si riducono le capacità comunicative mentre compaiono segni di autismo. Inoltre, in questo primo stadio, le bambine cominciano a mostrare alcuni comportamenti ricorrenti (ad esempio movimenti incontrollati delle mani, digrignamento dei denti, irregolarità del respiro). La Sindrome di Rett è caratterizzata da ampia eterogeneità clinica e, oltre alla forma classica, sono state descritte almeno cinque varianti. Al momento non esiste cura alcuna, ed è per questo fondamentale la ricerca sui possibili approcci terapeutici.
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