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Diabete, pazienti allo specchio
Qualche chilo di troppo, scarsa attività fisica e, sullo sfondo, il vizio della sigaretta. Il ritratto del diabetico italiano che viene fuori dall'indagine QUADRI (Qualità dell'Assistenza ai Diabetici nelle Regioni Italiane), coordinata dall'ISS, è quello di un paziente non ancora perfettamente in grado di controllare una malattia che inevitabilmente richiede una modifica del proprio stile di vita. Non sempre la consapevolezza dei rischi, infatti, basta a modificare abitudini e comportamenti.
Lo studio, condotto dall'Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con le Regioni, i responsabili delle aziende sanitarie e le società scientifiche, e presentato oggi, primo ottobre, all'ISS nel corso del convegno 'Servizi diabetologici in Italia. Indicazioni degli utenti', ha evidenziato che ben sette diabetici su dieci risultano in sovrappeso, che solamente cinque su dieci svolgono abitualmente attività fisica e che sono ancora troppi, uno su quattro, quelli che fumano. Pochi, inoltre, conoscono il 'piede diabetico', ovvero l'importanza di controllare quotidianamente la condizione dei propri piedi per evitare ulcere e lesioni che potrebbero portare all'amputazione.
Insomma, la complessità della gestione della malattia sembra mettere ancora in difficoltà molte delle persone afflitte da diabete, che potrebbero avere bisogno di maggiori informazioni, del supporto di un counselling mirato e, soprattutto, di quella rivoluzione di atteggiamento che fa oggi del malato cronico il protagonista del proprio mantenimento in salute. Ed è questa, probabilmente, la cosa più difficile, se è vero, come evidenziano i dati, che talvolta il malato non modifica il proprio atteggiamento pur essendo consapevole della pericolosità di determinati comportamenti e stili di vita: circa un diabetico su tre, infatti, ha affermato di aver sofferto almeno di una complicanza della malattia e uno su cinque di aver subìto un ricovero ospedaliero nell'ultimo anno. Diversa la percezione dell'assistenza ricevuta, complessivamente buona per l'80% dei pazienti.
Lo studio, che si inserisce nel Piano di lungo termine realizzato per far fronte alle quattro priorità sanitarie indicate dal Ministro della Salute, una delle quali è appunto il diabete, è il primo ad aver analizzato il problema dal punto di vista dei pazienti, coinvolgendo più di 3200 persone, residenti nelle 21 Regioni italiane e Province autonome, scelte tra i diabetici di età compresa tra i 18 e i 64 anni (affetti in maggioranza da diabete di tipo II). Si tratta, inoltre, della prima ricerca sullo stato di cura del diabete estesa a tutto il territorio nazionale.
I numeri della malattia
Il 70% del campione è affetto da diabete da 5 anni o più, e al 28% di loro è stato diagnosticato prima dei 40 anni. La maggioranza (63%) è in cura presso un centro diabetologico, seguito da un 31% che si affida al medico di medicina generale (MMG). Tra le terapie, gli antidiabetici orali da soli sono risultati la più comune (60% dei casi), solo il 27% fa uso di insulina (o insulina con antidiabetici orali). Quasi uno su tre (30%) ha avuto almeno una complicanza: il primato spetta alla retinopatia, di cui è vittima il 18% della popolazione diabetica italiana. Seguono le complicanze vascolari, riferite dal 12% degli interpellati. Più rare invece le complicanze renali (4%), l'ictus (3%) e le amputazioni (1%). Il ricovero - descrivono gli stessi pazienti - nell'ultimo anno ha riguardato solo uno di loro su sei. La media nazionale registra il 18%.
I fattori di rischio
Su tre fattori che aumentano il rischio di complicanze e mortalità tra i diabetici, e cioè ipertensione, ipercolesterolemia e obesità, la maggioranza del campione (il 73%) dichiara di averne almeno uno, quasi la metà (42%) lamenta anche due disturbi. Solo il 28% dei pazienti intervistati ha un indice di massa corporea normale, mentre il 40% è in sovrappeso e più del 30% addirittura obeso. Ed è proprio sul fronte dei fattori di rischio che lo spazio per migliorare la prevenzione è ancora ampio. In particolare, se tra i pazienti ipertesi le cose vanno tutto sommato bene, con un 86% del campione che adotta una terapia adeguata, tra quelli che hanno il colesterolo alto, solo poco più della metà (51%) è in trattamento. Le difficoltà sono ancora più marcate tra gli obesi che, pur avendo ricevuto quasi sempre il consiglio di dimagrire, solo nella metà dei casi riescono effettivamente a mettere in campo delle iniziative per ridurre l'eccesso di grasso corporeo. Non tutti i pazienti ipertesi, poi, adottano una terapia adeguata.
Lo stile di vita
Anche sul fronte delle abitudini di vita c'è ancora spazio per migliorare. Nel mirino, in primo luogo, il fumo. Pur essendo consapevoli che il fumo aggrava il rischio di complicanze, aumentando soprattutto il rischio di malattie cardiovascolari e ictus, più di un paziente su quattro fuma. Dato questo ancora più significativo se confrontato ai valori riscontrati nella popolazione generale, dove le proporzioni non cambiano di molto. Anche l'attività fisica non riscuote ancora quell'adesione che sarebbe auspicabile. Quasi sempre consapevoli che praticando attività fisica, anche moderata, riuscirebbero a mantener un buon controllo della glicemia e a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, i pazienti diabetici raramente fanno sport. Uno su tre, infatti, è completamente sedentario, mentre pochi svolgono un'attività fisica almeno tre o quattro volte alla settimana.
I controlli medici
Meno della metà, il 49%, ha fatto almeno una visita dal medico di medicina generale o dal diabetologo nell'ultimo semestre, come invece sarebbe di fondamentale importanza per identificare precocemente le complicanze. Più attenzione alla vista: il 58% dei pazienti ha eseguito un esame del fondo oculare, necessario per tenere sotto controllo le condizioni che possono portare alla cecità. Pochi, invece (il 42%), hanno fatto il vaccino anti-influenzale nell'ultimo anno, nonostante per i diabetici l'influenza possa svilupparsi in forme più gravi, talora mortali, rispetto al resto della popolazione. Infine, solo due intervistati su tre hanno sentito parlare dell'HbA1c o emoglobina glicosilata, un test che consente di conoscere il livello medio della glicemia negli ultimi tre o quattro mesi e che è, dunque, il miglior indice disponibile per seguire nel tempo il controllo metabolico della malattia e l'insorgenza di complicanze. Tra chi lo conosce, sono appena i 2/3 ad averlo eseguito negli ultimi tre o quattro mesi, come invece raccomandano le linee guida.
Il 'piede diabetico'
Solo un diabetico su due conosce a fondo la propria malattia e appare in grado di studiarne giornalmente i sintomi. E' il caso del controllo giornaliero dei piedi, essenziale per la prevenzione del 'piede diabetico' (cioè con lesioni neurologiche e vascolari che, se associate ad alterazioni della funzione del piede, possono degenerare in ulcere, infezioni profonde e cancrena, fino all'amputazione), pratica nota solo a 49 intervistati su 100. E, tra quanti la conoscono, l'auto-ispezione quotidiana è praticata solo dal 43%.
La qualità dell'assistenza
La grande maggioranza dei pazienti (più del 90%) è soddisfatta dei servizi loro offerti. In particolare gli orari sono ritenuti adeguati, i locali facilmente accessibili e gli operatori sanitari cortesi e disponibili, pronti all'ascolto oltre che chiari nelle spiegazioni. L'organizzazione complessiva dei servizi trova d'accordo nel giudizio positivo oltre l'80% del campione. Peccato per i ritardi: nei centri diabetologici di alcune Regioni, un paziente su tre è costretto a oltre un'ora d'attesa prima di ricevere una prestazione medica, nonostante il fatto che più dell'80% dei Centri lavori 'su prenotazione'.
Conclusioni
L'educazione all'autogestione del diabete e l'osservanza di comportamenti sani rappresentano un aspetto centrale di qualsiasi strategia terapeutica. I risultati dello studio QUADRI hanno indicato aree dove è necessario migliorare l'informazione e l'educazione dei pazienti diabetici per indurre opportuni cambiamenti nei comportamenti.
<*>E' necessario garantire l'informazione laddove le conoscenze sono apparse scarse: emoglobina glicata, controllo dei piedi, gestione dell'ipoglicemia, conoscenza del sovrappeso.*>
<*>E' necessario rimodulare le forme della comunicazione rispetto ai corretti stili di vita: nonostante l'informazione sia diffusa (più del 90% è informato su fumo, controllo del peso, corretta attività fisica ed alimentazione ponderata), i comportamenti reali dimostrano l'inefficacia degli attuali interventi educativi.*>
<*>Vi sono sempre maggiori evidenze che il modo più efficace per l'educazione all'autogestione del diabete è tramite interventi presso centri di aggregazione comunitaria.*>
Esistono comunque le condizioni per migliorare ulteriormente la qualità dell'assistenza, diminuire le complicazioni e promuovere una qualità di vita migliore delle persone con diabete, in particolare per la percezione del buon rapporto che gli intervistati hanno dichiarato di avere con i MMG e i diabetologi, per l'accessibilità e la qualità delle cure fornite dalle strutture che se ne fanno carico.
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