La dieta degli italiani: cala la qualità e aumenta il consumo di cibi ultra-processati

UFFICIO STAMPA
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E' aumentato in Italia il consumo di alimenti ultra-processati (UPF), che sebbene in termini di peso rappresentino solo il 6% del totale del cibo consumato, contribuiscono al 23% dell’apporto energetico giornaliero. E' uno dei risultati di uno studio coordinato da Laura Ross,i Direttrice del Reparto Alimentazione, Nutrizione e Salute dell’Istituto superiore di sanità che ha analizzato l’evoluzione dei consumi alimentari degli italiani negli ultimi 15 anni. La ricerca è stata appena pubblicata dalla rivista Frontieres in Nutrition.
"I risultati della nostra ricerca - dice Rossi - indicano un lieve peggioramento dell’aderenza alle raccomandazioni, con un eccesso di consumi di alimenti di origine animale, in particolare la carne rossa e i salumi, e uno scarso consumo di alimenti vegetali e in particolare di fonti di proteine vegetali, come i legumi. Tendiamo a criminalizzare i carboidrati e a consumare molti alimenti voluttuari come snack dolci e salati, vino e birra. In particolare questo è vero per gli adulti, mentre per gli anziani e le donne la situazione è lievemente migliore".
"A guidare questa tendenza negativa - aggiunge l'esperta - è l’aumento del consumo di alimenti ultra-processati (UPF), che sebbene in termini di peso rappresentino solo il 6% del totale del cibo consumato, contribuiscono al 23% dell’apporto energetico giornaliero”.
La qualità della dieta: possiamo migliorare
Gli autori dello studio hanno valutato la qualità della dieta degli italiani sulla base di dati raccolti tra il 2005–2006 e tra il 2018–2020 su un campione di 2.313 adulti e 290 anziani nel 2005-2006, e 726 adulti e 156 anziani nel 2018-2020 con una proporzione del 50% tra maschi e femmine, utilizzando l’Adherence to Italian Dietary Guidelines Indicator (AIDGI) e il World Index for Sustainability and Health (WISH2.0). I punteggi ottenuti applicando i due indicatori si attestano intorno al 50% del massimo teorico, un dato che indica chiaramente l’esistenza di ampi margini di miglioramento della nostra alimentazione.
Gli anziani e le donne mangiano meglio di adulti e giovani
Sulla base dei risultati dello studio gli italiani tra i 65 e i 74 anni, in particolare le donne, seguono abitudini alimentari più sane di quanto non facciano gli adulti (18–64 anni). E mentre nel tempo gli anziani hanno migliorato la loro alimentazione (+5,6% AIDGI e +2,8% WISH2.0), gli adulti hanno mostrato un peggioramento della dieta (−5,9% AIDGI e −5,1% WISH2.0).
I cibi ultra-processati
“Un altro dato significativo emerso dalla ricerca – riprende Rossi -riguarda il cambiamento nel consumo di alimenti processati ossia quegli alimenti molto lavorati soprattutto a livello industriale e che hanno additivi, coloranti ecc…: sebbene gli alimenti ultra-processati (UPF) rappresentino solo il 6% del consumo alimentare totale in termini di peso nel 2018-2020, essi contribuiscono al 23% dell'apporto energetico totale. Inoltre, nei 15 anni esaminati nel lavoro la loro percentuale di apporto energetico è quasi raddoppiata rispetto al 2005-2006 (consumo 5%; energia 12%). Gli alimenti ultra-processati che troviamo più frequentemente sulle nostre tavole sono le bevande zuccherate, gli snack dolci come merendine o biscotti, e salati, quali per esempio patatine fritte, caramelle, cioccolatini, carne e pesce trasformati, piatti pronti”.
UFP in crescita, ma non limitarsi a demonizzarli. E' necessaria una strategia di sanità pubblica
“La categoria degli alimenti ultra-processati – riprende e conclude la Direttrice del Reparto Alimentazione Nutrizione e Salute dell’Iss - comprende una vasta gamma di prodotti, la cui eterogeneità compositiva e tecnologica rende difficile un giudizio univoco sul loro impatto sulla salute. In Italia, dove il consumo di UPF è ancora relativamente contenuto ma in crescita, le Linee guida nutrizionali dovrebbero evolvere verso un approccio più sfumato, che non si limiti a demonizzare il livello di trasformazione, ma valorizzi la qualità nutrizionale e la matrice alimentare. I dati mostrano infatti che alcuni sottogruppi di UPF, come i cereali integrali o le alternative vegetali alla carne, possono persino associarsi a un rischio inferiore per la salute rispetto ad altri come le bevande zuccherate o certi prodotti animali ultra-processati. Questo indica la necessità di una strategia di sanità pubblica che non sia binaria, ma che consideri anche gli ingredienti, i pattern di consumo e i contesti culturali dell’alimentazione.
5 indicazioni dall'Iss
Le indicazioni possono essere riassunte in pochi punti essenziali:
• Non evitare tutti gli UPF a prescindere: è bene sempre leggere le etichette e valutare cosa c'è dentro, prediligendo la scelta di alimenti freschi.
• Preferiamo UPF senza zuccheri aggiunti, con poco sale e con meno additivi.
• Usiamo gli UPF in modo oculato e non sempre come sostituti abituali degli alimenti freschi.
• Riduciamo gradualmente il consumo di bevande zuccherate o dolcificate.
• Prestiamo attenzione anche a zucchero, sale e grassi saturi in prodotti apparentemente “non processati” o tradizionali.