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Indietro 1 ottobre Giornata Internazionale delle persone anziane

a cura di Benedetta Contoli, CNaPPS - Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute dell'Istituto Superiore di Sanità

Iss 30 settembre 2022

"La resilienza delle persone anziane in un mondo che cambia". Questo è il tema della giornata internazionale delle persone anziane, l'1 di ottobre.

La pandemia COVID-19 ha aggravato le disuguaglianze esistenti e negli ultimi tre anni ha intensificato gli impatti socioeconomici, ambientali, sanitari e climatici sulla vita delle persone anziane, in particolare delle donne anziane, che costituiscono la maggioranza degli anziani.

Dare spazio alle persone anziane in tutte le dimensioni dello sviluppo, compresa la promozione della loro partecipazione attiva alla vita sociale, economica e politica, è un modo per garantire la loro inclusività e ridurre le disuguaglianze.

I dati raccolti dalla sorveglianza PASSI d’Argento, permettono di descrivere nel tempo e nei diversi territori del nostro Paese molti aspetti peculiari della popolazione generale con 65 anni e più, con uno sguardo nuovo al fenomeno dell’invecchiamento questo sistema raccoglie informazioni non solo su salute e bisogni di cura e di assistenza delle persone anziane ma “misura” anche il contributo che le persone ultra 65enni offrono alla società fornendo sostegno all’interno del proprio contesto familiare, e della comunità.

L’aggiornamento dei dati al 2021 offre quindi anche l’opportunità di valutare l’impatto che l’emergenza sanitaria legata al COVID-19 può aver avuto proprio sulla partecipazione alla vita sociale, sulla possibilità di continuare ad essere una risorsa per la famiglia e la collettività, sul rischio di isolamento sociale oltre che più in generale sulla salute e qualità di vita di questa importante fascia della popolazione.

Dai dati di PASSI d’Argento 2020-2021 emerge che il 27% degli anziani intervistati rappresenta una risorsa per i propri familiari o per la collettività: il 18% si prende cura di congiunti, il 13% di familiari o amici con cui non vive e il 5% partecipa ad attività di volontariato. Questa capacità/volontà di essere risorsa è una prerogativa femminile (31% fra le donne vs 22% negli uomini) e si riduce notevolmente con l’avanzare dell’età (coinvolge il 34% dei 65-74enni ma appena l’11% degli ultra 85enni), è minore fra le persone con un basso livello di istruzione e tra chi ha difficoltà economiche.

La partecipazione a eventi sociali, come gite o soggiorni organizzati, o la frequentazione di corsi di formazione coinvolge solo il 14% degli ultra 65enni, in egual misura uomini e donne.

Svolgere un’attività lavorativa retribuita è poco frequente (8%) ed è più frequente fra gli uomini (12% vs 5%) e fra le persone con un più alto titolo di studio (11% vs 3%).

Con la pandemia si è ridotta significativamente la partecipazione alla vita sociale (gite e soggiorni organizzati e altri eventi sociali in presenza vengono di fatto annullati dalle misure di contenimento del contagio) ma si è ridotta significativamente anche l’opportunità per gli ultra 65enni di rappresentare una risorsa per la propria famiglia e/o per la società. Infatti dopo un trend in crescita della quota di “anziano risorsa” che si osservava negli anni precedenti, nel biennio 2020-2021 la quota di ultra65enni che offrono il loro aiuto alla famiglia e alla collettività si riduce. Le restrizioni imposte per il contenimento dell’epidemia da COVID-19 ma presumibilmente anche la volontà di tutelare i propri cari più anziani dal rischio contagio che ha indotto molte le famiglie e i singoli a rinunciare al prezioso aiuto offerto dai più anziani, sono alla bassa di questi risultati.

La condizione di isolamento sociale, non mostra significative differenze di genere, ma è più frequente fra gli ultra 85enni (33% vs 9% fra i 65-74enni), tra chi ha un basso livello di istruzione (25% vs 9% fra persone più istruite) e maggiori difficoltà economiche (31% vs 12% fra chi non ne ha) e fra i residenti nel Regioni meridionali (20% vs 15% nel Centro e 10% nel Nord). Negli ultimi anni si andava osservando una lenta ma costante riduzione della quota di persone a rischio di isolamento sociale e fortunatamente la pandemia di COVID-19 sembra non aver arrestato questa discesa, ma certamente l’ha rallentata. L’analisi delle due componenti dell’isolamento sociale, mostra un calo significativo della quota di persone che ha partecipato ad attività aggregative o incontri collettivi (che scende dal 29% del biennio pre-pandemico 2018-2019 al 23% nel 2020-2021), ma la quota di persone che riferisce di aver avuto comunque la possibilità di fare una chiacchierata con qualcuno sale dall’81% all’84%.

Per promuovere e sostenere l’invecchiamento è necessario considerare vari aspetti come i contesti di vita, le relazioni, le abitudini e l’accesso alla prevenzione e alle cure.

Nel biennio 2020-2021 il 27% degli ultra 65enni intervistati ha dichiarato di avere difficoltà (qualche/molte) nell’accesso ai servizi sanitari (ASL, medico di famiglia e farmacie). Queste difficoltà sono più frequentemente riscontrate fra le donne (34% vs 20% degli uomini), fra le persone meno istruite (46% vs 16% di chi ha almeno concluso le scuole medie) e con molte difficoltà economiche (58% vs 19% di chi non ne ha).

La prospettiva per un invecchiamento inclusivo va inteso in uno scenario ampio: da un lato è necessario assicurare la socialità, la partecipazione attiva alla collettività e ridurre le condizioni di isolamento sociale; dall'altro, è importante tutelare il diritto alla salute con un accesso ai servizi sanitari che promuovono la diagnosi precoce delle malattie e garantiscono cure e assistenza sanitaria.


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