Comunicati stampa
Sicurezza alimentare e cambiamenti climatici: problemi e prospettive in un convegno all’ISS
ISS 4 / 11 / 2008
Il sistema agricolo industrializzato è uno dei principali imputati della sempre maggiore vulnerabilità del clima. Il motivo? Le monocolture, l’uniformità genetica dovuta all’ utilizzo degli Ogm, i trasporti a lunga distanza, l’uso intensivo dell’acqua, così come le pratiche di allevamento intensivo finalizzate alla selezione di animali che diano le massime rese, possono provocare, e in alcuni casi lo hanno già fatto, contaminazione ambientale e desertificazione.
C’è poi la questione dei biocarburanti. Molte coltivazioni, infatti, sono state convertite sottraendo milioni di tonnellate di alimenti all’alimentazione umana. Per avere un’idea, basti considerare che solo nel 2006 100 milioni di tonnellate di cereali sono state utilizzate nel settore energetico piuttosto che in quello alimentare. Questo tipo di combustibile dovrebbe invece essere prodotto a partire da piante non alimentari, rifiuti agricoli e avanzi vegetali, e non da colture alimentari. Ciò permetterebbe di evitare aumenti massicci del prezzo dei cereali, aggravando di conseguenza il problema della fame nel mondo. Che colpisce oggi 854 milioni di persone, a cui si aggiungeranno nel 2025, se la situazione non cambierà, altri 600 milioni di affamati.
La soluzione, o se non altro un contributo fondamentale, può giungere dalla cosiddetta filiera corta
nello spazio e nel tempo, una produzione cioè orientata ai consumi locali o d’area. Ciò presuppone un’agricoltura più attenta alla sostenibilità ambientale e più rispettosa della biodiversità. La diversità genetica, infatti, proteggendo la biodiversità, permette di per sé maggiori possibilità di resistenza prima e di adattamento poi ai cambiamenti climatici. Un tipo simile di agricoltura, inoltre, destinando gran parte dei suoi prodotti al territorio, ridurrebbe i consumi energetici per i trasporti e il consumo di acqua, in quanto diminuirebbe la richiesta di irrigazione intensiva.
Cambiamenti climatici, le conseguenze sull’agricoltura e sulla sicurezza alimentare
Per quanto riguarda l’agricoltura, i cambiamenti climatici potrebbero portare ai seguenti effetti:
- alterazione dello sviluppo colturale con modificazione dei ritmi stagionali di crescita;
- possibile peggioramento della qualità dei prodotti e diminuzione delle rese;
- maggiore incidenza dei processi di degrado dei suoli e perdita di fertilità;
- aumento dei fabbisogni irrigui;
- maggiore difficoltà di rinnovo delle risorse idriche;
- aumento del carico dei parassiti e del numero delle loro generazioni nella stagione colturale;
- introduzione e acclimatamento di nuovi parassiti;
- maggiore competizione esercitata dalla flora infestante;
- maggiore salinizzazione delle falde e dei terreni.
Le pratiche agricole e di allevamento intensive che hanno ottenuto indubbi vantaggi economici e sociali, sono tuttavia all’origine di alcuni effetti negativi, quali la contaminazione ambientale da sostanze chimiche, il degrado di alcuni territori con la desertificazione, l’alterazione degli equilibri territoriali con il mancato recupero delle deiezioni animali.
La comunità scientifica è oggi chiamata ad elaborare strategie di intervento indirizzate sì all’incremento della produzione degli alimenti, ma attraverso tecniche innovative, e individuando per tempo i potenziali pericoli per gli esseri viventi e l’ambiente in generale. Una strada sicuramente importante da portare avanti riguarda la ricerca finalizzata a:
- migliorare l’utilizzazione delle risorse;
- perfezionare la catena della conservazione;
- rivedere la catena di distribuzione;
- privilegiare allevamenti in cui gli animali non siano competitivi con l’uomo;
- verificare che i criteri di sicurezza attuali siano validi per il futuro.
Sala Stampa
pres Primo Piano