ISS per COVID-19
Ricerca, l'ISS studia alcuni sottotipi del virus H7N3 a bassa patogenicità
Alcuni sottotipi del virus dell'influenza aviaria a bassa patogenicità sono in grado di infettare l'uomo. E' quanto hanno osservato i ricercatori italiani dell'Istituto Superiore di Sanità, dopo aver analizzato 983 campioni di sangue prelevati da addetti al settore avicolo di regioni del Nord Italia, interessate da epizoozie di influenza aviaria, causate da virus di sottotipo H7 e verificatesi tra il 1999 e il 2003 negli allevamenti di pollame domestico. Lo studio uscirà il 1 ottobre sul Journal of Infectious Diseases.
"Fino ad oggi" - afferma Isabella Donatelli, virologa dell'ISS e principale autore dello studio - "tutti i casi di infezione umana riportati in Asia, in Canada e nei Paesi Bassi sono stati associati a virus ad alta patogenicità e tutte le indagini svolte finora hanno cercato di studiare l'abilità di tali virus, come l'ormai noto H5N1 che circola nei Paesi del Sud - Est asiatico, di compiere il temuto salto di specie, di passare cioè dagli animali all'uomo, provocando una potenziale pandemia. Noi siamo riusciti a dimostrare per la prima volta scientificamente, mediante l'utilizzo di nuovi e specifici test sierologici, che virus influenzali aviari a bassa patogenicità, appartenenti al sottotipo H7, sono in grado di infettare l'uomo, inducendo una risposta immunitaria specifica. La trasmissione all'uomo, pur in assenza di sintomi clinici, potrebbe creare le condizioni ideali per lo scambio di segmenti genici tra virus influenzali aviari ed umani, favorendo la comparsa di un nuovo virus influenzale potenzialmente patogeno per l'uomo e facilmente trasmissibile mediante trasmissione interumana".
Nell'ambito delle epidemie studiate, che hanno coinvolto 2 sierotipi di virus H7N1 ed H7N3, sette soggetti, esposti ai più recenti focolai di virus H7N3 a bassa patogenicità, sono risultati sieropositivi per quest'ultimo sottotipo. Questi soggetti, lavoratori degli allevamenti di due differenti località del Nord Italia, venuti a stretto contatto con il pollame infetto, non presentavano sintomatologia associata all'infezione.
"Questo non significa che il passaggio dall'animale all'uomo sia certo e imminente" -prosegue la dott.ssa Donatelli - "anzi i virus influenzali aviari, per le loro caratteristiche antigeniche, patogenetiche e di specificità dell'ospite, sono scarsamente capaci di replicarsi nell'uomo. Prova ne è che l'H5N1, pur circolando dal 1997 nelle regioni del Sud-Est Asiatico , non ha ancora subito modificazioni tali da renderlo facilmente trasmissibile all'uomo. Tuttavia, il nostro studio invita a non abbassare la guardia e a migliorare i piani di sorveglianza dell'influenza aviaria nelle specie animali suscettibili, anche in presenza di infezioni da virus aviari a bassa patogenicità".
Inoltre, va avanti la ricercatrice, "le tecniche sierologiche che abbiamo utilizzato nell'indagine costituiscono uno strumento efficace per evidenziare i possibili casi di trasmissione dell'influenza aviaria all'uomo anche in assenza di una sintomatologia conclamata.. Riteniamo che, alla luce delle evidenze da noi riportate, per prevenire fenomeni di riassortimento genetico tra virus influenzali umani ed aviari, sia da ribadire la necessità della vaccinazione antiinfluenzale per le categorie di lavoratori esposti al contagio come già indicato nelle circolari ministeriali degli ultimi anni. L'Italia infatti è stato il primo paese europeo ad inserire i lavoratori del settore avicolo tra le categorie per le quali è raccomandata la vaccinazione antiinfluenzale annuale. Vorrei infine sottolineare che questa ricerca è stata svolta con il finanziamento dei progetti di ricerca dell'Unione Europea e con il contributo essenziale di ricercatori e Istituti veterinari, a dimostrazione della necessità di un sempre maggiore coordinamento tra i settori della sanità pubblica umana e veterinaria come più volte raccomandato anche dall'OMS per una efficace strategia di prevenzione delle pandemie influenzali".
Sala Stampa
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