In rilievo
L’utilizzo delle deroghe per arsenico, fluoro e boro nelle acque destinate a consumo umano
ISS 05/04/2013
di Loredana Musmeci, direttore del Dip. Ambiente e connessa prevenzione primaria
La sicurezza igienico-sanitaria delle acque destinate al consumo umano costituisce un'azione fondamentale per la prevenzione collettiva della salute. La dir 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano stabilisce per diversi parametri valori limiti specifici, adeguati a garantire che le acque possano essere consumate in condizioni di sicurezza nell’intero arco della vita. I valori limite sono fondati sugli orientamenti stabiliti dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms); come ribadito nelle Linee guida per la Qualità delle Acque Potabili (4 ediz, 7/2011) dalla stessa Oms, deviazioni al di sopra dei valori guida nel breve o lungo termine non significano necessariamente che il consumo delle acque abbia impatto sulla salute del consumatore. L’entità ed il periodo per il quale un certo valore guida potrebbe essere superato nelle acque potabili senza effetti sulla salute dipende dalla specifica sostanza in questione, dai margini di sicurezza adottati e dagli specifici contesti di esposizione complessiva ai diversi contaminanti, tenendo in particolare conto eventuali gruppi sensibili di popolazione.
Su tali basi, a livello europeo, è stato definito l’Istituto della deroga
(art. 9 della direttiva, recepito con art. 13 del D.Lgs. 31/2001), per gestire in sicurezza e sotto adeguato controllo circostanze di superamento sistematico di valori per determinati parametri, correlabili per lo più alla presenza nelle acque di elementi minerali di origine geologica; la concessione della deroga è infatti subordinata alla prescrizione ed implementazione delle opere necessarie a ripristinare la qualità dell’acqua nel tempo, opere generalmente di notevole rilevanza strutturale ed economica che richiedono tempi di realizzazione di medio-lungo periodo.
Lo strumento della deroga è stato largamente utilizzato in Italia interessata inizialmente per cinque regioni e dieci parametri per risolvere problematiche ricorrenti in numerosi acquiferi contaminati da parametri di origine geogenica, anche in ragione della frammentazione dei sistemi acquedottistici e delle impossibilità di ricorrere ad approvvigionamenti alternativi nel medio-lungo periodo, data l’estensione delle contaminazioni nelle falde. In particolare per l’arsenico, molte circostanze di non conformità sono state determinate dall’introduzione in direttiva di valori di parametro significativamente più restrittivi dei preesistenti limiti, in base all’approfondimento delle conoscenze scientifiche sul rischio correlato alla natura del contaminante e dell’applicazione del principio di precauzione.
In molti territori il rientro per i parametri oggetto di non conformità nelle acque ai valori della direttiva è stato attuato entro due successivi trienni di deroga concessi sotto l’egida nazionale (2003-2006-2009), tuttavia alcune circostanze eccezionali relative a tre parametri (arsenico, fluoro e boro), in aree più o meno circoscritte di cinque Regioni e due Provincie autonome, hanno richiesto un ulteriore terzo triennio di deroga (2010-2012). Quest’ultimo è stato concesso dalla Ce in seguito ad una rigorosa valutazione dei rischi da parte del Comitato scientifico dell’Ue sui rischi per la salute e l’ambiente (Scher) e facendo salvi gruppi sensibili di popolazione come i bambini di età inferiore ai tre anni per i quali il consumo di acque in deroga poteva rivestire effetti sanitari. Nel caso dell’arsenico è importante evidenziare che alla forma inorganica, rinvenibile nelle acque, si associano con certezza molteplici importanti azioni tossiche tra le quali effetti cancerogeni a carico di diversi organi e che, tuttavia, sussistono difficoltà e incertezze nella caratterizzazione del rischio posto dall’arsenico nella catena alimentare e nella definizione di livelli di sicurezza nelle acque nel breve e lungo periodo. In tale contesto, pertanto, per le acque destinate al consumo umano e con particolare riferimento alle criticità tuttora esistenti sul territorio nazionale, sono adottate misure di massima precauzione anche in considerazione della durata ed intensità dell'esposizione pregressa.
Alla scadenza del regime di deroga, sulla base dei recenti dati forniti dalla Regione Lazio, sussistono ancora non conformità sistematiche per fluoro e arsenico in diverse aree. Nel caso dell’arsenico, le non conformità riguardano circa 260.000 abitanti, residenti in 45 comuni della provincia di Viterbo e cinque comuni in provincia di Roma. Tale circostanza rende di massima urgenza l’implementazione di azioni di rientro ai valori di parametro nel più breve periodo, richiedendo, contestualmente, l’adozione di limitazioni d’uso per acque non conformi, stabilite dal Ministero della salute in base alle raccomandazioni del Consiglio superiore di sanità ed alle indicazioni dell’Iss.
Nel contesto delle deroghe per le acque destinate al consumo umano, l’impegno dell’Istituto, ha visto primariamente coinvolto il Dipartimento di Ambiente e prevenzione primaria, in sinergia con il Ministero della salute – Direzione generale della prevenzione indirizzandosi a fornire supporto tecnico-scientifico nell’ambito delle azioni di valutazione e gestione dei rischi condotte a livello europeo, nazionale e locale, anche con pareri aggiornati allo stato delle conoscenze discussi in sede di Consiglio superiore di sanità. Prendendo atto di un mancato rientro alla scadenza delle deroghe, l’Iss, nel richiamare nelle diverse sedi l’urgenza di azioni di rientro ai valori di parametro nel più breve periodo, continua a coadiuvare le Autorità territoriali nella sorveglianza e mitigazione dei rischi e l’Autorità sanitaria centrale nei rapporti con la Ce in materia. Particolare attualità riveste, a tale proposito, la possibilità di implementare una forma di Partnership implementation agreement (Pia)
sotto l’egida della Ce, che nel rispetto del cronoprogramma di azioni definito ed in corso di implementazione da parte della Regione Lazio, prevede l’aggiornamento degli stati di avanzamento per garantire la conformità delle acque ai valori parametrici stabiliti dal D.Lgs. 31/2001 e s.m.i., sui quali la popolazione deve essere adeguatamente informata.
Una valutazione critica sull’esperienza delle deroghe per le acque destinate a consumo umano in Italia deve partire dall’evidenza che, in generale, questo strumento normativo, in accordo con la sua ratio legis, ha consentito di superare problematiche di contaminazioni per le quale misure diverse avrebbero comportato rischi più gravi per le popolazioni interessate. Nell’esercizio dei contesti emergenziali nei regimi di deroga, sono state infatti adottate misure di gestione del rischio costantemente aggiornate allo stato delle conoscenze ed alla sorveglianza della contaminazione nei territori interessati, basate sulle più recenti indicazioni delle agenzie internazionali e della letteratura scientifica, ed integrate con informazioni e valutazioni scientifiche nazionali; valga ad esempio il caso dell’esame da parte del Consiglio superiore di sanità di importanti dati epidemiologici raccolti nelle aree ove le acque contribuiscono significativamente all’esposizione ad arsenico inorganico. Sono anche da valutare positivamente le realizzazioni di opere importante nell’ambito delle azioni correttive per il rientro dalle deroghe come il più importante impianto al mondo per la rimozione del boro, per tecnologie e volumi di acque trattate, il primo e secondo impianto in Europa per la rimozione dell’arsenico, rispettivamente nel Lazio e Toscana, e i sistemi di ultima generazione per la rimozione del fluoro implementati nel Lazio, opere che testimoniano la sussistenza delle caratteristiche di eccezionale circostanza alla base della concessione della terza deroga da parte della Ce.
D’altro canto è da evidenziare come l’utilizzo diffuso delle misure di deroga in Italia ― sia per regioni interessate che per estensione territoriale e temporale ― anche se dovute alle criticità di molti territori e sistemi idrici, i mancati rientri dal terzo regime di deroga in molti territori con conseguenti restrizioni d’uso delle acque, ed il verificarsi in talune aree e soprattutto negli anni pregressi di inadeguate comunicazioni tra istituzioni e portatori di interesse, hanno causato importanti disagi alle popolazioni ed hanno influito negativamente e diffusamente sulla percezione dei rischi e talvolta sulla credibilità delle istituzioni territoriali. La risposta a tali criticità è in primo luogo correlata all’esecuzione rapida delle azioni pianificate ed in corso di implementazione nella Regione Lazio, delle quali la popolazione deve essere tempestivamente ed esaustivamente informata.
Come più generale conclusione, l’esperienza delle deroghe indica come le azioni di prevenzione sanitaria collettiva, oltre che alla risposta alle diverse emergenze
, debbano essere orientate ad una valutazione integrata dei rischi correlati all’utilizzo delle acque nei diversi territori, al fine di garantire il più elevato livello di tutela della salute e la migliore efficienza di utilizzo delle risorse.
Sala Stampa
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