In rilievo
Annegamenti in Italia: i dati dell’ISS sui tratti di costa più pericolosi
Iss 19 luglio 2012
Gli incidenti di annegamento colpiscono in Italia circa 400 persone l’anno. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità tuttavia evidenziano una forte diminuzione della mortalità a partire dagli anni ’70 che sembra aver raggiunto una soglia negli ultimi 10 anni. Dati significativi che hanno permesso di ottenere importanti risultati nella prevenzione degli annegamenti: maggiore consapevolezza dei rischi, capacità di nuotare, cambiamenti di abitudini, educazione nelle scuole, ruolo degli organi di stampa, sorveglianza nelle spiagge.
Di sicuro un ruolo fondamentale nella prevenzione degli annegamenti – dice Enzo Funari, direttore del Reparto Qualità degli ambienti acquatici e delle acque di balneazione dell’ISS e curatore del Rapporto sugli annegamenti - è svolto dai servizi di sorveglianza. E’ sufficiente considerare il numero enorme di salvataggi che vengono effettuati ogni anno. Nel Rapporto dell’ISS vengono riportati i dati riguardanti tre tratti del litorale italiano, nei quali cooperative di bagnini hanno garantito un efficacissimo servizio di sorveglianza. In questi tratti nell’estate del 2011 sono state soccorse, e quindi salvate, 180 persone, molte delle quali senza il soccorso sarebbero andate incontro ad una morte certa
. Questi tratti hanno un’estensione di alcune decine di km, mentre soltanto il litorale marino nazionale ha una lunghezza di oltre 7.000 km.
Poiché questi eventi si concentrano principalmente nei tre mesi estivi, l’effettivo impatto del fenomeno rapportato al periodo efficace
è molto più alto di quanto non ne riveli il numero complessivo degli annegati. È dunque necessario trovare strumenti nuovi – continua Funari - e fare in modo di rendere ancora più efficaci quelli già noti. Molti incidenti accadono in acque con determinate caratteristiche ed in condizioni tali da rappresentare un rischio elevato per i bagnanti. È dunque necessario che questi siano messi a conoscenza dei pericoli presenti e che siano predisposte adeguate misure di prevenzione. È anche importante rafforzare l’educazione di base e indurre a comportamenti responsabili. L’obiettivo è quello di promuovere un nuovo approccio preventivo di primo livello, da diffondere e migliorare progressivamente lasciando il dato statistico in un certo senso in secondo piano
.
Il problema della necessità di prevenire e contenere gli effetti degli incidenti in acque di balneazione viene affrontato in modo molto eterogeneo nelle diverse aree del territorio nazionale. In alcune spiagge, spesso a seguito del ripetersi di questi incidenti, sono state promosse misure di prevenzione e di assistenza ai bagnanti che hanno consentito di ottenere risultati importantissimi nel giro di pochi anni. Praticamente sono stati azzerati gli annegamenti. Ma queste spiagge sono pochissime. In gran parte delle aree del territorio nazionale e soprattutto nelle spiagge libere ai bagnanti non viene nei fatti riconosciuto il diritto ad essere informati dei pericoli che possono essere presenti e non viene fornito alcun servizio di sorveglianza. Si tratta in queste ultime situazioni di un ritardo soprattutto culturale dovuto al persistere di una mentalità secondo la quale gli annegamenti sono inevitabili fatalità, un prezzo da pagare a fronte del grande numero di persone che in estate si godono il refrigerio delle fresche acque.
Che invece sia possibile prevenire questi incidenti è dimostrato dai dati disponibili. Quelli relativi alla mortalità per annegamento in Italia permettono di osservare un trend in forte diminuzione a partire dagli inizi degli anni ’70, sia in valori assoluti, sia in termini di tassi. Questo dimostra che almeno in alcune aree del territorio nazionale una serie di misure preventive ha agito in modo efficace. Tuttavia negli ultimi 10 anni la situazione sembra essersi stabilizzata, con circa 400 annegamenti per anno. Si tratta di una cifra non certo trascurabile anche considerando che si riferisce ad un periodo limitato di 4 mesi e che gran parte degli incidenti si verifica tra luglio ed agosto. Quindi è necessario trovare strumenti nuovi e fare in modo da rendere ancora più efficaci quelli già noti.
Molti incidenti si verificano in acque di balneazione con determinate caratteristiche ed in condizioni tali da rappresentare un rischio elevato per i bagnanti. È pertanto necessario che i cittadini siano messi a conoscenza dei pericoli presenti nelle diverse acque di balneazione e che siano predisposte adeguate misure di prevenzione e di primo intervento.
Il ruolo dei bagnini è indubbiamente enorme. Dove sono presenti i bagnini, soprattutto in forma organizzata, è difficile che si verifichino incidenti tali da comportare annegamenti. Per lo più le persone vengono soccorse e salvate. Ancora di più la presenza di un bagnino induce ad un comportamento corretto e rappresenta un ulteriore valore aggiunto per i fruitori della spiaggia.
Nelle spiagge dove non è garantita la presenza dei bagnini e soprattutto nelle spiagge libere, sprovviste in generale di qualsiasi forma di sorveglianza e assistenza, i bagnanti dovrebbero essere informati dei pericoli presenti. Ad esempio, dovrebbero essere messi a conoscenza della presenza di insidiose buche in condizione di mare calmo, delle correnti che possono trasportare in mare aperto con mare mosso o poco mosso.
All’interno del Rapporto è stata anche realizzata una cartina che evidenzia la distribuzione geografica dei tratti italiani con i più alti numeri di decessi per annegamento . Si tratta della costa adriatica centro settentrionale da San Benedetto del Tronto a Trieste – dice Marco Giustini, uno dei curatori del Rapporto - alcune aree della costa sud della Puglia, la Liguria tra San Remo e Savona, la Toscana tra Carrara e Piombino, il Lazio tra Fiumicino e Terracina, la Campania tra Castel Volturno e Acropoli, la Sicilia nella costa sud-orientale e a Palermo, e la Sardegna lungo la costa meridionale
. I Ricercatori del Dipartimento Ambiente e Prevenzione Primaria hanno calcolato per ciascun comune l’indice di Rischio Annegamenti (IRA) proprio per evidenziare le zone geografiche maggiormente colpite dal fenomeno. Il territorio italiano – continua Giustini - può essere caratterizzato in base a 4 profili di rischio in base alla frequenza e gravità degli eventi (vedi mappa allegata): con l’indice IRA≤1 abbiamo identificato quei territori ove il rischio annegamento si è rivelato essere molto basso; con l’indice IRA=2 vi sono quei comuni a basso rischio di annegamento; l’indice IRA=3 è caratteristico delle aree a medio rischio di annegamento; infine, con IRA=4 ci sono quei territori nei quali il rischio è particolarmente elevato. Il dato principale che emerge dallo studio –prosegue Giustini- è che, sebbene siano i litorali quelli maggiormente interessati dal rischio di annegamento severo, fiumi e laghi –seppur molto meno frequentati- rappresentano degli ambienti potenzialmente ad elevato rischio, anche perché in questi luoghi da una parte si concentrano alcuni fattori di rischio, come acque dolci, mediamente più fredde e forti correnti, dall’altro si tratta di luoghi quasi mai sorvegliati, ove l’eventuale soccorso è reso spesso problematico
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Sala Stampa
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