In rilievo
Studio sull’epidemia di Hiv di Bengasi - Il commento degli autori italiani
Presentazione di Enrico Garaci
Quando abbiamo deciso di investire energie come Istituto in questo studio è stato perché proprio noi, in collaborazione con l’Università di Oxford abbiamo messo a punto ed applicato nuovi metodi di analisi per studiare le sequenze di Hiv ed altri virus – spiega Enrico Garaci, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità – Ci sembrava perciò interessante, vista la delicatezza e la complessità del caso, applicare le nostre conoscenze al caso dei bambini arrivati infettati dall’ospedale libico di Bengasi e ricoverati presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma.
.
Lo studio è stato condotto su oltre cento bambini ai quali è stata somministrata in Italia la terapia antiretrovirale. Attraverso i loro campioni di sangue è stato possibile identificare il ceppo virale che li aveva infettati e condurre analisi estremamente dettagliate per stimare la data di introduzione dei due virus nella popolazione ospedaliera
Commento degli autori italiani
Dai risultati di questo studio si evince che i ceppi di Hiv e di Hcv isolati nei bambini di Bengasi sono probabilmente originari dell’Africa equatoriale, e preesistenti all’arrivo degli operatori sanitari attualmente accusati di aver deliberatamente causato l’epidemia
, afferma Massimo Ciccozzi, uno degli autori italiani dello studio, ricercatore presso l’ISS. D’altronde - afferma Giovanni Rezza dell’ISS – non è la prima volta che si verifica un’epidemia ospedaliera da Hiv o Hcv. Anzi queste rappresentano un problema comune a diversi paesi in via di sviluppo, dipendendo dalla mancata adozione di elementari pratiche igieniche, in particolare dalla mancanza di sterilizzazione di strumenti invasivi nei casi in cui l’uso di materiale monouso non è diffuso
. Ci sono elementi sufficienti, dunque - conclude Carlo Federico Perno, senior investigator dello studio - che fanno ragionevolmente ritenere che questo ceppo di Hiv provenga dall’Africa equatoriale, e che circolasse in Libia prima dell’arrivo degli operatori sanitari bulgari in Libia. Questo vale tanto più per il virus dell’epatite C, da tempo ampiamente diffuso in quell’area geografica
.
Sala Stampa
pres Focus