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Okkio alla Salute 2008: troppi i bambini con i chili in più
ISS 2/10/09
La merenda è troppo abbondante, il consumo di frutta e verdura al contrario è scarso, e la televisione o i videogiochi fin troppo presenti: per oltre 3 ore al giorno. La fotografia delle cattive abitudini, alimentari e sedentarie, dei bambini italiani, soprattutto di quelli residenti al Centro e al Sud, è stata scattata dall’indagine Guadagnare Salute
svoltasi a Napoli nei giorni scorsi.
Il 12,3% dei bambini tra gli 8 e i 9 anni è obeso, mentre il 23,6% è in sovrappeso. Analizzando il dato regione per regione, il primato dell’obesità infantile spetta alla Campania, dove quasi la metà dei piccoli (ben il 49%) pesa troppo: il 28% ha dei chili di troppo e il 21% è addirittura obeso. A seguire il Molise (rispettivamente 26% e 16%), a parità con la Calabria e poi la Sicilia(25% e 17%). Nel complesso, le Regioni del Centro-Sud, ad eccezione della Sardegna, presentano tassi di sovrappeso-obesità molto alti, compresi tra il 33 e oltre il 40%. Nelle Regioni del Nord il tasso si aggira tra il 25 e il 33%, mentre Sardegna, Valle D’Aosta e Friuli Venezia Giulia sembrano le Regioni più virtuose con stime al di sotto del 25%.
Le abitudini alimentari
Otto bimbi su 10 fanno una merenda troppo abbondante (82%), il 41% consuma tutti i giorni bevande zuccherate o gassate e il 33% ha la cattiva abitudine di fare lo spuntino dopo cena. Inoltre, il 28% non fa una colazione adeguata, l’11% non la fa affatto e il 23% non mangia quotidianamente frutta e verdura. Quest’ultima, pessima abitudine è, di nuovo, più diffusa al Centro-Sud con valori che vanno dal 22 al 26% e con una punta del 30% in Calabria. In Friuli Venezia Giulia, invece, la percentuale dei bambini che non consumano quotidianamente frutta e verdura scende al 16,2%.
Dalla ricerca è emerso poi che il consumo della prima colazione è legato al titolo di studio della mamma: infatti sono di più i bimbi che non fanno una colazione adeguata (30%) o che non la fanno affatto (14%) se figli di madri con licenza media inferiore, rispetto ai figli di donne laureate (rispettivamente 26% e 6%).
I comportamenti sedentari
Si ripete il quadro già visto per le abitudini alimentari. Ben il 49% dei bambini esaminati, infatti, ha a disposizione la tv nella propria camera e il 48% ne fa uso, di tv e videogiochi, per più di 3 ore al giorno. Solo il 26% va a scuola a piedi o in bicicletta, mentre un altro 26% non svolge alcuna attività fisica. Lo fa il 25%, ma per non più di un’ora alla settimana. I bambini, poi, che dedicano alla televisione o ai videogiochi più di 3 ore al giorno risiedono in prevalenza al Centro-Sud (ad eccezione del Lazio e della Sardegna) con percentuali comprese tra il 44 e il 58% e con una punta massima in Campania del 62%. Percentuali più basse, inferiori al 34% si riscontrano in Friuli e in Liguria, con una punta minima del 27% in Valle D’Aosta.
La percezione dei genitori
Il problema sta proprio qui, nella scarsa consapevolezza dei genitori riguardo ai chili di troppo dei propri figli. Okkio alla Salute ha rilevato che il 35% delle madri di bimbi in sovrappeso o obesi non ritiene che i propri figli siano in queste condizioni. Una su 2 tra le madri di bambini non attivi fisicamente ritiene che il proprio figlio svolga un’attività motoria sufficiente. Il 23% dei genitori dei bambini in sovrappeso e il 49% di quelli obesi, infine, sottovalutano le quantità di cibo assunte dai propri figli.
Cosa fanno le scuole
• il 64% ha una mensa scolastica
• il 12% prevede la distribuzione di alimenti sani
• il 79% ha inserito nei propri programmi approfondimenti in tema di nutrizione
• il 71% delle classi svolge due ore di attività motoria raccomandate durante la settimana
• il 90% delle scuole campionate ha inserito nei propri programmi iniziative di promozione dell’attività motoria
Sono consultabli online:
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Longevità e buona nutrizione: gli studi dell’ISS
L’Istituto Superiore di Sanità dedica numerosi filoni di ricerca, tra indagini epidemiologiche e trials clinici, per diffondere, tra i cittadini, una buona alimentazione e corretti stili di vita. Il fine: promuovere salute e longevità
Una dieta ipocalorica, ma bilanciata di tutti gli elementi nutritivi, aiuta a vivere più a lungo e in salute. E’ quanto ha dimostrato, per la prima volta sull’uomo, Luigi Fontana, ricercatore del Dipartimento di sanità alimentare e animale dell’Iss, in forze anche presso la Washington University School of Medicine di St. Louis (Usa), studiando i membri della società americana Caloric Restriction Society, praticanti un severo regime di dieta ipocalorica da un periodo di tempo variabile tra i 3 e i 15 anni. I risultati del primo studio pubblicato sui Proceedings of the national academy of sciences, hanno dato loro ragione dimostrando una riduzione significativa del rischio di sviluppare dislipidemia, diabete, ipertensione arteriosa e placche aterosclerotiche nelle arterie, condizioni che precedono, spesso, l’insorgere d’infarto del miocardio e di ictus cerebrale.
Meglio dell’esercizio fisico. Una tale dieta sembrerebbe addirittura essere più potente dell’esercizio fisico nel rallentare i processi d’invecchiamento nell’uomo. In uno studio successivo, apparso sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, Luigi Fontana e la sua equipe sono riusciti a dimostrare che la restrizione calorica abbassa le concentrazioni di un ormone della tiroide chiamato triodotironina (T3), che controlla il metabolismo cellulare, e riduce la concentrazione di una potente molecola infiammatoria, il cosiddetto tumor necrosis factor di tipo alfa (TNF-α). Proprio la combinazione di queste due condizioni, ovvero di bassi livelli di T3 e di un ridotto stato infiammatorio, gioca un ruolo fondamentale nel rallentare i processi d’invecchiamento, riducendo il metabolismo basale e il danno ossidativo a cellule e tessuti.
Un cuore 10 anni più giovane. Anche il cuore, che indipendentemente dalla presenza di malattie cronico-degenerative diventa più rigido e meno efficiente col passare degli anni, ha mostrato in un altro studio, uscito questa volta sul Journal of American College of Cardiology, di riuscire a mantenersi giovane, se messo a dieta
. I ricercatori hanno osservato che la cinetica di rilasciamento del ventricolo sinistro, un noto marcatore d’invecchiamento primario, nei soggetti che mangiano meno calorie vuote
(quelle cioè prive di vitamine e di sali minerali), ma più cibi ricchi di nutrienti, è paragonabile a quello di un soggetto più giovane di almeno 10-15 anni.
Grasso viscerale e diabete per la prima volta dimostrata la relazione causa-effetto. Andando avanti nelle loro indagini, i ricercatori guidati da Fontana si sono chiesti se una consistente rimozione del grasso addominale mediante liposuzione non potesse migliorare l’azione periferica dell’insulina e proteggere dai principali fattori di rischio cardiovascolari legati all’obesità. La risposta è arrivata dai risultati di un loro studio, apparso sul New England Journal of Medicine, secondo cui un intervento di liposuzione migliora sì la silhouette, ma non riduce affatto i rischi cardiovascolari e di diabete. E la ragione principale, come ha dimostrato ancora un’ultima ricerca in materia pubblicata su Diabetes, risiede nella presenza del grasso viscerale, un tipo di grasso che non è possibile asportare chirurgicamente, pena il rischio di infarto intestinale. E' proprio lui, il grasso viscerale, l’imputato numero uno dello sviluppo di malattie quali diabete e infarto.
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