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AIDS, sintesi dell'ultimo rapporto COA
Salgono a quota 55.000 i casi di AIDS in Italia. Dal 1982, anno della prima diagnosi di questa malattia nel nostro paese, fino al 31 dicembre 2004, sono stati notificati precisamente 54.497 casi. Di questi, più del 77% riguarda gli uomini, il 6% gli stranieri, mentre sono 741 i casi che vedono coinvolti bambini con non più di 13 anni d'età. Sono questi alcuni dei dati resi noti dal Cento Operativo AIDS (COA) dell'ISS secondo l'ultimo aggiornamento al dicembre 2004.
Nel primo semestre dello scorso anno sono stati notificati al COA 848 nuovi casi di AIDS, confermando il trend stazionario che ha caratterizzato la malattia negli ultimi anni. Un andamento che si è rivelato costante negli ultimi 4 anni, preceduto, a partire dagli anni Ottanta fino al 1995, da un altrettanto costante incremento dell'incidenza dei casi, seguito subito dopo fino al 2001 da una rapida diminuzione. Da quella data fino ai nostri giorni i casi diagnosticati sono stati quasi sempre pressoché sovrapponibili.
Le regioni più colpite dal fenomeno AIDS continuano a essere nell'ordine: la Lombardia, il Lazio, la Liguria e l'Emilia Romagna, mentre mediamente i tassi d'incidenza continuano ad essere più bassi nelle regioni meridionali. Restringendo l'obiettivo, sono Piacenza, Ravenna, Varese, Brescia, Lecco e Pavia le città che registrano i tassi d'incidenza più elevati. Inoltre, si evidenzia nel tempo un aumento della proporzione dei casi coinvolgenti i cittadini stranieri, passati dal 4,5% del 1994-95 al 17,5% del 2004.
Il paziente cui viene diagnosticato l'AIDS è più spesso un uomo e nemmeno tanto giovane. Quasi il 70% dei casi si concentra, infatti, nella fascia d'età che va dai 25 ai 39 anni. Ma è soprattutto tra i 35 e i 39 anni che si registra il maggior aumento dei casi. Se questa fascia d'età rappresentava nel 1990 appena il 14% del campione per i maschi e poco più del 7% per le femmine, le quote salgono nel 2002 quasi al 24% per gli uomini e addirittura al 31,7% per le donne. Ne consegue che è anche aumentata l'età media della diagnosi, passata dai 29 anni per gli uomini e i 24 per le donne nel 1985 rispettivamente a 41 e 38 anni nel 2004.
Ma qual è la causa più frequente del contagio? In pole position resta l'abuso di droga per le pratiche associate all'assunzione delle sostanze stupefacenti, come lo scambio di siringhe infette o la contaminazione con sangue contagiato. I dati, tuttavia, mostrano anche un aumento della proporzione dei casi attribuibili alla trasmissione sessuale, sia omo che eterosessuale, tanto che la categoria dei soggetti che hanno avuto un rapporto a rischio risulta essere la più colpita nell'ultimo anno.
"I dati raccolti confermano che, dopo un massimo di infezioni verificatisi alla fine degli anni Ottanta c'è stata una progressiva diminuzione fino alla fine degli anni Novanta. Successivamente il numero delle nuove infezioni si è stabilizzato, ed è addirittura in aumento in alcune zone, cosa che potrebbe anche far pensare a una possibile riattivazione dell'epidemia in varie aree del nostro paese", afferma Gianni Rezza, direttore del COA. "Le caratteristiche di coloro che oggi si infettano, inoltre, sono completamente diverse da quelle di chi si infettava 10 o 20 anni fa. Non si tratta più di persone giovani, prevalentemente tossicodipendenti, ma piuttosto di adulti maturi che si infettano attraverso i rapporti sessuali".
Per quanto riguarda i trattamenti terapeutici cui si sono sottoposti i pazienti sieropositivi prima della diagnosi di AIDS, il COA rivela che appena il 35% dei casi notificati negli ultimi anni ha ricevuto un trattamento antiretrovirale. Inoltre, risulta che a sottoporsi alle terapie sono molto più spesso i soggetti a rischio per le pratiche legate alle tossicodipendenze, rispetto a chi ha avuto un rapporto sessuale non protetto. Infatti, tra tutti coloro che si sono sottoposti in via preventiva a una terapia antiretrovirale, risulta che i pazienti con fattore di rischio sessuale sono appena il 23%. Il maggior determinante che spinge a sottoporsi a una terapia antiretrovirale prima della diagnosi di AIDS rimane sempre la consapevolezza della sieropositività.
Sala Stampa
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