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COVID-19 e salute mentale in gravidanza: il 12% ha avuto sintomi di distress psicologico
Iss 10 marzo 2022 - Il primo studio, coordinato dall’ISS, che ha rilevato lo stato emotivo in epoca perinatale coinvolgendo le utenti dei Consultori Familiari
Il 32% delle donne che hanno vissuto la gravidanza durante il periodo pandemico non si è sentita supportata dalla propria rete sociale, percentuale che sale al 38% fra le mamme con un bimbo fino ai 6 mesi di età.
Il 12%, quasi una donna su 8, ha riferito sintomi di distress psicologico durante la gravidanza più spesso associati a difficoltà economiche, a un pregresso disturbo dell'umore o d'ansia e a uno scarso supporto sociale percepito da parte dei professionisti sanitari del percorso nascita.
Non è emersa invece un’associazione tra l'esposizione diretta all'infezione da SARS-CoV-2 o la residenza in un'area ad alta diffusione di COVID-19 e il distress psicologico.
Lo rilevano i risultati del primo e unico studio italiano, coordinato dall’ISS e condotto durante la seconda ondata pandemica (ottobre 2020 – maggio 2021) che abbia valutato su larga scala il distress psicologico nel periodo perinatale in un campione opportunistico di utenti dei Consultori Familiari, che hanno aderito a un’indagine via web. La prevalenza complessiva di disagio psicologico riscontrato è coerente con i tassi osservati in un ampio studio europeo basato su un’indagine online condotta poco dopo il picco della prima ondata pandemica su un campione con analoghe caratteristiche socio-demografiche.
Lo studio “COVID-19 e salute mentale perinatale: impatto del COVID-19 sul vissuto e lo stato emotivo in epoca perinatale delle donne in contatto con i Consultori Familiari (CF)”, ha coinvolto le utenti dei CF di 9 Aziende sanitarie collocate in 8 Regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Sardegna, Calabria).
“Poiché il disagio psicologico in gravidanza e nei primi mesi dopo il parto aumenta il rischio di esiti di salute negativi per la madre e il bambino – commenta Ilaria Lega dell’ISS e responsabile dello studio – questi dati evidenziano l'urgenza di fornire maggior supporto alle donne più vulnerabili che affrontano la gravidanza e i primi mesi dopo il parto nel contesto attuale, anche indipendentemente dall'esposizione diretta al SARS-CoV-2. Sebbene un disagio psicologico clinicamente rilevante sia stato riscontrato in una minoranza delle partecipanti, i cambiamenti nell'assistenza alla maternità e il ridotto supporto sociale correlato all'epidemia di COVID-19 sono motivo di preoccupazione nella grande maggioranza delle donne in gravidanza e delle neo-mamme che hanno espresso la necessità di un maggiore ascolto da parte degli operatori sanitari, un più diffuso supporto alla salute mentale e un più largo accesso a risorse di auto-aiuto”.
Risultati dello studio
Dal 1° ottobre 2020 al 31 maggio 2021, 1168 donne in gravidanza e 940 donne nei primi sei mesi dopo il parto hanno partecipato allo studio compilando un questionario online. Di seguito alcuni dei risultati emersi.
Caratteristiche sociodemografiche
- Più del 90% delle partecipanti è sposata o convivente e di cittadinanza italiana, la maggior parte ha un grado di istruzione elevato (laurea triennale o più), lavora e non dichiara difficoltà economiche. La gravidanza è stata vissuta senza complicazioni ostetriche da oltre il 67% delle partecipanti, il 14% circa ha indicato di aver sofferto in passato di un disturbo d’ansia o dell’umore.
Infezione da SARS-CoV-2
- Il 6% delle donne in gravidanza e il 5% delle donne con un bambino fino ai 6 mesi d’età ha sviluppato l’infezione.
Supporto sociale e da professionisti e servizi sanitari
- Il 32% delle donne in gravidanza e il 38% delle donne nel periodo post natale non si sente supportata dalla propria rete sociale (nel periodo pre-pandemico erano poco più di un quarto). Il supporto ricevuto da servizi e professionisti sanitari è descritto come adeguato dalla maggioranza delle partecipanti, ma con delle differenze nei due gruppi: fra le donne in gravidanza solo il 9% si è sentita “non molto ben supportata”, percentuale che sale al 23% fra le donne nel periodo postnatale. Più specificamente, una donna su cinque non ha potuto parlare del proprio stato d’animo con un professionista sanitario dopo essere stata dimessa dall’ospedale.
Percorso nascita durante la pandemia
- Il 60% delle donne in gravidanza è preoccupata per la salute del bambino, oltre l’80% per la possibile assenza del partner durante il parto come conseguenza delle misure restrittive legate al COVID-19. Fra le donne che hanno già partorito, il 21% ha vissuto il parto senza la vicinanza del partner o altra persona di fiducia.
Risorse percepite come importanti durante la pandemia
- La risposta rapida a domande e preoccupazioni e una più ampia disponibilità di colloqui individuali con i professionisti sanitari del percorso nascita sono state indicate come importanti/molto importanti da oltre il 95% delle partecipanti. La maggior parte delle donne, sia in gravidanza che nel periodo postnatale, ritiene importante/molto importante: avere accesso a informazioni sulla gestione dello stress (rispettivamente 91% e 93%); a un professionista della salute mentale (83% e 89%) e a risorse di supporto tra pari, inclusi gruppi di supporto online (79% e 81%), interazioni con altre donne in gravidanza/neo-genitori (92% e 94%) e a esperienze di donne che hanno affrontato la gravidanza, il parto e i primi mesi di vita del bambino durante la pandemia (84% e 85%).
Distress psicologico
- Per quanto riguarda i sintomi di distress psicologico valutati con il Brief Symptom Inventory-18 (BSI-18), la percentuale di partecipanti con un punteggio complessivo (Global Severity Index - GSI) maggiore o pari a 25, che identifica sintomi di distress psicologico clinicamente rilevanti, è risultata più elevata tra le partecipanti in gravidanza (12%) rispetto alle donne nel periodo postnatale (9%; p = 0,038).
Nonostante il tasso di positività al SARS-CoV-2 tra le partecipanti nel periodo postnatale sia risultato pari al 5%, il 20% delle neo-mamme ha affrontato il parto senza il supporto di una persona di fiducia. L'esclusione del partner dal parto è risultata meno frequente nelle aree geografiche ad alta diffusione di COVID-19 rispetto alle altre, suggerendo che i servizi sanitari dislocati nelle Regioni più colpite dalla prima ondata pandemica siano stati in grado di sviluppare una migliore preparazione.
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