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CS n° 8/2013 Iss, primo metodo per la diagnosi precoce del melanoma cutaneo

Pubblicato 22/03/2013 - Modificato 10/02/2020

Roma, 22 marzo 2013

Un nuovo metodo basato sulla proteomica, la scienza che studia l’insieme delle proteine, la loro struttura e funzione e il loro modo di interagire all’interno di un sistema biologico, consentirà per la prima volta di diagnosticare il melanoma in una fase precoce attraverso un prelievo di sangue e l’analisi del siero. Lo studio, realizzato in collaborazione con due ospedali romani, l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata IDI-IRCCS di Roma e l’Ospedale Sant’Andrea, pubblicato oggi sulla rivista PLOS ONE, rappresenta un’importante opportunità nel permettere una cura più efficace del melanoma ed è stato messo a punto grazie a un’analisi innovativa del siero di dieci pazienti affetti da melanoma cutaneo in fase precoce. “Il risultato conseguito oggi è uno dei più importanti tra i tanti ottenuti grazie all’Accordo Italia-USA – spiega il professor Enrico Garaci, Presidente dell’ISS - Mentre per altri tumori sono noti marcatori nel sangue indicatori di malattia, per il melanoma non ve ne erano ancora di efficaci. Questo messo a punto dai ricercatori italiani è perciò un passo avanti decisivo verso l’identificazione del primo marcatore diagnostico precoce. E avere un marker affidabile per una diagnosi tempestiva è fondamentale con questa malattia. L’asportazione chirurgica del melanoma è, infatti, efficace nei casi diagnosticati precocemente, mentre nelle forme più avanzate esistono sì opzioni farmacologiche ma con efficacia limitata”.

Si tratta di una metodologia molto importante, dunque, per il futuro delle cure di uno dei più aggressivi tumori cutanei la cui diagnosi precoce è stata fino ad oggi affidata alla visita periodica dermoscopica dal dermatologo. Questa metodologia è basata sull’applicazione dell’innovativa tecnica denominata “TRIDENT”, oggetto di brevetto da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha reso “visibile” una grande mole di informazioni presenti nel siero che normalmente sono nascoste e trascurate.

“Grazie alle tecniche di analisi proteomica siamo riusciti ad analizzare il siero in toto e a trovare alcune molecole appartenenti alla famiglia delle apolipoproteine che in pazienti affetti da melanoma cutaneo sono espresse in modo significativamente differente rispetto ai controlli effettuati sui pazienti sani – spiega Francesco Facchiano medico ricercatore presso il Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare dell’ISS – La metodologia TRIDENT, infatti, ci dà la possibilità di studiare interamente il siero del paziente, comprese quelle grandi proteine trasportatrici di segnali più piccoli che, con le tecniche tradizionali, vengono eliminate per poter più agevolmente studiare le proteine più piccole. Con queste procedure dette di “deplezione” si rischia però di scartare un segnale importante che si vuole cercare in grado di indicare un’alterazione tumorale anche allo stadio precoce, e che potrebbe essere proprio veicolato da quelle molecole trasportatrici che vengono eliminate”.

Il prossimo passo della ricerca sarà quello di confermare queste osservazioni e la potenzialità diagnostica del TRIDENT su un numero più esteso di pazienti affetti da melanoma cutaneo anche perché la metodologia potrebbe essere applicata anche ad altre patologie neoplastiche.

I numeri del melanoma. Fino a pochi anni fa il melanoma era considerato una neoplasia rara, addirittura rarissima fino all’adolescenza, mentre negli ultimi 20 anni l’incidenza è aumentata di oltre il 4% all’anno in entrambi i sessi. Negli ultimi anni si è avuto un aumento di casi di melanoma tra gli uomini e una riduzione tra le donne. Il melanoma cutaneo ha un’incidenza in Italia di 14,3 casi per 100.000 uomini e 13,6 casi per 100.000 donne, ed è al terzo posto per numero di nuovi casi nella fascia di età da 0 a 44 anni.

L’articolo originale è disponibile online all’indirizzo: http://dx.plos.org/10.1371/journal.pone.0057104


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