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Salute della donna. Perché?
ISS 28/05/07
di Livia Turco
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1. Perché la salute della donna è un vero e proprio paradigma del livello di civiltà, democrazia e sviluppo di un Paese.
In altri termini, le donne, il loro mondo, la loro vita e la loro salute quali veri e propri indicatori del benessere
di una società nel suo complesso.
Si può capire meglio questo approccio se si considera che la disuguaglianza di genere specchia ancora oggi tutte le altre disuguaglianze, discriminazioni e oppressioni. Nel mondo le donne sono ancora le più povere, le meno istruite, quelle con minor reddito e con minori diritti civili. E anche nel nostro paese, nonostante la straordinaria crescita di soggettività e di protagonismo, la maggioranza delle donne resta esiliata dai luoghi decisionali delle istituzioni, della politica, del lavoro. E questo soprattutto nel nostro Mezzogiorno.
Mentre le donne possono essere esse stesse protagoniste di un grande cambiamento della sanità italiana per il quale penso a un vero e proprio patto tra donne e sistema sanitario
per renderlo più equo, più umano, più efficiente.
Il Piano di Azioni che abbiamo predisposto parte proprio da qui. Dalla consapevolezza che il diritto alla salute delle donne diventa il diritto forte che promuove e tutela tutti gli altri diritti, sociali, civili, politici. I diritti e le libertà delle donne costruiscono infatti relazioni sociali e umane, fondano le regole di convivenza di una comunità rispettosa delle diversità, producono progresso perchè impongono il riconoscimento del rapporto tra produzione e riproduzione sociale e perché promuovono la partecipazione ai processi decisionali.
In questo quadro vanno quindi lette alcune azioni innovative che intendiamo promuovere. Come quella per l’apertura di uno sportello all’interno dei pronto soccorso ospedalieri per rispondere alle donne vittime della violenza di strada o domestica. Oppure come la scelta di avviare una sorta di umanizzazione in rosa
di tutti i reparti di oncologia dei tumori femminili, prevedendo l’integrazione dei servizi con supporti psicologici ma anche di chirurgia e medicina estetica. Ma anche con la scelta di promuovere la naturalità del parto e la sua dimensione umana e straordinaria contro un eccesso di medicalizzazione della nascita.
Ma per fare questo, non bastano modelli, servizi, risorse. Occorre attivare la partecipazione consapevole delle persone e promuovere una nuova stagione ideale, di grandi valori etici e di forti passioni civili. Con le donne e per le donne.
2. Perché le donne si ammalano di più. Secondo l’indagine Istat presentata il 2 marzo scorso l’8,3% delle donne italiane denuncia un cattivo stato di salute contro il 5,3% degli uomini. Le malattie per le quali le donne presentano una maggiore prevalenza rispetto agli uomini sono: le allergie (+ 8%), il diabete (+ 9%), la cataratta (+ 80%), l’ipertensione arteriosa (+ 30%), alcune malattie cardiache (+ 5%), tiroide (+ 500%), artrosi e artrite (+ 49%), osteoporosi (+ 736%), calcolosi (+ 31%), cefalea ed emicrania (+ 123%), depressione e ansietà (+ 138%), Alzheimer (+ 100%).
3. Perché dobbiamo sviluppare la ricerca di genere. E questo perché:
• le donne consumano più farmaci degli uomini;
• sono anche più soggette degli uomini alle reazioni avverse;
• perché le donne sono da sempre paradossalmente sottorappresentate nei trials clinici (sperimentazioni) con il risultato che la donna consumatrice di farmaci è assimilata al maschio per quanto riguarda sia l’efficacia che le controindicazioni del farmaco.
La ricerca di genere permetterebbe invece di segnalare le differenze di assimilazione e di risposta dell’organismo femminile rispetto a quello maschile. Queste differenze vanno studiate sia per i potenziali rischi ma anche per i benefici diversi che si possono rilevare tra i generi.
Ricordo qui gli esempi fatti stamattina dalla Professoressa Franconi che mi sembrano particolarmente significativi e che ci dimostrano l’utilità della ricerca di genere:
• la ricerca fatta per verificare l’effetto di un farmaco per il cuore (la digossina) sulla mortalità da scompenso cardiaco, che ha messo in luce un significativo aumento della mortalità nelle donne ma non negli uomini;
• le diverse reazioni che sono state registrate per un farmaco antidiabete (rosiglitazone), che nelle donne produce fratture degli arti superiori in percentuale tripla rispetto agli uomini;
• e, di segno opposto, la ricerca fatta su un nuovo farmaco anti Aids (saquinavir), che ha permesso di scoprire che esso agisce meglio sulle donne che sugli uomini.
Per sviluppare la ricerca di genere stiamo pensando di dedicare una quota significativa delle risorse che, in base all’articolo 12 del decreto legislativo 502 (art.12 bis), saranno attribuite dal Ministero dell’Economia al Ministero della Salute. L’obiettivo è sviluppare un progetto Salute donna per la ricerca nella medicina di genere
in diverse aree.
Questo finanziamento va nella direzione auspicata dall’OMS, che ha sottolineato la necessità di sviluppare la medicina di genere in modo da ottimizzare così terapie e prevenzione rispetto al target femminile in cui è sempre più evidente che farmaci e patologie si comportano in modo differente rispetto al target maschile.
4. Perché serve che i medici siano formati sulla medicina di genere. Dobbiamo infatti porci da ora l’obiettivo di un avanzamento culturale nel mondo medico prevedendo specifici corsi di formazione sulle specificità della salute della donna. Sono quindi particolarmente lieta che l’Università di Roma Tor Vergata abbia deciso di istituire a partire dal prossimo anno accademico un master in medicina di genere presso la Facoltà di medicina. E’ un primo esempio al quale spero che altri seguiranno.
*Ministro della Salute