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Comunicato n° 01/07 - Da una proteina batterica una potenziale terapia per i ritardi mentali e la malattia di Alzheimer
La somministrazione della proteina batterica CNF1 (fattore citotossico necrotizzante uno
) si è rivelata in grado di migliorare le capacità di apprendimento e memoria negli animali da laboratorio, riuscendo a modulare la morfologia del citoscheletro (ossia di quella struttura formata da fibre proteiche che dà sostegno e forma alla cellula) e a potenziare l’efficacia delle connessioni tra le cellule nervose. L’indagine è stata condotta da un team di ricercatori coordinati dal neurologo Giovanni Diana e dalla microbiologa cellulare Carla Fiorentini, del Dipartimento del Farmaco, diretto da Stefano Vella, dell’Istituto Superiore di Sanità, dove la proteina in questione, CNF1, derivata dall’Escherichia Coli, era stata scoperta nel 1983.
Lo studio, pubblicato oggi sui Proceedings della National Academy of Science, descrive il meccanismo in base al quale la morfologia e la connessione delle cellule del sistema nervoso centrale sono state modificate in topi giovani e sani somministrando il CNF1. Questo, infatti, ha attivato a sua volta le proteine RhoA e RAC1, responsabili delle dinamiche dell’actina (una delle proteine che compongono i microfilamenti del citoscheletro) e della morfologia delle cellule neurali.
Si è visto che la CNF1 riesce ad aumentare significativamente il numero e le dimensioni delle spine dendritiche, favorendo la trasmissione tra neuroni e migliorando la plasticità sinaptica, che è alla base delle capacità di apprendimento e memoria. Poiché è noto che nelle diverse forme di ritardo mentale come pure nel morbo di Alzheimer i prolungamenti dendritici sono meno ramificati rispetto alla norma e le spine dendritiche, le quali ricevono la maggior parte delle sinapsi eccitatorie, appaiono alterate e ridotte di numero e dimensioni, è possibile prevedere un impiego terapeutico della proteina CFN1 nel trattamento delle varie forme di demenza e di disturbi neurologici, senza escludere un potenziale effetto positivo sulle capacità cognitive di individui sani attraverso una manipolazione farmacologica della connettività neurale.