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Comunicato n° 23/2003 Europei e africani uniti contro la malaria
Parte tra poche settimane la prima fase di un progetto europeo che, basato su una partnership con l’Africa, testerà farmaci e vaccini contro le malattie della povertà: malaria, Aids e tubercolosi. Un’iniziativa a cui partecipa anche l’Italia, rappresentata dall’Istituto superiore di sanità.
Un’alleanza euro-africana per sconfiggere la malaria. E’ quanto ha proposto la Commissione europea che si appresta a lanciare entro la fine del luglio 2003 la prima fase di un programma di trial clinici pensati per prevenire e curare le cosiddette malattie della povertà. Verranno cioè testati vaccini, farmaci e altri strumenti terapeutici non solo contro la malaria, ma anche per arginare la tubercolosi e l’epidemia da Hiv/Aids. Il progetto, che si chiama European developing countries clinical trial partnership (Edctp), coinvolge in primo piano l’Istituto superiore di sanità grazie all’attività, svolta da un’equipe di ricercatori dell’Istituto, di raccolta dei dati relativi alle molecole disponibili per la sperimentazione. Ne è venuta fuori la descrizione dello status quo in tema di farmaci e vaccini antimalarici, primo passo per poter iniziare i trial.
Il progetto è una testimonianza – afferma Giancarlo Majori, del laboratorio di parassitologia dell’Iss – dello sforzo che impegna l’Europa e l’Istituto superiore di sanità in particolare nel tentativo di aiutare l’Africa a guarire dai suoi malanni peggiori: le malattie trasmissibili che si diffondono grazie alla povertà ma che ne sono anche la causa prima. Lo scopo, va avanti Majori, è lavorare fin dall’inizio insieme ai paesi africani per poter sintetizzare farmaci che siano immediatamente utilizzabili dagli stessi, ovviando alle difficoltà tecnico-scientifiche, oltre che economiche.
Ricercatori ed esperti appartenenti a 14 paesi membri dell’Unione europea (Austria, Belgio, Danimarca, Finalandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia) più la Norvegia, hanno lavorato in questi ultimi mesi a stretto contatto con gli scienziati africani proprio perché le sperimentazioni potessero essere progettate su misura per le esigenze dei paesi maggiormente colpiti da Aids, malaria e tubercolosi. La Commissione europea ha stanziato 1,2 milioni di euro per la fase preparatoria del progetto che sarà coordinata dalla Clinica Ospedaliera di Barcellona, ma ha previsto, all’interno del Programma Quadro per la Ricerca 2002-2006, un contributo di 200 milioni di euro che serviranno a coprire solo gli investimenti relativi ai primi cinque anni del progetto. Nelle intenzioni della stessa Commissione, tuttavia, tale finanziamento dovrebbe funzionare da catalizzatore di altre donazioni da parte di fondazioni pubbliche e private.
L’Edctp si propone, in particolare, il raggiungimento di tre fondamentali obiettivi:
costruire una rete di cooperazione che colleghi i programmi nazionali dei paesi partecipanti, attraverso l’attuazione congiunta di tali programmi o di alcune loro parti;
testare nuove molecole, già scoperte ma non ancora provate a causa di un mercato non abbastanza proficuo per le compagnie farmaceutiche, quale è l’Africa, accelerando in tal modo il passaggio dei risultati dalla ricerca di base a quella applicata;
rafforzare le potenzialità della ricerca clinica nei paesi in via di sviluppo, stimolandone un’effettiva, indispensabile partecipazione.
Malaria, tubercolosi e Aids uccidono ogni anno più di 5 milioni di persone nel mondo, di cui il 95 per cento residente nei paesi in via di sviluppo, dove rappresentano anche il 60 per cento della morbilità. Scendendo più in dettaglio e attingendo alle stime elaborate dall’Organizzazione mondiale della sanità e dalle Nazioni unite, si è calcolato che nel 2000 l’Aids ha provocato la morte di circa 3 milioni di persone, tra cui 500.000 bambini, privilegiando come bersaglio geografico il continente nero, dove miete ogni anno più di 2 milioni di vittime. La tubercolosi, debellata in Europa da oltre 50 anni, rappresenta ora un’emergenza planetaria, colpendo 2 milioni di persone ogni anno e diffondendosi sempre più in terra asiatica, oltre che africana. La malaria, infine, è responsabile di oltre un milione di morti e di 300-500 milioni di nuovi casi l’anno. Il 90 per cento della mortalità si registra in Africa (soprattutto nella regione sub-sahariana e a danno dei bambini al di sotto di 5 anni). Qui la malattia è la causa del 30-50 per cento di tutti i ricoveri in ospedale e le stime sono destinate a salire a causa dello sviluppo di resistenze ai farmaci utilizzati. Ad essere minacciati dalla malaria, però, non sono solo gli africani: il pericolo riguarda ben il 40 per cento di tutta la popolazione mondiale.
Il ruolo dell’Iss nell’Edctp
Il contributo che l’Istituto superiore di sanità ha dato sinora al progetto europeo Edcpt si è concretizzato in una fondamentale opera di collezionamento dei dati relativi a farmaci e vaccini attualmente sotto sperimentazione o candidati ad esserlo. Una fotografia dettagliata, dunque, dello stato dell’arte in materia.
Le speranze della lotta contro la malaria si concentrano in particolare su tre tipi di vaccini che non si escludono, ma che contemplano ciascuno una diversa area di applicazione: un vaccino cosiddetto pre-eritrocitico, che impedisca l’invasione del fegato da parte dei globuli rossi (eritrociti) infettati dallo sporozoite (la forma che il parassita assume nel sangue umano subito dopo la puntura della zanzara); un vaccino diretto contro l’invasione e lo sviluppo del parassita nella prima fase dell’infezione e quindi nel sangue stesso; un vaccino, infine, che sia in grado di bloccare il processo di riproduzione del Plasmodio nella zanzara che lo ospita. Scopo di quest’ultimo, il Tbv (Transmission blocking vaccine), è immunizzare gli individui già punti dall’insetto in modo da impedire l’ulteriore trasmissione dell’infezione. Vaccini di questo tipo, diretti contro il Plasmodium falciparum e il vivax, i maggiori responsabili della malaria umana, sono già stati testati con successo in modelli animali e i trial vanno avanti su materiale umano.
Al momento, tuttavia, i ricercatori di tutto il mondo stanno tentando di sviluppare un vaccino multigenico, e quindi multivalente, contro il Plasmodium falciparum. Lo scopo è duplice: prevenire la malattia nei viaggiatori e in coloro che risiedono per brevi periodi nelle zone a rischio, ma ridurre anche la mortalità e la morbilità in chi vive nelle aree endemiche. Lo hanno chiamato Multi-stage Dna-based Malaria Vaccine Operation (MuStDO) ed è potenzialmente in grado di indurre una risposta immunitaria multivalente, che sappia cioè neutralizzare gli sporozoiti e distruggere, al tempo stesso, il parassita nel caso in cui fosse già penetrato nel sangue e nel fegato. Gli esperimenti sulle scimmie rhesus hanno dato finora risultati incoraggianti.
Sala Stampa
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