Home
Comunicato n° 22/2003 Diagnosi più precise grazie a otto nuovi marcatori tumorali
L’ISS presenta i primi risultati di uno studio ad ampio raggio condotto sull’HPV. Identificato il virus in quasi tutti i campioni di tessuto tumorale, testati otto nuovi marcatori in grado di predire con precisione l’evoluzione della lesione
Otto nuovi marcatori spieranno d’ora in poi il virus dell’HPV. Sono stati testati nel corso di uno studio multidisciplinare coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità HPV e cancerogenesi della cervice uterina, presentato oggi nel corso del Convegno Le infezioni genitali da virus del Papilloma Umano - Lo stato dell’arte nella prevenzione, diagnosi e sviluppo di vaccini. Grazie alla messa a punto di questi nuovi marcatori è stato possibile studiare le caratteristiche biologiche del tessuto in modo da predire l’evoluzione della lesione precancerosa indotta dal virus, compresa la possibilità di sviluppare eventuali metastasi. Lo studio ha inoltre rilevato la presenza del virus in 9 donne su 10 affette da tumore al collo dell’utero, confermando ulteriormente il ruolo fondamentale svolto dall’HPV nella genesi di questo cancro. Il passo successivo sarà quello di conoscere quali tipi di virus circolino più di frequente nella donna infetta e quale sia il ruolo degli anticorpi anti-HPV prodotti dal suo sistema immunitario.
La nostra ricerca – afferma Margherita Branca, del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell’ISS e responsabile del progetto – è finalizzata a individuare la relazione esatta che intercorre tra alcuni tipi dell’HPV e le malattie a carico della cervice uterina, in particolare il carcinoma. Si tratta di un grande progetto che impegna, oltre a diversi laboratori dell’Istituto, anche svariati centri clinici di eccellenza nel campo della ginecologia, della virologia e dell’anatomia patologica, uniti nel tentativo di realizzare programmi di screening più approfonditi, ottenendo in tal modo diagnosi sempre più precoci.
Lo studio, cominciato alla fine del 2002 e di cui verranno presentati i risultati preliminari durante il Convegno, ha esaminato sinora 150 tessuti tumorali appartenenti ad altrettante donne con diagnosi di carcinoma invasivo e di SIL (lesione intraepiteliale squamosa) di vario grado, lesioni cioè che precedono la formazione del tumore vero e proprio.
Se gli studi effettuati in precedenza avevano evidenziato la presenza del virus nel 70/80 per cento dei casi presi in esame, i ricercatori hanno ora potuto rintracciarlo in oltre il 90 per cento dei tessuti analizzati, grazie a una sofisticata tecnica di indagine, chiamata Polymerase Chain Reaction (PCR), in grado di evidenziare la presenza di più parti dell’HPV e quindi in grado di individuarne differenti tipi (a differenza dei metodi standard sensibili ad una sola regione del virus). Va considerato, infatti, che l’HPV è una grande famiglia di virus: ne ospita oltre 100, anche se non tutti sono a rischio oncologico.
Grazie poi alla possibilità di avere accesso ai dati anamnestici di tutte le pazienti raccolti nel data base dell’Istituto di Anatomia Patologica dell’Università di Trieste e dell’Ospedale bolognese Sant’Orsola Malpighi, gli studiosi hanno potuto validare otto nuovi marker biologici da usare sui tessuti asportati a seguito di intervento chirurgico. L’obiettivo è ora quello di procedere, con la stessa metodologia, ad analizzare altri 250 tessuti e testare fino a 13 nuovi marcatori. Indicatori non solo del rischio di sviluppare tale tipo di cancro, ma anche della sua evoluzione e delle sue caratteristiche biologiche. E non è davvero cosa da poco conto, se si pensa che il cervico-carcinoma è la seconda forma tumorale, dopo il cancro al seno, più diffusa nel mondo tra le donne al di sotto dei 50 anni. Ne colpisce infatti poco meno di 500mila ogni anno nel mondo, uccidendone circa 230mila. Nella sola Europa si registrano 65mila casi ogni anno, con 28mila decessi e in Italia sono 3.500 i nuovi casi annuali e 1.500 i morti.
La seconda fase del progetto prevede il reclutamento di almeno 550 donne con infezione da HPV e/o con SIL di vario grado, delle quali 400 immunonormali e 150 immunodepresse. Studi effettuati in precedenza infatti – va avanti Branca – hanno mostrato una prevalenza del virus HPV dalle tre alle quattro volte più alta nelle donne HIV positive con coinfezione da parte di più genotipi HPV, nonché una progressione delle lesioni precancerose molto più rapida.
A questo scopo, l’Iss sta raccogliendo campioni dai centri clinici che collaborano al progetto, presso i quali le donne reclutate sono invitate a presentarsi per sottoporsi ai prelievi cervico-vaginali e di sangue. Lo scopo di quest’ultimi è quello di studiare la risposta sierologica, ovvero la presenza di anticorpi anti-HPV, nelle donne portatrici di lesioni di vario grado e metterla quindi in relazione con la progressione e la regressione della malattia.