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Comunicato n° 1/2003INFARTO: PRESENTATA LA PRIMA CARTA DEL RISCHIO REALIZZATA DALL'ISS
Dall'indagine condotta su un campione di 17.000 uomini e 22.000 donne, per la prima volta coinvolte in uno studio longitudinale, emerge che l'Italia è il paese europeo con il minore rischio d'infarto. Ottimo anche lo stato di salute del cuore delle donne italiane che se non fumano non rischiano. L’Istituto Superiore di Sanità ha messo a punto uno strumento per predire il rischio di essere colpiti da infarto del miocardio nei successivi dieci anni. Si tratta della prima Carta del rischio italiana completa e aggiornata, comprendente anche i dati sulla popolazione femminile e disponibile sul sito web cuore.iss.it. Nel sito è possibile, inoltre, inserendo in un apposito questionario i propri dati, calcolare in modo automatico il punteggio del rischio individuale aumentando la precisione della stima e offrendo la possibilità di monitorare nel tempo se la strategia di prevenzione adottata è quella più appropriata. Il lavoro, frutto di un’osservazione durata circa dieci anni su 17mila uomini e 22mila donne sani distribuiti in tutta la penisola, è stato coordinato dalla dottoressa Simona Giampaoli del Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica dell’Istituto Superiore di Sanità con la direzione del professor Marco Ferrerio del Dipartimento di Scienze cliniche e Biologiche dell’Università dell’Insubria di Varese e con la collaborazione del professor Salvatore Panico del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università Federico II di Napoli e del Dottor Diego Vanuzzo dell’Agenzia Regionale dei Servizi Sanitari del Friuli Venezia Giulia. Entro l’anno, poi, i ricercatori completeranno il quadro del rischio cardiovascolare globale includendo nella carta anche l’ictus. “La strada che ha portato al risultato ottenuto è stata lunga – afferma Enrico Garaci, presidente dell’Istituto Superiore di sanità – E’ iniziata nella prima metà degli anni Ottanta con i progetti finalizzati del CNR. Ne è nato nel 1998 il progetto Cuore, finanziato con l’1% del Fondo Sanitario Nazionale che ha coagulato intorno a se gli interessi scientifici e l’entusiasmo di molti ricercatori in un “patto per la ricerca” che ha coinvolto università, numerosi ospedali e medici di medicina generale e specialistica diffusi in tutta la penisola”. Tre obiettivi Si tratta di un progetto molto complesso, con tre obiettivi. “ Il primo obiettivo è stato quello della la sorveglianza della malattia, espletata con l’attivazione del Registro nazionale degli eventi cardiovascolari – spiega la dottoressa Giampaoli – il secondo, realizzato insieme all’ANMCO (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri), che ci ha permesso di fotografare i dati relativi ai fattori di rischio attraverso metodi standardizzati e il terzo, certamente il più delicato e difficile, è stato quello di raccogliere e armonizzare gli studi epidemiologici longitudinali degli anni 80, contemporaneamente all’osservazione di chi sviluppava la malattia, in modo da studiare la relazione tra i fattori di rischio e infarto. Questo ci ha permesso, in particolare, di “pesare” quanto i singoli fattori, differenziati nei due sessi, avrebbero inciso nell’insorgenza della malattia, di metterli insieme e fare la carta”. Il rischio medio degli italiani E’ stato così stimato il rischio medio della popolazione italiana, che è risultato nell’età compresa fra 40 e 70 anni, del 5,8% in 10 anni negli uomini e 0.9% in cinque anni nelle donne. “Si tratta di un risultato atteso poiché il rischio medio che abbiamo ottenuto – spiega Ferrario - conferma che il rischio di sviluppare l’infarto cardiaco in Italia è più basso rispetto agli altri paesi europei. Il dato sulle donne, inoltre, mai studiato prima d’ora ci dice che esse hanno un rischio bassissimo di ammalarsi, soprattutto se non fumano”. Tra i vantaggi della Carta del rischio c’è quello di valutare il rapporto costi/benefici delle strategie di prevenzione adottate. “ Finora abbiamo utilizzato prevalentemente carte statunitensi , costruite quindi su una popolazione con altre caratteristiche – afferma Panico – questa carta che tiene conto delle differenze tra i sessi e delle peculiarità e degli stili di vita italiani risulterà preziosa, oltre che nell’identificazione dei soggetti a rischio, anche nel valutare il rapporto costi/benefici ottenuto applicando terapie farmacologiche e/o modificando gli stili di vita” Una bussola per la prevenzione Una vera e propria “bussola”, per capire se la strategia adottata va nella direzione giusta è la possibilità di calcolare il punteggio individuale del rischio. “E’ molto importante che siano i medici ad utilizzare questo strumento. – sottolinea Vanuzzo – Inserendo i dati relativi all’età, alla pressione arteriosa, all’abitudine al fumo, alla pressione arteriosa sistolica, alla colesterolemia, l’HDL-colesterolemia, sull’eventuale diabete e assunzione di farmaci si potrà avere un quadro del rischio ancora più preciso con la possibilità di ricontrollarlo periodicamente per valutare se la terapia sta dando i suoi frutti”. E proprio in virtù della stretta collaborazione tra il lavoro di ricerca e la pratica clinica oggi, al termine della giornata di presentazione, verrà siglato l’accordo di collaborazione tra Istituto Superiore di Sanità, l’ANMCO e la sua fondazione Heart Care Foundation, finalizzato al miglioramento delle conoscenze sugli indicatori di salute cardiovascolare, sulla ricerca degli esiti e sulla promozione della salute nella comunità. “Questo progetto e il suo completamento con la carta cardiovascolare globale – ha concluso infine il presidente Garaci – testimoniano l’impegno dell’Istituto nella prevenzione e nella tutela della salute dei cittadini italiani”
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