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Le sfide future sulla salute globale: il ruolo dell’Italia e dell’ISS
ISS 2 marzo 2015
Il Convegno Internazionale L’Italia e le sfide future della Salute Globale
che si terrà il 5 marzo alla Farnesina, organizzato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dall’Associazione Amici del Fondo Globale-Europa, dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Fondo Globale per la lotta all'AIDS, la Tubercolosi e la Malaria, affronterà, con la partecipazione di rappresentanti del mondo politico e istituzionale, di organizzazioni internazionali, di ricercatori e della società civile il problema generale delle diseguaglianze di salute e ragionerà sul posizionamento del nostro Paese nei confronti delle sfide future della Salute Globale.
Negli ultimi anni, con la definizione degli obiettivi del millennio, la comunità internazionale è finalmente riuscita a costruire motori innovativi e multilaterali per lottare contro le malattie nei Paesi più poveri del mondo: come il Fondo Globale, che attualmente garantisce il 21% dei finanziamenti internazionali per la lotta contro l'AIDS, il 50% dei finanziamenti internazionali per la lotta contro la malaria e l’82% dei finanziamenti internazionali per la lotta contro la tubercolosi. L'Italia, con un contributo complessivo di oltre un miliardo di dollari, è stata un forte sostenitore del Fondo fin dai suoi inizi, e il Convegno servirà anche a ricordare che l’Italia, dopo qualche anno di oscurità, è finalmente tornata a contribuire al Fondo Globale, riallineandosi con le politiche di cooperazione multilaterale degli altri Paesi Europei.
Il Convegno del 5 Marzo sarà anche l’occasione per presentare un’evento collegato: la mostra di William Daniels, fotografo il cui lavoro ruota attorno a questioni sociali e umanitarie fra comunità isolate o fragili, che verrà inaugurata il 18 marzo all’Auditorium e resterà aperta fino al 31 marzo. I lavori di William Daniels si sono concentrati sulle più gravi pandemie del globo e hanno documentato i postumi dello tsunami in Asia e del terremoto in Haiti. Daniels ha anche documentato i conflitti in Libia, Kyrgyzstan e Repubblica Centrafricana ed è stato vincitore di numerosi premi tra cui il CRC Humanitarian Visa d’Or Award (2014) e il World Press Photo Contest.
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L’impegno dell’Istituto Superiore di Sanità per la Salute Globale
Di Stefano Vella, Direttore del Dipartimento del Farmaco, Istituto Superiore di Sanità Membro dei Comitati Scientifici di UNAIDS e WHO
Con gli oltre 40 milioni di morti che si lascia dietro da quando fu scoperta (nel 1981) e gli oltre 40 milioni di persone che ad oggi vivono con il virus HIV, questa epidemia resta la più grande emergenza sanitaria degli ultimi 30 anni. Purtroppo, malgrado il notevole impatto della terapia sulla mortalità (che è calata ovunque ci sia accesso alle terapie) il numero delle nuove infezioni non accenna a diminuire come si sperava. Anzi, in alcune zone - anche vicine a noi, come l’Europa dell’est e l’Asia centrale - questi numeri mostrano una preoccupante impennata.
E comunque, malgrado l’eccezionale sforzo fatto dalla comunità internazionale per promuovere l’accesso universale ai farmaci - con oltre 14 milioni di persone nel mondo in trattamento, grazie, soprattutto, al lavoro del Global Fund - restano drammatiche le diseguaglianze, soprattutto tra le popolazioni dei Paesi più poveri e tra le persone più a rischio. Quel che potrebbe finalmente cambiare il corso dell'epidemia è la scoperta che la terapia è in grado non solo di migliorare lo stato di salute delle persone infettate (che oggi, se curate bene e prese in tempo hanno un’aspettativa di vita paragonabile a quella delle persone non infette) ma anche di interrompere la trasmissione del virus HIV. Quindi, un effetto dei farmaci sia terapeutico che preventivo. E' su questo che si basa la nuova strategia disegnata da Unaids e Who. L’obiettivo da raggiungere nel 2020 sarebbe quello di mettere sotto trattamento antivirale un numero alto di persone infettate in modo da abbattere la trasmissione di HIV e spegnere
progressivamente l’epidemia. Certo, per far sì che questo accada è necessario un ulteriore cambio di passo, anche in termini di investimenti in strutture sanitarie e in farmaci innovativi. Si tratta di un obiettivo però raggiungibile, visto quanto è stato già fatto sinora, e visto il modello di 'salute globale' che ha rappresentato la lotta contro l'aids: una mobilitazione straordinaria e un’unione di intenti tra ricercatori, medici, attivisti, pazienti e organizzazioni non governative, uomini illuminati della politica, della religione e dell’economia verso l’obiettivo comune di contrastare un’epidemia capace di devastare tanti Paesi e non solo Africani.
L’AIDS ha colpito dall’inizio anche i Paesi occidentali, e questo forse spiega le differenze nella velocità e nell’incisività degli interventi per questa malattia rispetto all’epidemia di Ebola (almeno finchè quest’ultimo virus non ha mostrato la tendenza a uscire dai propri confini). Certo, AIDS ed Ebola sono patologie diverse, ad esempio nell’epidemiologia, nelle modalità prevalenti di trasmissione, nel decorso clinico - cronico per l’AIDS e iperacuto nell’Ebola. Ma hanno anche alcuni tratti in comune, il più drammatico dei quali è l’impatto devastante delle carenze strutturali dei sistemi sanitari dei Paesi più poveri. In realtà, il persistere di diseguaglianze in termini di accesso alla salute - non soltanto tra Paesi ricchi e Paesi più poveri, ma anche tra diverse regioni dei singoli Paesi - non solo è intollerabile perché la salute costituisce un diritto fondamentale dell’uomo, ma anche perché è anche un controsenso scientifico, vista la crescente interdipendenza geografica che tante malattie a impatto globale hanno dimostrato. In effetti, questi lunghi anni di lotta all’AIDS e di battaglie per l’accesso universale alle cure, hanno finalmente fatto capire che una delle più grandi sfide della medicina moderna è la lotta alle diseguaglianze nell’accesso alla salute. E’ questo l’impegno dell’Istituto Superiore di Sanità in campo di salute globale che, appunto, non riguarda soltanto le cosiddette malattie della povertà
come l’AIDS, la tubercolosi e la malaria, ma le malattie neglette, i problemi di inquinamento ambientale, la malnutrizione. E che vuol dire anche lavorare globalmente sugli aspetti sociali e politici, sui diritti umani e sulle ragioni economiche alla base di queste diseguaglianze. Il concetto di salute globale trascende le prospettive e gli interessi individuali delle singole nazioni non solo perché i virus non hanno bisogno di passaporto per varcare le frontiere, ma perché in un mondo globale, interconnesso e sempre più piccolo
, occuparsi della salute anche di chi è lontano significa curare e prevenire le malattie di chi ci sta accanto.
Sala Stampa
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