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Il fumo passivo e il divieto di fumare
ISS- 31/05/07.
Il divieto di fumare ha portato effetti benefici sulla salute. L’Italia con la legge n. 3 del 16 gennaio 2003 art. 51 “Tutela della salute dei non fumatori”, che estende il divieto di fumo a tutti i locali pubblici e luoghi di lavoro, è stato, insieme all’Irlanda, il primo Paese europeo che ha regolamentato in materia di tutela della salute del cittadino e della libertà del non-fumatore. Dai dati dell’indagine Doxa 2007 risulta che la legge viene rispettata per l’83,9% degli italiani, nei locali pubblici, e per il 71,8% sul posto di lavoro. Relativamente ai due tipi di divieto si osserva che rispetto al 2005 e al 2006 il numero di coloro che pensano che il divieto di fumo nei locali pubblici sia rispettato è diminuito, passando dall’88% circa dei due anni precedenti all’84% circa del valore attuale, al contrario è aumentata, anche se in modo lieve, la percentuale di quelli che credono che il divieto sul posto di lavoro sia molto o abbastanza rispettato.
Il divieto di fumare nei luoghi pubblici ha comportato un abbattimento delle sostanze tossiche respiratorie dei non fumatori.
In una ricerca condotta dall’ISS, in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma (P. Valente,I. Figà Talamanca), l’ASL Roma E (F. Forestiere, M. Ferri, C. Peducci) e l’ ASL Roma D (A. Scirocchi), che è in corso di pubblicazione su Tobacco Control si è visto che l’applicazione della Legge n.3 del 2003 ha determinato una efficace riduzione dell’inquinamento da ETS nei pubblici esercizi, evidenziata dalla riduzione di oltre i 2/3 sia del parametro del PM 2.5 indoor che della cotinina urinaria. Infatti, l’inquinamento indoor da fumo di tabacco, prima dell’entrata in vigore della legge, risultava particolarmente intenso nelle aree riservate ai fumatori con picchi estremamente elevati nei pub. Dopo l’entrata in vigore della legge si è assistito ad una forte riduzione delle aree riservate ai fumatori (nel 90-95% dei locali sono scomparse), ed una forte riduzione dei livelli di inquinamento da fumo di tabacco ambientale, statisticamente significativa, sia nell’insieme del campione dei locali, che nelle aree smoke free e nelle aree riservate ai fumatori. Il particolato fine (PM2.5) scende, in tutti i locali, da una concentrazione media di 119 g/m3 a 38 (dopo 3 mesi) e 43 g/m3 (un anno dopo). Un risultato simile si è avuto anche per la cotinina urinaria, la cui concentrazione media nei lavoratori non fumatori è diminuita di oltre i 2/3.
Il divieto di fumare e la diminuzione delle sigarette fumate nel 2005 ha portato effetti benefici sulla salute. Per quanto riguarda le patologie cardiovascolari si è visto che a Roma sono diminuiti i ricoveri per questa patologia. E’ stato infatti condotto uno studio a Roma dall’ASL Roma E e dall’ISS (Forestiere et al) per valutare i cambiamenti nella frequenza di eventi coronarici dopo l’introduzione della legge. I risultati hanno evidenziato differenze statisticamente significative nel numero di ricoveri ospedalieri legati a patologie cardiovascolari in soggetti tra i 35-64 anni e tra i 65-74 anni. La riduzione di eventi coronarici è più marcata in soggetti maschi e con un livello socio-economico basso. I risultati sottolineano che gli interventi pubblici che vietano il fumo hanno implicazioni favorevoli sulla salute.
Riguardo la dannosità del fumo passivo il 95% degli italiani è consapevole dei danni che esso provoca, ciò nonostante il 30% circa degli intervistati ha dichiarato che nella propria famiglia ci sono una o due persone che fumano e nel 22,5% dei casi hanno fumato tutti i giorni della settimana.
Ci si chiede allora come si comportano gli italiani in casa con ospiti fumatori. Il 39,1% dichiara che sono liberi di fumare dove vogliono mentre più della metà degli intervistati, 58,4%, consente loro di fumare solo all’esterno. Sembra invece più tollerante l’atteggiamento dei genitori nei confronti dei figli: nel 42% delle famiglie in cui ci sono ragazzi fumatori minori di 25 anni, è loro consentito di fumare liberamente dove vogliono, nel 32,4% solo all’esterno o in alcune stanze e nel 17,6% non è consentito fumare nell’ambito domestico, nemmeno all’esterno.
I fumatori inoltre fumano anche a letto, 12,3%, e quando guidano sia l’auto, 61,9%, che il motorino, 8,9%. Infine la percezione del rischio di fumare alla guida è meno marcata tra i fumatori rispetto a tutti gli intervistati, 60,9% vs 79,5%.
In Italia il prezzo minimo delle sigarette dovrebbe essere portato a 5 euro. Con quali conseguenze? Nell’indagine Doxa 2007 si è voluto conoscere quale sarebbe stato l’atteggiamento dei fumatori nell’ipotesi in cui il prezzo di un pacchetto di sigarette aumentasse a 5 euro. Il 32,3% dei fumatori ha dichiarato che diminuirebbe il numero di sigarette fumate e il 9,5% che smetterebbe di fumare,quindi più di un terzo dei fumatori (41,8%) cambierebbe le proprie abitudini.
Riguardo l’ipotesi, invece, dell’introduzione di una tassa di 10 centesimi a pacchetto a favore di supporti per smettere di fumare (es. accesso gratuito ai centri anti-fumo, medicinali gratuiti, ecc.), il 79,4% del campione sembra essere favorevole e anche tra i fumatori si è rilevato un elevato grado di accordo, il 61,3%.
Entrate fiscali tabacchi lavorati
In generale, l’incidenza della tassazione sul prezzo di vendita in Italia è pari al 75,2% sulla classe di prezzo più venduta. L’intero onere fiscale è costituito infatti per il 58,5% dall’imposta di consumo, di cui: 54,7% di accisa proporzionale e 3,8% di accisa specifica, e per il 16,7% dall’IVA.
Negli ultimi anni se da una parte c’è stata complessivamente una diminuzione delle quantità totali di tabacco, dall’altra si è registrato un progressivo e costante aumento delle entrate derivanti dall’imposta di consumo dei tabacchi lavorati (accisa). Infatti, nel 2003 le quantità di tabacco consumate sono state pari a 103.154 tonnellate con un gettito fiscale dell’imposta di 8 miliardi di euro, nel 2006 invece il tabacco consumato è stato di 95.829 tonnellate con entrate fiscali pari a 9,7 miliardi. Se a queste somme si aggiungono le entrate derivanti dall’IVA il gettito fiscale totale raggiunge quota 10,7 miliardi e 12,5 miliardi rispettivamente per il 2003 ed il 2006.
Oltre alle sigarette, anche gli altri prodotti di tabacco (i sigari e i sigaretti, i trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette e gli altri tabacchi da fumo) sono soggetti a imposizione fiscale, anche se con percentuali diverse. Infatti per i trinciati si applica un valore complessivo del 72,7%, con un’aliquota di base pari al 56%, e per i sigari e i sigaretti una percentuale totale del 39,7% con aliquota di base pari al 23%. Inoltre i prodotti di tabacco diversi dalle sigarette beneficiano di uno sconto fiscale: dell’assenza di minum tax (accisa minima) e di un prezzo minimo di riferimento. Già dalla tassazione si può osservare come sia diverso il quadro regolamentare tra le sigarette e gli altri prodotti. Le altre difformità si osservano per ciò che riguarda il confezionamento minimo, i limiti massimi, le misurazioni e l’indicazione dei tenori di catrame/nicotina/monossido di carbonio.
Il vuoto regolamentare consente quindi il lancio dei prodotti più svariati. Importante però è che tutti i prodotti del tabacco sono dannosi per la salute e creano dipendenza. Sempre più persone consumano il trinciato, per ragioni culturali o per risparmiare. I trinciati spesso vengono commercializzati in modo da suggerire che essi siano meno dannosi delle sigarette. Ma la verità è che non esistono dati che supportino questo fatto. Le autorità dovrebbero esercitare ogni sforzo al fine di regolamentare qualsiasi prodotto di tabacco e quindi utilizzare l’armonizzazione tra i prodotti del tabacco come pre-requisito essenziale nell’attuazione di una politica di riduzione del danno. Con armonizzazione si intende medesima aliquota di base, imposta minima e prezzo minimo di vendita per tutti i prodotti di tabacco per ciò che concerne l’imposizione fiscale; confezionamento minimo, tenori (catrame, nicotina e monossido di carbonio): medesimi limiti e obbligo di comunicazione al consumatore e misurazione degli altri costituenti del fumo su tutti i prodotti del tabacco per quanto riguarda i requisiti.
I benefici dell’armonizzazione si traducono in: riduzione dell’incentivo al consumo, in particolare da parte dei più giovani; più controllo delle autorità sul trinciato e sui sigaretti; maggiore informazione ai consumatori; crescita della pressione fiscale e quindi dei prezzi; contrasto ai prezzi promozionali; lotta ai prodotti appetibili per il consumatore.