STEC

STEC

Escherichia coli produttore di Shiga tossina

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Escherichia coli produttori di Shiga tossine (STEC)

I ceppi di Escherichia coli produttori di Shiga tossine, denominati STEC, sono batteri patogeni appartenenti ad uno specifico gruppo di E. coli diarreagenici. Sono batteri Gram negativi, anaerobi facoltativi, in grado di tollerare numerosi stress ambientali, tra cui variazione di temperatura (possono sopravvivere tra i 6°C ed i 45.5°C, la temperatura ottimale di crescita è 36°C-40°C), pH (da 4.4 a 9, pH ottimale di crescita è 6-7) e disponibilità di nutrienti.
Sebbene fossero noti da decenni, questi microrganismi furono caratterizzati nel 1983 dal Professor Mohammed Karmali insieme alla sua equipe quali agenti causali della Sindrome Emolitico Uremica (SEU) (Karmali et al, 1983).
I ceppi di STEC devono il loro nome alla produzione di potenti citotossine, le Shiga tossine (Stx), di cui possono produrre due principali varianti antigeniche (Stx1 e Stx2) e numerosi sottotipi:

  • la Stx1, molto simile alla tossina prodotta da Shigella dysenteriae, distinta in tre sottotipi Stx1a, Stx1c e Stx1d;
  • la Stx2, distinta in più di undici sottotipi, alcuni dei quali correlati a una maggiore gravità dell’infezione da STEC.

Alcuni ceppi STEC esprimono un solo tipo di tossina, mentre altri esprimono una combinazione di sottotipi di una o di entrambi i tipi. Le Stx sono codificate dai geni stx1 e stx2 localizzati su batteriofagi lambdoidi lisogeni, elementi genetici mobili integrati nel cromosoma trasportati dal batterio.

Ceppi STEC di sierogruppo O157 sono stati per primi identificati come STEC  e sono comunemente associati a malattia nell’uomo in tutto il mondo ma è noto che anche ceppi STEC di sierogruppo diverso (definiti non-O157) contribuiscano in maniera significativa al carico di malattia associato a questi patogeni (decessi e disabilità cronica). Tra questi, i sierogruppi più frequenti in Europa comprendono O26, O111, O80, O145, O103. È bene sottolineare tuttavia che i casi più gravi di malattia nell’uomo sono associati ai ceppi STEC produttori della Stx2 indipendentemente dal sierogruppo.


Patogenesi degli STEC

In seguito all’ingestione, i ceppi STEC oltrepassano l’ambiente dello stomaco grazie all’utilizzo di diversi meccanismi di acido-resistenza e raggiungono l’intestino localizzandosi nel colon dove prevalgono nella competizione con gli altri microrganismi componenti il microbiota.
Molti ceppi STEC utilizzano un meccanismo di adesione alla mucosa intestinale tale da sovvertire la funzionalità dell’enterocita e causare una lesione istopatologica nota come “attaching and effacing” (A/E), presente anche in altri ceppi patogeni appartenenti alla specie E. coli (EPEC), caratterizzata da tre eventi principali:

  • l’iniziale adesione del batterio alla cellula ospite;
  • la cancellazione dei microvilli localizzati all’area di attacco del batterio;
  • la formazione di strutture a piedistallo.

Questo tipo di meccanismo è molto simile nei ceppi STEC e EPEC, i quali codificano una proteina chiave nel processo di adesione all’enterocita: l’intimina.
La lesione di tipo A/E sebbene assai comune ai ceppi STEC non rappresenta comunque l’unico meccanismo utilizzato da questi microrganismi per colonizzare l’intestino.
La Stx prodotta dai ceppi STEC all’interno del lume intestinale è mobilizzata per trasporto retrogrado attraverso gli enterociti verso i vasi della lamina basale raggiungendo in forma intatta il torrente circolatorio. Nel circolo sanguigno raggiunge gli organi bersaglio sulla cui superficie è espresso il suo recettore (Gb3), in particolare a livello delle cellule endoteliali del glomerulo renale e dell’encefalo, provocando danni sia localizzati che sistemici.


Epidemiologia degli STEC

I ceppi STEC sono agenti zoonotici considerati di importanza prioritaria in Europa secondo la Direttiva 2003/99/CE (direttiva zoonosi). Il serbatoio naturale principale dei ceppi STEC è costituito dal tratto gastrointestinale dei bovini e da altri ruminanti domestici e selvatici, sebbene tali batteri siano stati identificati in una grande varietà di specie animali. È importante sottolineare che i ruminanti sono in genere portatori asintomatici degli STEC e che quindi non sviluppano sintomatologia clinica.
A partire dai serbatoi animali, la trasmissione all’uomo può avvenire attraverso diverse vie:

  • Consumo di alimenti contaminati di origine animale (carni e derivati, latte, formaggi o latticini ecc.) non sottoposti a trattamento termico adeguato  (es. cottura, pastorizzazione). Questi sono considerati i principali veicoli di trasmissione dell’infezione all’uomo. Anche il consumo di acqua e vegetali accidentalmente contaminati, in particolare verdure a foglia verde, può svolgere un ruolo importante. La manipolazione di alimenti sia in abito domestico sia lungo la filiera produttiva, se non adeguatamente controllata attraverso l’adozione di idonee misure igieniche, può comportare il rischio di contaminazione da STEC degli alimenti, anche attraverso cross-contaminazione tra matrici alimentari e ambiente di lavorazione. La contaminazione alimentare può avvenire anche attraverso la manipolazione da parte di persone con infezioni da STEC (food-handler);
  • Contatto diretto con gli animali infetti o mediato dall’ambiente (es. aree ricreative in zone di pascolamento da parte di bovini infetti). Tale via di trasmissione è importante in relazione al rischio connesso ad attività didattico ricreative nell’ambito di scuole fattoria, agriturismi, petting-zoo;
  • Trasmissione persona-persona (trasmissione oro-fecale). Questa via di trasmissione ha particolare importanza nei contesti familiari in cui si verificano contatti interpersonali stretti e nei contesti comunitari quali asili nido, scuole, centri ricreativi che ospitano bambini.


Clinica delle infezioni da STEC

Alcuni sottogruppi della popolazione, in particolare i bambini di età < 5 anni e gli anziani, sono più suscettibili alle forme gravi delle infezioni da STEC, come la Sindrome Emolitico Uremica (SEU). Nei bambini la dose infettante è bassa.

In genere l’infezione da STEC si manifesta con sintomatologia clinica che compare dopo un periodo di incubazione di circa 3-4 giorni (range 2-12).  L’esordio clinico è caratterizzato da dolore addominale intenso, diarrea con numerose scariche (soprattutto in seconda e terza giornata) e vomito.

La malattia decorre spesso in maniera afebbrile. La febbre, se presente, è in genere di lieve entità e non supera i 38°C. Dopo uno o due giorni può comparire sangue nelle feci sotto forma di strie o diarrea francamente ematica. La sintomatologia addominale prodromica che accompagna in modo particolare la colite emorragica può mimare un quadro di addome acuto, invaginazione intestinale, appendicite o volvolo (Ricciuto, 2024).

Terminata la fase prodromica nella maggioranza dei casi la malattia ha un decorso autolimitante con risoluzione spontanea della sintomatologia nel giro di circa 1 settimana. Nel 10-15% circa dei casi di infezione da ceppi STEC, in particolare se produttori di Stx2, la malattia evolve verso forme gravi con coinvolgimento sistemico (colite emorragica, SEU). La SEU è una sindrome caratterizzata da anemia emolitica, piastrinopenia, insufficienza renale acuta e dal possibile coinvolgimento di altri organi.

Possono dunque comparire anche altri segni clinici come pallore, astenia, inappetenza, edemi generalizzati, aumento di peso, sintomi neurologici con obnubilamento del sensorio, letargia, convulsioni, ematuria, proteinuria, ittero. In questa fase, è importante sottoporre il paziente ad esami di laboratorio (emocromo, funzionalità renale, esame delle urine, LDH). Gli esami di laboratorio mostrano generalmente quadri di anemia, piastrinopenia, aumento dell’LDH. Il quadro clinico più frequente è l’insufficienza renale acuta (80% dei casi) a causa della quale i pazienti devono essere indirizzati presso un’unità specialistica di nefrologia in quanto devono spesso essere sottoposti a trattamento dialitico e trasfusioni. In una minoranza di casi (2-5%) può essere presente miocardiopatia (Ricciuto, 2024).


Diagnostica delle infezioni da STEC

Formulare tempestivamente sulla base dei sintomi clinici un sospetto diagnostico di infezione da STEC. Soprattutto nei bambini <5 anni (pazienti a maggior rischio SEU), è di fondamentale importanza per assicurare un adeguato monitoraggio clinico del paziente e la gestione delle eventuali complicazioni sistemiche.

Nei bambini <5 anni con dolore addominale intenso, diarrea e sangue nelle feci dovrebbe sempre essere sospettata un’infezione da STEC e dovrebbero essere sempre inviati campioni di feci al laboratorio per la conferma diagnostica. Non tutti i laboratori sono attrezzati per eseguire indagini diagnostiche per STEC. Occorre, dunque, verificare anticipatamente la disponibilità dei test per STEC e rivolgersi ai laboratori che eseguono indagini basate su metodi molecolari (PCR, Real Time PCR), in genere laboratori delle grandi strutture ospedaliere territoriali di riferimento.

La diagnosi di laboratorio delle infezioni da STEC si basa sulla ricerca in campioni fecali dei geni stx1, stx2 mediante test molecolari (PCR e Real-Time PCR). Questi metodi, la cui disponibilità è andata diffondendosi nei laboratori ospedalieri, sono i test diagnostici più accurati e tempestivi (la risposta può essere ottenuta nel giro di poche ore) e pertanto sono attualmente considerati il “gold standard” per la diagnosi di STEC. Altri test basati su esami coprocolturali o metodi immunocromatografici, in passato più diffusi rispetto ai metodi molecolari, sono considerati meno affidabili, con la possibilità di falsi negativi.  

I campioni fecali da sottoporre a indagine diagnostica per STEC dovrebbero essere raccolti prima possibile dall’inizio della sintomatologia clinica (diarrea) ed essere inviati tempestivamente ad un laboratorio attrezzato per diagnostica molecolare per essere esaminati subito. Nel caso questo non sia possibile possono essere mantenuti a temperatura di refrigerazione (+4°C) per pochi giorni o in alternativa possono essere congelati a -20°C per essere esaminati successivamente. Quest’ultima possibilità, tuttavia, potrebbe avere un impatto negativo sull’esecuzione dei test diagnostici e dovrebbe essere evitata ove possibile.

Nei casi di SEU, solo presso l’ISS, è possibile effettuare la ricerca diretta della Stx fecale mediante test di citotossicità su cellule Vero e test indiretti basati su metodi immunoenzimatici in campioni di siero, per la ricerca degli anticorpi Anti-Lps (antigene somatico O) dei sierogruppi STEC più comuni (O157, O26, O111, O80, O145, O103).


Sorveglianza delle infezioni da STEC in Italia e in Europa

In Italia vige l’obbligo di segnalazione dei casi di infezione da Escherichia coli produttore di Shiga tossine (STEC) e SEU, ai sensi del decreto ministeriale del 7 marzo 2022 “Revisione del sistema di segnalazione delle malattie infettive (PREMAL)”. I pediatri di libera scelta, i medici di medicina generale e le direzioni sanitarie ospedaliere devono effettuare la segnalazione dei casi di infezione da STEC e di SEU, all’Azienda sanitaria territoriale di riferimento che valida e trasmette la notifica al sistema nazionale PREMAL.

I dati sull’incidenza delle infezioni da STEC e della SEU nella popolazione italiana sono annualmente trasmessi all’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) e sono consultabili sul sito web (Surveillance ATLAS of infectious diseases). Tale flusso informativo è prevalentemente alimentato dai casi di SEU nella popolazione pediatrica raccolti dal Registro Italiano della Sindrome Emolitico Uremica coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità. Il registro SEU si basa su segnalazioni volontarie dei casi da parte dei centri di nefrologia pediatrica che partecipano stabilmente alla sorveglianza di questa malattia. I dati del Registro SEU sono pubblicati con aggiornamento trimestrale sul sito EpiCentro – l’epidemiologia per la sanità pubblica, dove sono disponibili anche altre informazioni inerenti la gestione clinica dei pazienti con SEU e l’elenco dei centri di nefrologia pediatrica che partecipano alla sorveglianza.

In alcune regioni (Lombardia e Puglia) sono inoltre attive iniziative dedicate alla sorveglianza delle gastroenteriti emorragiche (GEE) in età pediatrica finalizzate all’identificazione precoce dei pazienti con infezione da STEC. I protocolli operativi si basano sullo screening molecolare per la ricerca di STEC su campioni di feci/tampone rettale prelevati dai bambini con GEE.


Indagine epidemiologica dei casi di infezione da STEC

Il potenziale epidemico delle infezioni da STEC è elevato. Le dimensioni dei focolai epidemici da STEC possono essere molto varie. La maggioranza dei focolai è caratterizzata dal coinvolgimento di pochi casi e si verifica in famiglia e in contesti come asili nido e scuole dell’infanzia. In questi contesti la trasmissione dell’infezione da STEC avviene spesso attraverso la via persona-persona.

I focolai di comunità sono più estesi e possono arrivare a coinvolgere centinaia di casi anche a grande distanza geografica. Sono in genere causati dalla distribuzione di alimenti accidentalmente contaminati da STEC.

È importante segnalare tempestivamente alla ASL i casi di infezione da STEC e avviare fin da subito la raccolta di informazioni dai pazienti sulla esposizione alle possibili fonti di infezione con l’obiettivo di facilitare l’indagine epidemiologica e mirare eventuali campionamenti alimentari ed ambientali. In tal senso bisogna ricordare che la SEU è un evento sentinella che potrebbe rivelare altri casi di infezione da STEC tra i contatti (es. famiglia, asili nido) o nella comunità.

L’indagine dei focolai mira a identificarne le cause per rimuoverle dal mercato e proteggere la salute pubblica, evitando che altre persone possano essere esposte alla stessa fonte di infezione e sviluppare malattia. Essa si avvale di questionari epidemiologici finalizzati a raccogliere sistematicamente le informazioni sulle possibili sorgenti epidemiche (es. alimenti) attraverso la raccolta anamnestica sui consumi alimentari, fattori di rischio comportamentali, contatti con animali ecc. Si tratta di un’attività che a partire dalla segnalazione dei casi da parte dei pediatri e medici di famiglia coinvolge primariamente i dipartimenti di prevenzione delle ASL (servizi di igiene e sanità pubblica, servizi di igiene degli alimenti e nutrizione, servizi veterinari). Questo richiede quasi sempre un approccio collaborativo multidisciplinare e multisettoriale, capace di integrare conoscenze e competenze tecniche che abbracciano una filiera molto ampia e diversificata di eventi.


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