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Indietro Come la cannabis influisce sulla fertilità femminile

Recenti indagini scientifiche hanno evidenziato un potenziale legame tra l'uso di sostanze cannabinoidi e una riduzione della qualità degli ovociti femminili durante i percorsi di fecondazione assistita, con implicazioni significative per la salute riproduttiva. 
Un team di scienziati dell'Università di Toronto ha analizzato campioni di fluido follicolare (liquido che avvolge e supporta lo sviluppo degli ovuli prima della maturazione) provenienti da 1.059 donne in trattamento per la fecondazione in vitro (FIV). 
Tra questi, 62 campioni contenevano tracce rilevabili di delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), il principale principio attivo della cannabis.

L'analisi ha rivelato che gli ovociti estratti da fluidi contenenti THC presentavano una frequenza più elevata di anomalie cromosomiche rispetto a quelli provenienti da fluidi privi di tale sostanza. Queste alterazioni, note come aneuploidia, si verificano quando le cellule riproduttive non si dividono correttamente i propri cromosomi durante la meiosi, portando a un numero errato di cromosomi nell'ovulo. Tale difetto è uno dei principali fattori responsabili del fallimento degli impianti embrionali, degli aborti spontanei e di alcune condizioni genetiche come la sindrome di Down.

Inoltre, gli ovociti esposti al THC mostravano un processo di maturazione più rapido rispetto alla norma. Sebbene un'accelerazione della maturazione possa apparire positiva, in contesto biologico questo fenomeno è associato a una compromissione della qualità cellulare: gli ovuli completano il loro sviluppo senza avere il tempo necessario per correggere errori molecolari o accumulare le risorse energetiche fondamentali per la fecondazione e lo sviluppo embrionale precoce.

Per convalidare questi risultati osservazionali, i ricercatori hanno replicato l'esposizione al THC in laboratorio su ovociti umani non fecondati, ottenuti da 24 donatrici volontarie. In queste condizioni controllate, l'incidenza di aneuploidia è aumentata del 9,7% nei campioni esposti al THC rispetto ai controlli, confermando un effetto diretto del composto sui meccanismi di divisione cellulare. 
Studi preclinici su modelli animali hanno ulteriormente dimostrato che il THC interferisce con le vie di segnalazione intracellulare coinvolte nella regolazione del fuso mitotico (struttura che guida la separazione dei cromosomi) alterando l'attività di proteine chiave come la tubulina e la kinesina.

È importante sottolineare che lo studio presenta limiti: il numero di campioni positivi al THC è relativamente basso, e non tutti i fattori confondenti (come l'età materna, l'indice di massa corporea, il consumo di alcol o tabacco, o la presenza di patologie endocrine) sono stati completamente isolati. 
Tuttavia, anche tenendo conto di queste variabili, i dati suggeriscono che l'uso della cannabis possa agire come un fattore di rischio aggiuntivo, indipendente dall'età, nella determinazione della qualità genetica degli ovociti.

La letteratura medica consolidata indica che l'età femminile rimane il predittore più forte della fertilità: dopo i 35 anni, la riserva ovarica declina progressivamente, e dopo i 40, oltre il 50% degli ovociti può presentare anomalie cromosomiche. 
L'aggiunta di esposizione al THC potrebbe quindi amplificare questa tendenza naturale, riducendo ulteriormente le probabilità di ottenere un embrione vitale.

Le linee guida internazionali sono chiare: sia l'American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) che la European Society of Human Reproduction and Embryology (ESHRE) raccomandano di sospendere l'uso di ogni forma di cannabis — inclusi oli, edibili, vaporizzatori e prodotti derivati — almeno tre mesi prima del tentativo di concepimento e durante tutta la gravidanza e l'allattamento. 
Questa precauzione non riguarda solo le donne: studi recenti hanno dimostrato che il consumo da parte del partner maschile può ridurre la concentrazione spermatica del 28%, alterare la motilità e la morfologia degli spermatozoi, e indurre modifiche epigenetiche trasmissibili che influenzano lo sviluppo embrionale (Nature Communications 2023).

In sintesi, mentre la cannabis può offrire benefici terapeutici in specifiche condizioni mediche, le nuove evidenze suggeriscono che il suo impiego durante il periodo fertile (soprattutto in contesti di fecondazione assistita) possa compromettere in modo misurabile la qualità genetica degli ovociti, riducendo la probabilità di ottenere un embrione sano e aumentando il rischio di insuccessi riproduttivi.
La comunità scientifica invita pertanto a una maggiore informazione, a un approccio preventivo e a una valutazione individuale dei rischi e dei benefici, in attesa di studi longitudinali che chiariscano dosi critiche, finestre temporali sensibili e meccanismi molecolari esatti coinvolti.