Altro supporto medico specialistico: dilatazioni vaginali

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Struttura della vagina
Il grado di agenesia vaginale (assenza parziale o totale della vagina) può essere variabile e, qualora la persona lo desideri, è possibile intervenire attraverso trattamenti medici o chirurgici. La vagina, soprattutto nelle persone giovani, è costituita da tessuto elastico che se sottoposto a stimoli pressori adeguati e costanti si modella fino a raggiungere una lunghezza tale da rendere possibili rapporti sessuali vaginali di tipo penetrativo. La parete vaginale, infatti, è formata da 3 strati, ciascuno dei quali contenente fibre elastiche o cellule muscolari lisce facilmente distensibili.
Trattamento medico della agenesia vaginale
Secondo le più recenti raccomandazioni internazionali, la prima linea di trattamento, qualora la persona con agenesia vaginale in età postpubere sia interessata a rapporti sessuali vaginali di tipo penetrativo, è l’opzione non chirurgica che prevede l’utilizzo dei dilatatori vaginali e che ha successo in oltre il 90-96% delle persone. È necessario personalizzare il trattamento e proporlo/iniziarlo quando la persona ha il desiderio e la serenità per affrontarlo, offrendo sempre la possibilità di un percorso psicologico di sostegno.
In che cosa consistono le dilatazioni vaginali?
Le dilatazioni vaginali prevedono l’utilizzo di un kit ad hoc facilmente reperibile in farmacia o online. Questo kit è costituito da dilatatori di calibro e lunghezza crescenti, che dopo un adeguato training con medici esperti, la persona dovrà continuare ad utilizzare in autonomia a domicilio. L’utilizzo di gel a base acquosa o lubrificante è indicato per facilitare l’inserimento del dilatatore.
La posizione consigliata è quella ginecologica, eventualmente con un rialzo sotto la zona lombare. È necessario istruire la persona a localizzare l’introito vaginale per evitare l’errato inserimento nella regione anteriore con eventuale lesione dell’uretra. Per un utilizzo efficace è necessario inserire il dilatatore nella fossetta vaginale con una inclinazione diretta verso il retto/coccige, seguendo il normale decorso della vagina. La pressione che si deve esercitare è quella che genera un “fastidio” sopportabile. Quando tale “fastidio” viene meno, è indicato passare al dilatatore di calibro superiore.
Non esiste una tabella di marcia standard da seguire ma il risultato finale dipende molto dalla frequenza con cui si utilizzano i dilatatori: un utilizzo costante, anche quotidiano, porta a risultati soddisfacenti in tempi più brevi (3-6 mesi). La frequenza con cui è raccomandato eseguire questi esercizi è di 1-3 volte al giorno per 10-30 minuti (dando più importanza alla frequenza piuttosto che alla durata).
Una volta raggiunta una lunghezza vaginale soddisfacente, altrettanto importante è il suo mantenimento anche attraverso l’attività sessuale di tipo penetrativo che può consentire di mantenere i risultati ottenuti o di migliorarli.
Fondamentale è il sostegno da parte del personale medico (essere a disposizione per chiarimenti o training ripetuti per cercare di agevolare e affrontare senza timore questo percorso così intimo e delicato) e la possibilità di un supporto psicologico.
Percentuali e componenti del successo
Come già detto in precedenza, dagli studi disponibili in letteratura, le dilatazioni vaginali possono raggiungere un successo anatomico e funzionale nel 90-96% dei casi. Sebbene alcuni studi definiscano il successo anatomico con il raggiungimento di una lunghezza vaginale di almeno 6 cm, la migliore definizione di successo è una vagina che garantisca un’attività sessuale di tipo penetrativo confortevole per la persona, ponendo ancora una volta come obiettivo il comfort e la soddisfazione della persona stessa, filo guida di questo percorso. Non esiste una lunghezza iniziale associata al successo funzionale e, pertanto, anche le persone con una minima fossetta vaginale dovrebbero essere incoraggiate ad utilizzare la dilatazione come trattamento di prima linea.
Il successo di questa tecnica dipende da diversi aspetti. In primo luogo, la persona deve essere fortemente motivata ed il percorso di dilatazione vaginale deve attendere fintanto che la persona stessa non si senta emotivamente e fisicamente pronta. La persona dovrebbe essere inoltre seguita da un team multidisciplinare affidabile, disponibile e preparato che sappia fornirle un adeguato counseling e che sappia istruirla all’utilizzo dei dilatatori vaginali (in modo da conoscere il funzionamento e la tecnica corretta di utilizzo). Esistono molteplici fattori che possono portare al fallimento della dilatazione e che possono causare una scarsa aderenza alla terapia dilatativa, la maggior parte dei quali non sono anatomici. Alcuni aspetti che possono incidere sono la scarsa motivazione, fattori socioculturali, la comprensione limitata della diagnosi e dell'anatomia, la giovane età, una conoscenza inadeguata del processo di dilatazione, la mancanza di privacy/setting confortevole ed una limitata capacità di recarsi alle visite di follow up.
Complicanze
Gli effetti avversi riportati con la dilatazione vaginale sono rari (< 1% dei casi) e includono sintomi urinari (uretriti, cistiti, incontinenza urinaria), sanguinamento (abrasioni vaginali/lesioni uretrali) e dolore. Se si verificano questi sintomi deve essere eseguita una visita ginecologica per valutare la reale presenza di lesioni ed eseguire nuovamente il training con i dilatatori. Le soluzioni sono quindi facilmente attuabili e prevedono riposo fino all’eventuale risoluzione della lesione, un utilizzo più consistente del lubrificante, il passaggio a un dilatatore più morbido. La persona deve essere valutata anche per la presenza di disfunzioni della minzione e del vaginismo.
Vantaggi e svantaggi
Ad oggi reali svantaggi della terapia conservativa non sono emersi. Se paragonata alla terapia chirurgica è inequivocabilmente più sicura: non espone al rischio ascrivibile ad una qualsiasi chirurgia ed è esente dalle possibili complicanze di quest’ultima (ad esempio, fistola vescico-vaginale/retto-vaginale, perforazioni vescicali, formazione di cheloidi e anomala cicatrizzazione del sito di innesto cutaneo). Sono stati riportati anche casi di malignità nella neovaginoplastica chirurgica, mai riscontrati in caso di approccio non chirurgico.
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