Domande frequenti nell’ambito del diritto

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In presenza di una condizione intersex, è obbligatorio procedere all’intervento chirurgico?
Procedere all’intervento chirurgico non è mai obbligatorio, salvo il caso in cui ciò rappresenti una necessità salva-vita, secondo le usuali regole di intervento sanitario. Nel caso di un bambino intersex, occorre valutare di quale condizione si tratti, poiché diverse possono essere le vicende, molte delle quali non richiedono alcun intervento né di natura chirurgica, né in generale medico-sanitaria.
Per quali ragioni si praticano interventi invasivi sui bambini intersex e come interviene il diritto?
Gli interventi, invasivi e irreversibili, sono praticati nella convinzione che sia importante per il benessere del minore “correggere” il suo corpo per ricondurlo a una presunta normalità fin dalla tenera età. Tuttavia, questa nozione di benessere psico-sociale si basa sulla prospettiva dell’adulto che è influenzata da quelle norme sociali e culturali dominanti che spesso fanno ritenere automaticamente compromesso il benessere della persona con tratti intersex anche in assenza di un bisogno legato a esigenze reali di salute. Al contrario, si tiene conto raramente delle reali e concrete necessità terapeutiche e soprattutto dell’effetto negativo, a livello fisico e psicologico, che la chirurgia in età precoce può produrre per l’intera esistenza della persona impattando sui diritti e le libertà costituzionalmente garantite, in primo luogo sul diritto alla salute.
È però da ricordare che ogni valutazione terapeutica deve porre al centro l’integrità del corpo e la non compromissione della vita sociale e relazionale della persona, attuale e futura, la tutela del benessere della persona, la sua autodeterminazione e libertà di scelta.
Nelle scelte che riguardano l’intervento chirurgico, come vengono coinvolte le persone direttamente interessate e come il diritto tutela la libertà di scelta?
Spesso non vi è un diretto coinvolgimento delle persone interessate, soprattutto quando siano di minore età e si suppone che non possano comprendere. A decidere sono quindi medici e genitori, non essendo prevista la partecipazione dell’autorità giudiziaria, salvo venga espressamente coinvolta (ad esempio, in caso di contrasto fra genitori, fra sanitari e genitori, fra minore e genitori). Quando la persona intersex abbia acquisito, con la maggiore età, la piena capacità di intendere e di volere, il diritto consente di far valere la propria libertà di scelta e autodeterminazione, una volta verificato il consenso informato al trattamento chirurgico-sanitario. Se invece la persona interessata sia di minore età, il diritto impone una verifica sul fatto che le scelte siano assunte in nome del suo esclusivo interesse, senza possibilità che sia considerata la posizione dei genitori e un ipotetico loro interesse ad una assegnazione univoca del proprio figlio al sesso femminile o maschile. La ricerca del benessere e la tutela della salute devono porsi quale criterio guida di qualsiasi scelta, coinvolgendo il minore laddove abbia sufficiente capacità di discernimento e analogamente a quanto accade per qualsiasi scelta terapeutica. La tutela della salute e dell’integrità del corpo non consente infatti di intervenire attraverso trattamenti chirurgici o ormonali laddove non sia necessario per il benessere del minore.
Progetti
- Supporto alle persone intersex
- Supporto psicologico
- Supporto ormonale
- Supporto chirurgico
- Altro supporto medico specialistico: dilatazioni vaginali
- Diritto e VSC/DSD
- Rapporto tra diritto e intersessualità
- Assegnazione di sesso e nome alla nascita
- Percorso di modifica anagrafica
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- Rassegna legislativa